Andrea Gagliarducci, il Fatto Quotidiano 19/1/2010, 19 gennaio 2010
Quei bambini ebrei battezzati durante la guerra QUEI BAMBINI EBREI BATTEZZATI DURANTE LA GUERRA - La richiesta fatta dal Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni al Papa non riguarda solo l’apertura completa dei documenti inerenti Pio XII dell’Archivio Segreto Vaticano, ma anche quella degli archivi di monasteri e istituti religiosi nei quali i bambini ebrei furono ospitati e, a volte, battezzati
Quei bambini ebrei battezzati durante la guerra QUEI BAMBINI EBREI BATTEZZATI DURANTE LA GUERRA - La richiesta fatta dal Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni al Papa non riguarda solo l’apertura completa dei documenti inerenti Pio XII dell’Archivio Segreto Vaticano, ma anche quella degli archivi di monasteri e istituti religiosi nei quali i bambini ebrei furono ospitati e, a volte, battezzati. Questo al fine di ricostruire con esattezza quanti bambini ebrei furono battezzati e non restituiti alle ”loro origini”. Ma su questo punto si gioca anche il rapporto tra Chiesa cattolica ed ebraismo. Non è la prima volta che il mondo ebraico si trova in ”frizione” con la Chiesa per una beatificazione: è già successo con Pio IX. Il quale, nel 1858, tolse alla famiglia Edgardo Mortara, piccolo ebreo bolognese battezzato di nascosto da una cameriera, perché fosse allevato in un collegio cattolico, almeno sino alla maggiore età: dopo i 18 anni avrebbe potuto scegliere. In quel caso, scelse il sacerdozio. Perché un caso simile ebbe luogo? Perché la Chiesa proibisce da sempre che i figli minorenni di ebrei siano battezzati senza il consenso dei genitori. Ma se, per una qualunque ragione, il battesimo è validamente amministrato, questo rende il bambino cristiano, e da educare cristianamente. una linea di principio. Durante la Guerra, sono molte le richieste alle istituzioni cattoliche di ospitare i bambini ebrei, e a volte persino di battezzarli per salvarli dalla Shoah. Ma non è possibile definire con esattezza un conto di quanti siano i bambini orfani, battezzati, che durante la guerra hanno ricevuto un’educazione cristiana che non sono mai più tornati nella comunità ebraica originaria. Una storia, documentata, è quella di una donna ebrea che nel ”44 aveva chiesto il battesimo per sé e per i suoi due figli, nel convento di suore francescane missionarie alla Balduina dove erano ospitati. Alla fine della guerra, la donna abbandona il convento delle francescane lasciando lì i suoi due figli. Si ripresenta alla porta dell’istituto nel novembre ”47, accompagnata da rappresentanti di un’organizzazione ebraica, e chiede di riavere i bambini, dicendo di essersi pentita e di volerli ricondurre alla comunità d’origine. Nel giro di quarantotto ore il caso viene sottoposto direttamente a Pio XII, che ordina l’immediata restituzione dei figli alla madre. Ma c’è anche un documento che riguarda la Francia: è un promemoria, in francese, che riguarda il comportamento da tenersi nel caso di bambini ebrei salvatisi nelle case e nei monasteri cattolici. Il testo raccomandava di non rispondere per iscritto alle comunità israelitiche che chiedessero la restituzione dei minori e che, comunque, si esaminasse caso per caso; e diceva che i bambini ebrei battezzati ”non potranno essere affidati a istituzioni che non ne sappiano assicurare l’educazione cristiana”. In realtà, il promemoria riguarda le richieste avviate da istituzioni ebraiche, e non dai genitori, nel qual caso, spiega lo storico Matteo Luigi Napolitano, delegato del Pontificio Comitato di Scienze storiche, docente dell’Università del Molise, ”ci sarebbe stata la massima disponibilità a restituirli”. Napolitano sostiene la sua tesi nel libro ”Pacelli-Roncalli e i battesimi della Shoah” (scritto con Tornielli), da cui evince la consultazione di documenti ancora sotto embargo, e per questo solo parafrasati. Per quanto riguarda gli archivi dei monasteri, non è la Santa Sede, ma le varie Curie generalizie che possono decidere, anche se la Santa Sede può esercitare una pressione su di esse. ”Sottolineo – ribatte Napolitano – che anche molte carte archivistiche ebraiche sono chiuse alla consultazione: ad esempio, non sono accessibili molte istruttorie relative alle istanze per la dichiarazione di giusto a Yad Vashem. Evidentemente ci sono legittime esigenze che non consentono l’accesso a quelle carte”.