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 2010  gennaio 19 Martedì calendario

Piccolomo Giuseppe

• Corato (Bari) 25 aprile 1951. Ex ristoratore, il 26 novembre 2009 fu arrestato con l’accusa di aver ucciso (sgozzata e poi mutilata di entrambe le mani ) l’82enne Anna Molinari, il 5 novembre 2009 a Cocquio Trevisago, Varese. Nel 2003 la moglie Marisa Maldera morì in un incidente d’auto (patteggiò la pena a un anno e 4 mesi per omicidio colposo) • «[...] Un uomo abituato a usare la violenza anche nei confronti dei familiari, una ”personalità inquietante”: l’or’dinanza di custodia cautelare che [...] ha confermato la detenzione [...] contribuisce a dipingere un quadro a tinte fosche dell’ex ristoratore. [...] L’ordinanza fa riferimento alla figura di Piccolomo parlando di ”crudeltà dimostrata a più riprese nei confronti dei familiari”; la frase si basa sulla te stimonianza delle figlie raccolta dalla polizia, testimonianza in base alla quale in passato l’uomo si sarebbe reso protago nista di episodi di maltrattamenti in famiglia. [...] era convinto che avrebbe funzionato il depistaggio dei quattro mozziconi di sigaretta la sciati nella villetta del delitto. E invece proprio quel depi staggio è stata la rovina di Piccolomo. Partendo dalla testimonianza e dalle riprese delle videocamere raccolte dai carabinieri, e che immortalano l’uomo mentre raccoglie mozziconi di sigarette all’esterno del centro commerciale di Cocquio, il provvedimento fa terra bruciata attorno all’indagato: il dna sulle cicche gettate nella casa del delitto è lo stesso rintracciato nel bar da cui Pippo preleva i mozziconi. E poi i graffi in faccia, già evidenti il giorno dopo il delitto, per spiegare i qua li Piccolomo cade in contraddizione. Al messo del Comune di Ispra, il 6 novembre, racconta di essere caduto nei boschi cercando funghi. Due settimane dopo alla polizia dice di essere caduto in un cantiere e cita come testimone un architetto. Ma il professionista nega decisamente questa versione dei fatti» (Claudio Del Frate, ”Corriere della Sera” 1/12/2009) • «Che bello, il fuoco. Pippo si scaldava le mani sul camino del salone, godeva del tepore delle fiamme e intanto raccontava. Nei minimi dettagli. Tua madre, diceva, batteva contro i vetri della macchina, e intanto le bruciavano i capelli e le venivano le bolle in faccia, si scioglieva come una candela. Nunzia ascoltava papà per l’ennesima volta. L’inverosimile storia di Marisa che muore all’interno della Volvo Polar di famiglia perché si accende una sigaretta. In un’auto dove, sbadatamente, all’interno si è rovesciato un bidone di benzina da dieci litri. ”Cosa gli costava dire che se n’è andata senza soffrire? Voleva farci ancora più male, per staccarsi da noi. Mi sono convinta in modo defi nitivo che era stato papà a uccidere la mamma’. Quel giorno, Giuseppe Piccolomo, detto ”Pippo”, ha ottenuto quel che voleva. Non è più entrato nella casa dove aveva vissuto con Marisa e i loro tre figli. Il ripudio doveva essere un lasciapassare per la vita nuova, con una donna molto più giovane di lui. Cancellare una famiglia, per farne un’altra. [...] Marisa e Pippo si conobbero alle scuole elementari di Corato, sulle prime pendici delle Murge, in provincia di Bari. Al primo bacio lei aveva 9 an ni, lui 11. Nel 1971 salirono al Nord. Aprirono ”La pantera rosa”, ristorante- pizzeria a Cocquio, il nome era un omaggio ai cartoni animati che piacevano tanto a Nunzia. Sarebbero poi arrivati Cinzia e Diego. [...] Lui era il papà Dio in torno al quale tutto doveva girare. ”Non ci ha mai fatto mancare niente. Ma non c’era un filo logico nelle no stre vite. La prima volta che portai un ragazzo in casa, era un compagno di scuola, cacciò lui e mise me in punizione, menandomi ogni giorno. Per tre mesi” [...] Il Male assoluto aveva le sembianze di una ragazza che bussa alla porta del nuovo ristorante, chiedendo di essere messa alla prova come donna delle pulizie. Il ristorante era nuovo, si chiamava ”Al parco da Marisa”, pochi metri dalla villetta di Caravate. Diventano inseparabili, moglie, marito e la ragazza. ”Mia madre si fida va di tutti, diceva che Zineb aveva bisogno di aiuto”. Non si accorge, o forse non vuole vedere, che Pippo dà di matto ogni volta che un cliente ferma lo sguardo sulla nuova cameriera. Non capisce che accoglierla in casa aumenta la promiscuità. La notte che lei muore, in quel modo assurdo e sospetto, i figli la cercano. Telefonano a casa, suonano. Lei aprirà ore dopo. ”Disse che non aveva sentito. Era terrorizzata. Sapeva quel che mio padre stava per fare”. Pippo si presenta al funerale con un giubbotto di un rosso sgargiante, si sposa subito dopo. Torna ad essere Lui, per scelta consapevole. Tortura le figlie con i dettagli della morte di Marisa, nega loro le foto di quando erano una famiglia. [...]» (Marco Imarisio, ”Corriere della Sera” 1/12/2009) • «[...] A tutti chiedeva soldi. Pure alla signora Molinari li aveva chiesti. La conosceva da anni. Da quando la sua prima moglie morta in un incidente stradale su cui aveva indagato già la polizia, andava nella villetta di via Dante Alighieri a fare le pulizie. La villetta con le inferriate alle finestre per paura dei ladri. La villetta dove Giuseppe Piccolomo, stando alla ricostruzione della polizia, si era presentato con un sorriso e il coltello in tasca, la voce implorante per avere un po’ di soldi e uscire dai guai, la ferocia di quello che poi ha fatto. [...] ”Pippo il muratore” continua a negare tutto. [...]» (Fabio Poletti, ”La Stampa” 28/11/2009).