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 2010  gennaio 19 Martedì calendario

Morlacchi Manolo

• Milano 1970. Presunto terrorista delle Nuove Brigate Rosse, arrestato il 18 gennaio 2010, il 21 novembre 2011 fu assolto • «[...] è un “figlio d’arte”: il padre, Piero, morto nel 1999, fu uno dei fondatori della formazione terroristica assieme a Renato Curcio, Mara Cagol e Alberto Franceschini e la madre, Heudi Ruth Peush, scomparsa nel 2005, fu implicata nelle inchieste per banda armata [...] secondo chi indaga, faceva [...] parte di una formazione già sgominata il 10 giugno 2009 quando finirono in carcere cinque persone: Luigi Fallico [...] Bruno Bellomonte [...], Bernardino Vincenzi [...], Gianfranco Zoja [...] e Riccardo Porcile [...]. Durante le perquisizioni saltò fuori un arsenale: due mitragliette, quattro pistole, esplosivo, una bomba a mano. Il 25 settembre 2006 il gruppo tentò un attentato contro la caserma della Folgore a Livorno con un mortaio artigianale. L’azione fallì ma fu rivendicata con un corposo documento in puro “brigatese” anni 70. Fallito anche un piano di attentato al G8 in programma alla Maddalena. [...]» (m. l., “la Repubblica” 19/1/2010) • «“Non penserete di poter stare nel mezzo”. Tredici erano i fratelli Morlacchi, e in cinque avevano seguito Pierino, abbracciando la lotta armata. Comunisti al Giambellino, Milano proletaria, ma delusi dal Pci perché aveva tradito “gli ideali della Resistenza”. Ben presto il ruolo di scissionisti nel “Gruppo 60” gli va stretto. Dice allora Pierino ai fratelli: “O voi venite con me oppure andate con il potere”. È il 1970. Al Giambellino hanno conosciuto Curcio e Mara Cagol, attratti da quel quartiere di case basse, osterie, operai e guapperia. Nascono le Br e vi aderisce anche la moglie di Pierino, Heidi Peusch, originaria della Germania dell’Est. Morlacchi si ritrova nel comitato esecutivo, con Curcio, Cagol, Franceschini e Moretti. La prima rapina, in Trentino con Mario Moretti (e il bottino, 9 milioni di lire, verrà nascosto nel pannolino di Manolo), le irruzioni nelle sedi del Msi, gli incendi ai dirigenti della Pirelli, fino alla terribile gogna inflitta al dirigente industriale Siemens, Idalgo Macchiarini, fotografato con una pistola puntata sulla guancia e un tazebao con la scritta “Colpiscine uno per educarne cento”. Inseguiti dagli ordini di cattura i Morlacchi tentano dapprima la fuga nella Ddr, dove invano chiedono asilo politico, riparando temporaneamente in Svizzera, protetti da Soccorso Rosso: qui nel ’74 nasce il fratello di Manolo, Ernesto. Una volta estradati, li aspettano le carceri speciali: Cuneo, Palmi, Asinara, Fossombrone. Manolo raggiungeva suo padre in treno e gli parlava attraverso il vetro. Come Curcio anche Pierino Morlacchi non si era macchiato di reati di sangue, “ma fu una casualità”, ammise Manolo nel 2007. Contestava le accuse, non si dichiarava prigioniero politico, e questo rappresentava un’eccezione alla regola comportamentale del terrorista rosso. Però fino all’ultimo rifiutò offerte di dissociazione. Quando tornò libero nel 1986, rivoluzionario irriducibile, il Giambellino si riempiva dei primi immigrati. Un altro mondo nasceva, ma Morlacchi non seppe ricominciare, e preda di alcol e depressioni morì nel’99; suo moglie Heidi nel 2005. “Non credo che i miei traumi siano poi così diversi rispetto a quelli subiti da molti ragazzi” raccontò Manolo, all’uscita del libro autobiografico La fuga in avanti, dove racconta la saga dei Morlacchi. “Tengo famiglia, due figli, faccio una vita normale, i segni dell’infanzia li ho metabolizzati”. Nel giugno 2009 Ernesto Morlacchi è stato indagato nell’inchiesta su un presunto gruppo armato che voleva fare un attentato alla Maddalena al G8. Anche Manolo venne perquisito. La Digos si presentò sul luogo di lavoro, una multinazionale Usa, dove aveva trovato impiego come archivista dopo la laurea in Storia alla Statale. Fu licenziato. Cominciò a bussare a molte porte. [...]» (Concetto Vecchio, “la Repubblica” 19/1/2010).