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 2017  novembre 19 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Paolo Gentiloni
Il Ministro dell’ Interno è Marco Minniti
Il Ministro degli Affari Esteri è Angelino Alfano
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Valeria Fedeli
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Carlo Calenda
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Anna Finocchiaro (senza portafoglio)
Il Ministro dello Sport è Luca Lotti (senza portafoglio)
Il Ministro della Coesione territoriale e Mezzogiorno è Claudio De Vincenti (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Donald Trump
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Theresa May
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Emmanuel Macron
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Édouard Philippe
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Ram Nath Kovind
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Di nuovo Prodi per unire il centro-sinistra

È Prodi la soluzione ai problemi della sinistra?  

Bella domanda. Se la risposta fosse sì, le elezioni del 2018 riproporrebbero le competizioni del 1996 e del 2006, quando i leader dei due schieramenti erano appunto Prodi e Berlusconi. Solo che quelle due volte vinse Prodi, mentre stavolta...
Non dovrebbero scendere in campo personalmente né Prodi né Berlusconi. Berlusconi è per ora impedito dalla sentenza della legge Severino, che lo ha esiliato dalla politica in quanto condannato in tribunale. Come sappiamo, Berlusconi ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani col buon argomento che la legge Severino fu approvata dopo la sua condanna e che in tutto l’Occidente è considerato giuridicamente un obbrobrio dare valore retroattivo delle norme. Quindi dovrebbe avere buone possibilità di spuntarla e di poter riscendere in campo. Solo che per avere qualche chance bisognerebbe che si votasse a maggio, mentre per marzo certamente la Corte europea non si sarà ancora pronunciata.  

Non si potrebbe votare sul serio a maggio? La cosa sembrava plausibile ancora pochi giorni fa.
È un’ipotesi che pare tramontata. Mattarella, l’unico ad avere il potere di sciogliere le camere e di decidere il quando, è convinto che sarà meglio chiamare gli italiani alle urne il 4 e il 5 marzo. Il ragionamento del presidente è questo: c’è una probabilità piuttosto alta che il sistema elettorale Rosatellum, forse troppo proporzionale, dia un risultato neutro, con nessuna forza politica capace di governare da sé. A meno che Grillo non cambi idea e decida di allearsi con qualcuno, l’unica coalizione possibile per arrivare almeno al 51% sarà quella tra centro-destra e centro-sinistra. Accordo non facile, perché la Lega e la Meloni potrebbero non accettare. Se le trattative si prolungheranno in modo pericoloso (come sta accadendo adesso alla Merkel), il voto a marzo lascerà il tempo di votare di nuovo a giugno. Magari a giugno ci troveremo di nuovo in una situazione di stallo, ma chissà... In Spagna, a forza di votare e rivotare, un governo l’hanno messo in piedi.  

Veniamo a Prodi.
Renzi ha capito che se non forma una coalizione di qualche tipo, non ha nessuna possibilità di battere il centro-destra, il quale, benché a sua volta diviso, si presenterà alle elezioni con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia in qualche modo alleati. Ha perciò incaricato Fassino di fare il giro delle chiese di sinistra per vedere di raccattare un qualche accordo. Fassino ha cominciato da Prodi, ed è stata l’intuizione giusta.  

Perché?
Prodi, qualche mese fa, aveva detto di aver piantato la tenda lontano da quella del Pd. Una posizione dura. Ammorbidirla sarebbe stato parecchio significativo. E Prodi s’è ammorbidito, ha avuto un lungo colloquio telefonico proprio con Renzi e ha assicurato Fassino che il tentativo di unificare quello che oggi appare frammentato all’inverosimile ha la sua benedizione. Prodi non vuole scendere in campo in prima persona, ma far da garante dell’intesa che sarà raggiunta per battere Berlusconi. Il giorno dopo, Fassino ha incontrato Giuliano Pisapia e anche qui ha trovato un terreno favorevole all’intesa. Del resto Pisapia, anche quando trattava con i bersan-dalemiani (Mdp), ha sempre detto che non si poteva prescindere dall’alleanza col Partito democratico, sentendosi rispondere in genere: con Renzi mai. Nonostante lo slogan «unità e discontinuità», Pisapia non ha posto la pregiudiziale Renzi neanche nel faccia a faccia con Fassino. I punti che faciliterebbero l’accordo, cioè le sue richieste, sono quattro: approvazione della legge sullo ius soli (Gentiloni è d’accordo), approvazione della legge sul fine vita (idem), abolizione o riforma del cosiddetto superticket, cioè la norma per cui su ogni ricetta specialistica bisognerà pagare 10 euro in più (il governo non intende toccarla), profonda revisione del Jobs Act (per Gentiloni e Renzi non se ne parla nemmeno). Mdp, Sinistra Italiana e Possibile (Civati) presentano oggi un disegno di legge che reintroduce il Jobs Act. La Cgil intanto si prepara alla mobilitazione sulle pensioni. Questo è il quadro.  

Immagino che Bersani e D’Alema facciano a queste idee unitarie il viso della guerra.
L’ambizione segreta di Prodi e Pisapia sarebbe quella di recuperare Bersani. Bersani all’assemblea di Mdp che s’è tenuta ieri (pollice verso a Renzi) ha detto: «Secondo me sottovalutano la situazione e il perché un pezzo di popolo se ne è andato. Io lascio aperta la porta, però bisogna leggere la legge elettorale: non vince nessuno, ci si ritrova comunque in Parlamento. Io non do per scontato niente, ma non ho visto nel Pd una sincera riflessione su nulla». Il «ci si ritrova in Parlamento» significa: inutile fare cartelli prima, tanto bisognerà discutere di governo e maggioranza in ogni caso dopo il voto. (leggi)

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