la Repubblica, 19 novembre 2017
Di cosa si parla a Giacarta. Quella tribù che la dea tigre non ha protetto
Da millenni gli animisti Orang Rimba facevano del loro meglio per tenersi a distanza dalla civiltà che li chiama con spregio Kubu, zotici, selvaggi. Nelle foreste a sud dell’islamica Sumatra (Indonesia), sopravvivono poco più di 3.000 membri di questa tribù nomade che crede nella dea tigre, nell’oggi e non nell’aldilà. Ma con la riduzione degli alberi, bruciati per fare spazio a olio di palma o caucciù, dell’acqua pulita e degli animali da cacciare, sempre più famiglie hanno dovuto cedere a chi, dagli e dagli, le ha stanate come prede dalle riserve.
Il vasto incendio della giungla tropicale del 2015 ha posto fine a secoli di resistenza passiva contro le grandi compagnie favorite dai politici di Giacarta, e i tribali hanno capito una volta per tutte che dall’altra parte c’era qualcuno più potente di tigri e spiriti. Abbandonata l’esistenza nomade col sostegno di una Ong dell’ultraortodosso “Fronte di difesa dell’Islam”, si sono costruiti case di bambù vicino alla città di Jambi, hanno vestito i figli un tempo seminudi con zucchetto e tuniche e li hanno spediti nelle scuole coraniche. «Così avranno anche una carta d’identità», ha detto Muhammad Yusuf, un capo tribale che prima di convertirsi si chiamava Yuguk e cacciava il maiale selvatico, oggi haram, tabù. Ma poco male, tanto era ormai una preda rara, come gli ultimi Orang Rimba di Sumatra.