la Repubblica, 19 novembre 2017
Carbone batte ghiaccio
ROMA Una buona notizia c’è: è nata l’Alleanza globale per lo stop al carbone. Del gruppo, composto da 25 Paesi e regioni, fanno parte Gran Bretagna, Canada, Italia, Francia, Austria, Belgio, Finlandia, Olanda, Portogallo, Costa Rica, Messico, Nuova Zelanda. Ma è forse l’unica emersa dal vertice Onu sui cambiamenti climatici che si è appena concluso a Bonn. Chi si aspettava una accelerazione nell’applicazione degli accordi di Parigi del dicembre 2015, dove i capi di Stato e di governo di tutti i Paesi si erano impegnati a bloccare l’aumento della temperatura ben sotto i 2 gradi per evitare la catastrofe climatica, dovrà attendere ancora.
I combustibili fossili continuano ad essere bruciati, la temperatura della Terra continua a salire e i ghiacci continuano a sciogliersi. Colpa, come è stato evidenziato a Bonn, dei limiti di un processo decisionale basato sull’unanimità e sull’assenza di sanzioni: meno di metà degli impegni necessari a evitare il disastro sono stati sottoscritti. E tuttavia sembra aumentare il pressing dei settori più innovativi del mondo economico: nei giorni della conferenza di Bonn sei delle maggiori compagnie elettriche europee (Enel compresa) hanno chiesto all’Europa obiettivi più ambiziosi per l’energia: far salire l’asticella delle fonti rinnovabili dal 27 al 35 per cento entro il 2030. La mossa segue il divorzio dal carbone annunciato nell’aprile scorso dalle società energetiche di 26 dei 28 Paesi dell’Unione europea: dopo il 2020 non investiranno in nuove centrali a carbone.
Una decisione presa in parte per motivi ambientali (il carbone è responsabile in Europa di oltre 20 mila morti all’anno). E in parte per la necessità di avere un quadro normativo proiettato al futuro in modo da calibrare gli investimenti guadagnando competitività in un mondo che, se non vuole subire la destabilizzazione climatica, deve tagliare drasticamente il consumo dei combustibili fossili. A partire dal carbone contro cui è stata lanciata una campagna di disinvestimento che ha già avuto migliaia di adesioni, dal Fondo sovrano norvegese alla Chiesa anglicana e al Rockefeller Fund.
Negli ultimi 3 anni questa pressione ha portato a una prima flessione del consumo di carbone. Cosa succederà nei prossimi? L’International Energy Agency ha elaborato varie previsioni. Nello scenario virtuoso, l’unico in grado di frenare il caos climatico, la quota elettrica di questo combustibile precipita dal 37 per cento del 2016 al 6 per cento del 2040. «Non c’è scelta: se vogliamo rispettare gli impegni di Parigi, bisogna bloccare con grande rapidità le centrali a carbone», commenta Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club. «E credo che si stia andando in questa direzione. Michael Bloomberg ha appena concesso un finanziamento di 50 milioni di dollari alla campagna per la fuoriuscita dal carbone invitando i tedeschi a fare un pressing su Angela Merkel per far aderire la Germania».