la Repubblica, 19 novembre 2017
L’amaca
Il cassiere del minimarket, ieri mattina, era inferocito.
Diceva ad alta voce che «adesso li mandiamo tutti a casa, ‘sti maiali», lo diceva a un paio di colleghi bypassando con la voce e lo sguardo i pochi clienti esterrefatti – come se non ci fossero – e i colleghi rispondevano, in uno scoppiettio di parolacce usate come interpunzione, «certo che li mandiamo a casa. Arrivano i cinquestelle e li mandiamo tutti a casa». Ho pensato allo sfogo, rude ma legittimo, di uno che è sulla quarantina e prende uno stipendio gramo, fa orari infernali, ha un contratto a termine. Ho pensato alla frustrazione economica, ho pensato, cioè, alla politica. Che è sempre rispettabile, la politica, anche quando ha i modi bruschi di quel ragazzo appassito, incattivito.
Sbagliavo. Uscendo, ho visto il cassiere levare una multa dal parabrezza della sua auto in divieto di sosta (anzi, in divietissimo) e sventolarla furibondo. Ragione della sua furia era dunque che ’sti maiali (i vigili, il governo, lo Stato, il sindaco, l’Italia, il Potere, non importa chi o che cosa) avevano osato multarlo perché era in divieto di sosta. Non esiste partito (cinquestelle, sinistra, destra) in grado di venirne a capo, di un popolo così.