
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La maledizione del venerdì nero dei trasporti
Volendo usare un’espressione abusata, ieri è stato un altro venerdì nero per i trasporti. Hanno scioperato i conducenti di autobus e tram, si sono fermati i treni regionali e qualche ritardo si è registrato anche nei voli. Da Milano a Napoli, da Roma a Bologna, si sono segnalati ingorghi e disagi. Eppure, a parte qualche situazione più critica, i cittadini hanno fatto abbastanza spallucce. La gente, in sostanza, ha preso la macchina e lo sciopero è passato senza troppe tragedie.
• Ma per quale motivo si scioperava?
L’agitazione è stata indetta dall’Unione sindacale di base (Usb) ma è partita, come spesso accade, da alcune piccole sigle. Il caso di Venezia mi sembra emblematico: nonostante tra i dipendenti dell’azienda di trasporto veneziana fossero solo 3 su 2.600 gli iscritti all’Usb, di fatto la gran parte dei lavoratori ha deciso di incrociare le braccia e così si sono bloccati i vaporetti. Per ridurre i disagi, il prefetto di Venezia ha dovuto firmare un decreto di precettazione per i dipendenti. Per quanto riguarda le motivazioni della protesta, stando al comunicato ufficiale dell’Usb, si va dal Jobs Act alla manovra, dalle pensioni alla precarizzazione dei contratti. Ma nel grande calderone della rivendicazione sindacale finiscono anche le «politiche economiche e sociali dell’Unione europea», la «deriva securitaria e repressiva» che sta diventando «sempre più pressante».
• Mi sembra di intuire un certo sarcasmo nella sue parole?
È un dato di fatto che, con sorprendente regolarità, prima dei weekend, una o due volte al mese scattano scioperi dei trasporti indetti da micro-sigle sindacali che colpiscono milioni di cittadini inermi. A Roma è il diciassettesimo caso da inizio anno, agosto compreso. Più in generale, nel 2016 gli scioperi sono aumentati del 4% sull’anno precedente e il trasporto pubblico locale è il settore che ne ha proclamati di più (368). Ora, è verissimo che lo sciopero è un diritto costituzionale, ma si può limitare se lede altri diritti sacrosanti come quello alla mobilità. Si tratta, certamente, di un equilibrio molto delicato.
• Ma non c’è un’autorità predisposta a intervenire?
Il presidente della commissione di garanzia sugli scioperi, che si chiama Giuseppe Santoro Passarelli, incalzato dal Messaggero sulle proteste di ieri, ha ammesso sconsolato: «Ho incontrato governo e prefetto per valutare la situazione, e di comune accordo, abbiamo deciso di consentire lo sciopero. Altrimenti i sindacati, in caso di precettazione, avrebbero potuto rivolgersi al Tar». Il problema è che le leggi che regolamentano il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali sono obsolete, risalgono al 1990 e al 2000. Oggi le norme prevedono che anche un piccolo sindacato che raccoglie meno del 10% di iscritti possa dichiarare sciopero. E, con vari escamotage, bloccare l’intera azienda. Inoltre al momento la legge consente ai sindacati di indire le proteste a intervalli di 10 giorni. Su questo punto Santoro Passarelli ha fatto sapere che «per legge in mancanza di accordi fra le parti, il Garante, con una regolamentazione che stiamo mettendo a punto facendo, può allungare i giorni di tregua. Dal 2018 così ridurremo gli scioperi».
• E il Parlamento, invece, perché non interviene?
Il ministro dei Trasporti Delrio ha ripetuto in varie occasioni che «non si possono lasciare a piedi centinaia di migliaia di persone, è grave che una minoranza poco numerosa condizioni la vita di intere collettività. Dobbiamo darci nuove regole». E il premier Gentiloni non è stato da meno: «Basta con questa maledizione del venerdì nero dei trasporti». Ma una riforma non è mai arrivata. Dall’inizio della legislatura sono stati avanzati diversi disegni di legge sul tema, tutti caduti nel vuoto. Ieri il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, ha presentato un emendamento alla legge di Bilancio in discussione al Senato «per tutelare gli utenti attraverso l’obbligo di comunicazione anticipata tanto della revoca quanto dell’adesione individuale. Così saranno per tempo noti i vettori operativi nel giorno di sciopero». Ovvero si obbligherebbero autisti e macchinisti a far conoscere alle aziende la propria adesione a uno sciopero 48 ore prima dell’agitazione, in modo da consentire alle aziende di programmare sia le linee effettivamente soppresse sia quelle che saranno attive, potendo rendere così pubblico il calendario reale delle corse che passeranno regolarmente, nonostante la protesta. L’emendamento sarà votato la prossima settimana in commissione Bilancio del Senato, ma non è così scontato che passi.
• Perché?
È complicato intervenire su una materia così pericolosa, soprattutto a poche settimane dalle elezioni politiche. Ancor di più per un governo di centrosinistra. Per darle un’idea più precisa, due giorni fa, non appena il Garante sugli scioperi Santoro Passarelli ha dichiarato che «da gennaio 2018 sarà guerra ai venerdì neri nei trasporti», l’Unione sindacale di base ha diramato una nota che recita così: «Usb scriverà a tutti i parlamentari italiani invitandoli a stroncare sul nascere questo tentativo fascista».
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