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 2017  novembre 11 Sabato calendario

Intervita a Don Winslow: La peggior paura dell’America è che ti rapiscano un figlio

Foglio bianco
Con una produzione così vasta, non ha mai paura del foglio bianco?
«Non proprio. Penso che la sindrome è il risultato di cercare di scrivere perfettamente sulla prima bozza. Nessuno può farlo, quindi la paura ci blocca e finiremo fissando il vuoto. Io vado avanti e scrivo qualcosa che so probabilmente non essere buono, perché anche io so che farò la riscrittura. Scrivo le prime bozze molto velocemente, come se avessi paura di essere respinto. Poi procedo lentamente intagliando il marmo. Vado avanti e anche se so che verrà un pasticcio non mi fermo. Infine lo pulisco. Se stessi fermo non avrei niente da pulire». [Don Winslow a Massimo Vincenzi, Tuttolibri 11/11]

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Subito ci sono i lampeggianti blu della polizia, i riflettori delle tv ad illuminare la villetta bianca, i volti dei genitori trasparenti e inzuppati di lacrime. Il giorno dopo in paese appaiono cartelli «wanted» circondati di fiori che raccontano la scomparsa di un bimbo o di una bimba. Un’altra goccia nel mare dei 500 mila piccoli che ogni anno si perdono in America. Dopo una settimana i fiori appassiscono, i manifesti volano via e le lacrime dei genitori diventano di pietra. A questo punto entra in gioco Don Winslow che nei suoi ultimi romanzi sta facendo ruotare più protagonisti, a testimonianza di quanto il fenomeno sia al centro del suo cuore creativo. Questa volta inNevada Connectiontocca a Neal Carey, l’uomo che porterà il lettore su un ottovolante di emozioni, paura, risate e colpi scena.
«Sono esattamente ciò che suggerisce la definizione: persone che credono che la “razza” bianca sia superiore a tutte le altre e vogliono che i bianchi abbiano una posizione di predominio. C’è una vasta gamma di suprematisti – Ku Klux Klan, nazisti, fratellanza ariana -, ma fortunatamente costituiscono ancora una minoranza. Io ritengo che siano perdenti patetici che cercano un capro espiatorio da incolpare per i loro fallimenti. Voglio dire, gli uomini bianchi sono arrivati quattrocento anni fa in questo Paese, hanno avuto tutte le occasioni e il potere. Se non vinci con un lancio di 400 anni, non è il gioco che non funziona, sei tu».
«È vero, la definirei una questione personale. Li considero malvagi, traditori e codardi. Dobbiamo parlare di loro il più possibile. Si discute molto di terrorismo – e va bene – ma non si discute abbastanza del terrorismo della destra».