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 2017  novembre 11 Sabato calendario

Viaggio nel Louvre d’Arabia, il museo che fa dialogare Leonardo e il Corano


ABU DHABI «Eccola, è Monna Lisa!». Ashraf viene dall’India, lavora come designer negli Emirati Arabi e non è il solo, qui, a scambiare “La Belle Ferronnière” di Leonardo per la “collega” rimasta a Parigi. Eppure non ha tutti i torti perché la dama sconosciuta – 525 anni ben portati – che non sorride, ma guarda lo spettatore ovunque si sposti nella sala, si candida già a diventare la Gioconda del Golfo Persico.La coda per i selfie si forma in fretta. Benvenuti alLouvre di Abu Dhabi. Il luccicante nuovo museo del mondo apre ufficialmente oggi, ma i biglietti, venduti online, sono sold out: 5000 le presenze previste nel weekend di inaugurazione. Il pubblico non mancava nemmeno all’anteprima di ieri, dove tutti si sono persi nella spettacolare “medina” progettata da Jean Nouvel, sotto la cupola (180 metri di diametro) formata da 7850 stelle di metallo argentato. Prima di entrare nelle sale, la piazza interna con al centro l’albero- scultura di Giuseppe Penone appare in tutto il suo bianco, che gioca con lo spazio esterno e le trasparenze dell’acqua.Siamo sul mare: qualcuno si avvicina su barche che battono la bandiera di Stato.Ma, soprattutto, siamo dove il grande gioco dell’arte ha scelto la partita in cui disputare l’incontro tra Occidente e Oriente.Il Louvre di Abu Dhabi nasce nel 2007 dall’accordo tra il governo di Parigi e gli Emirati Arabi, che per un miliardo di euro potranno usare il marchio del museo parigino – il piu visitato del pianeta – fino al 2037. Dello scambio fa parte la fondamentale catena di prestiti (300 solo per il lancio) da 13 musei francesi, che servono da primo richiamo e a riempire l’allestimento finché il nuovo spazio non avrà una collezione abbastanza autonoma e congruente.In Francia, non sono mancate le polemiche, capitanate dal critico Jean Clair, che ha parlato di svendita culturale, di «centro commerciale a cielo aperto», di «aeroporto internazionale dell’arte». In uno studio pubblicato da poco, Le miroir des cheikhs, l’accademico di Sciences Po di origine iraniana Alexandre Kazerouni analizza l’operazione come una fondamentale strategia degli sceicchi per consolidare il potere sul territorio degli Emirati a sfavore della borghesia locale. Sta di fatto che, a dieci anni di distanza dalla firma del contratto, dopo rinvii e costi lievitati (si parla di almeno 600 milioni di euro solo per la costruzione), il Louvre di Abu Dhabi è diventato realtà. «Una risposta all’oscurantismo», l’ha definito il presidente Macron, in visita qui mercoledì.È una storia universale e un confronto “alla pari” tra le civiltà quello che il museo vuole raccontare. Lo si capisce sin dalla prima sala con il pavimento decorato da bussole e dai nomi delle città del mondo. Nelle brillanti teche, con un “effetto Cartier” che rimanda alle gioiellerie più che ai musei occidentali, sono esposti oggetti antichi divisi per temi. Si gioca di simmetrie. La maternità è al tempo stesso Iside che allatta Horus, una Phemba africana e una Madonna col Bambino. I primi oggetti del potere nella storia del pianeta si somigliano tutti: come i resti delle asce realizzate 500 mila anni prima di Cristo in Francia, Algeria, Arabia Saudita. La testa di Socrate è accanto a quella di Buddha; un oratore romano del primo secolo “sfila” accanto a un Bodhisattva della tradizione buddista. Se i flash sono tutti per la monumentale statua di Ramses II arrivata da Parigi, a poca distanza si succedono stele funerarie di vescovi del Medioevo, di notabili arabi, di rabbini, reliquiari di imperatori, ceramiche di dinastie cinesi. I nudi dell’antica Grecia sono ridotti al minimo. Una sala buia accoglie i sacri testi: Kalpa-sutra indiani, insegnamenti del Buddha, una pagina del Corano Blu, una Bibbia gotica francese, una Torah proveniente da Sana’a.Le diversità culturali degli oggetti in vetrina riflettono quelle di chi li guarda. Ci sono guide velate o vestite all’occidentale; burqa e minigonne. Lo smartphone impugnato per inquadrare le opere rende tutti uguali. Hadie è un trentenne americano che lavora come medico ad Abu Dhabi: «Un museo del genere non esisteva in questa parte del mondo», dice, «era necessario per raccontare la grandezza delle civiltà che si riflette nell’arte». Gli fa eco Alia, ventotto anni in chador nero, arrivata dalla vicina Dubai: «Non avevo mai visto nulla del genere. Non sono mai stata a Parigi. Per me i musei sono sempre stati legati alla storia religiosa e locale. Un posto del genere può incoraggiare i giovani a studiare l’arte occidentale».Il direttore scientifico Jean-François Charnier vuole parlare italiano: sua madre è nata a Forio di Ischia. Ha seguito il progetto sin dalla prima pietra e ora, seduto nella piazza del museo, si gode il successo. «C’è anche un po’ di Italia in questa realizzazione», spiega, «le intuizioni, il pensiero veloce sono la mia parte italiana. All’inizio, il nuovo Louvre doveva essere più simile all’originale, ma sarebbe stato un assurdo. Non possiamo più pretendere che l’intero pianeta adotti i valori dell’Occidente. In un’epoca di complessità come questa dobbiamo trovare una forma nuova di narrazione del mondo. Evidenziare gli elementi di convergenza tra le civiltà. La politica non lo sta facendo: preferisce alzare muri. Il futuro sarà di chi riuscirà a farlo. La collezione di un museo serve a spiegare che l’identità è un processo di costruzione permanente che nasce dal confronto. La globalizzazione nasce con la preistoria».Non ne vuole sapere di polemiche, di petroldollari e di svendita del marchio Louvre. «Sono argomenti vecchi. Il denaro ha sempre aiutato l’arte. Leonardo si trasferì dal re di Francia che non era certo il più povero della regione. E come è stata costruita Versailles? E le opere commissionate dai papi? L’accordo con gli Emirati ha fatto solo del bene ai musei francesi. La mia idea è che sarà rinnovato ben oltre il 2037. Chi critica Abu Dhabi non la conosce. L’Islam è aperto culturalmente proprio come l’Occidente. Questa operazione vuole dimostrarlo». E le condizioni in cui hanno lavorato gli oltre duemila operai? «Ho seguito il cantiere di persona», puntualizza Charnier, «qui si lavora meglio che nel Nordafrica o in certi posti del Sud Italia».Saadyat, in arabo “l’isola della felicità”, dove è stato costruito il Louvre di Abu Dhabi è un cantiere al sole sempre aperto, criticato dalle ong che accusano le mancate tutele degli operai asiatici. Gli artisti attivisti di Gulf Labor, che nel 2015 erano alla Biennale di Venezia, invitano al boicottaggio delle future istituzioni culturali nell’area. A pochi passi dalla cupola di Jean Nouvel sorgeranno il nuovo Guggenheim progettato da Frank Gehry e lo Zayed National Museum di Norman Foster. Come La Belle Ferronnière di Leonardo, la Donna allo specchio di Tiziano, l’autoritratto di Van Gogh, le ballerine di Degas, altri capolavori d’Occidente arriveranno qui. Successe ai marmi del Partenone portati al British di Londra, alle meraviglie egizie traslocate a Parigi. Napoleone, qui ad Abu Dhabi, attraversa le Alpi immortalato da David. Ma l’asse del mondo, oggi, si è decisamente spostato.