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 2017  novembre 11 Sabato calendario

Ostia, 10 anni di Spada story: gambizzazioni, fuoco e droga

C’è un momento in cui la “famiglia emergente degli Spada” inizia a prendere forza nel municipio più popolato di Roma, Ostia. Ed è il momento in cui si alleano con i Fasciani, che poi dominano “grazie alla concomitante detenzione dei principali componenti” di quella famiglia. Ma contemporaneamente sul litorale succede anche altro: “L’indebolimento” dei “Baficchio”, che lascia libero terreno di infiltrazione. Nel decreto del fermo di Roberto Spada per l’aggressione al giornalista di Nemo, Daniele Piervincenzi, c’è la storia di un’intera famiglia.
Dell’alleanza con i Fasciani ne parla il collaboratore di giustizia Sebastiano Cassia, già nel 2012 quando dice che dopo l’estromissione dei Triassi, gli “interessi criminali di Ostia sono gestiti dagli Spada e dai Fasciani”. I due gruppi, spiega, “hanno stretto una sorta di alleanza per cui ciascuno commette usura ed estorsioni nei propri territori”. Partendo dalle parole dei collaboratori e con le sentenze dei giudici (in tre processi è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa) ricostruiamo la storia degli Spada a Ostia.
“L’autorità a braccetto con il clan”
Il litorale di Roma dal 2007 è stato scenario di almeno 30 incendi tra stabilimenti balneari e salegiochi; gambizzazioni, omicidi e attentati. Come i due, a distanza di quattro giorni, ai danni di Carmine Spada, che di Roberto è il fratello. Carmine, in primo grado, è stato condannato a 10 anni di reclusione per estorsione ad un tabaccaio, con l’aggravante del metodo mafioso. Motivando la sentenza, i giudici spiegano che colui che si comporta da mafioso, “conduce l’azione a distanza, limita i propri interventi quando è strettamente strumentale perché la vittima valuti con chi abbia a che fare (…). La complessità probatoria, che, pur non ricorrendo nel caso all’esame, spesso afferisce a tale fattispecie, è costituita proprio dal fatto che colui che si comporta da mafioso, a esempio per estorcere denaro, agisce in sordina, facendo leva (…) sulla fama che deriva dall’appartenenza al gruppo criminale”.
A febbraio 2017, è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa, in un altro processo, anche per Armando Spada, condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi. Condannato anche un ex direttore dell’ufficio tecnico del X Municipio Aldo Papalini, che – è scritto nel capo di imputazione – in concorso con altri, tra cui Armando Spada “socio di fatto” della Blu Dream s.r.l., “mediante minaccia consistita nel presentarsi a Luciano Tosti, gestore dello stabilimento Orsa Maggiore (…) in compagnia dello Spada e di altre persone riconducibili alla famiglia (…) e avvalendosi della loro forza intimidatrice (Armando Spada gli diceva: ‘Non sei corretto, adesso ti stai comportando male’) costringevano lo stesso a rilasciare lo stabilimento alla Blu Dream srl”. Secondo i giudici, “la presenza di Armando Spada e della sua famiglia appare diretta all’intimidazione del Tosti, (…) con caratteri che integrano l’ipotesi aggravata del metodo mafioso. (…) Si tratta di comportamenti che richiamano alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (…). La minaccia assume una veste insidiosa e allarmante, in quanto l’interesse della famiglia Spada appare sostenuto dalla massima autorità amministrativa locale, che si presenta ‘a braccetto’ di Armando Spada”.
Intrecci familiari, morti e collaboratori
Massimiliano Spada, classe ’76, e Ottavio, dell’89, sono stati condannati (il primo a 13 anni e 8 mesi, il secondo a 5) poco più di un mese fa. Massimiliano era coinvolto nella gambizzazione di Massimo Cardoni. Con Ottavio, invece, gli viene contestata anche l’estorsione perché costringevano “Cardoni Michael e moglie a cedere la loro abitazione”, senza poi riuscirci.
Micheal Cardoni è conosciuto dagli investigatori. È il 30enne – definito “rampollo del decaduto clan dei Baficchio”, il cui depotenziamento avrebbe favorito gli Spada – che fa il nome di Roberto Spada. Dopo la gambizzazione del padre Massimo Cardoni, inizia a collaborare: l’11 maggio 2016 di Roberto Spada dice “è uno che comanda in seno alla famiglia; lui si occupa del traffico di sostanze stupefacenti”.
Il 27 aprile 2016 aveva anche raccontato: “Roberto Spada mi disse che si era impossessato dell’abitazione di tale Cirielli il quale non gli aveva pagato una partita di stupefacenti. (…) Visto che il Cirielli non riusciva a saldare il suo debito, veniva costretto a cedere la sua abitazione a Roberto. Contestualmente ha ceduto la sua abitazione al Cirielli, insieme a 2 mila euro. La casa di cui Roberto Spada si è impossessato è molto più grande di quella ceduta”. Da queste dichiarazioni, i pm delineano un identikit di Roberto Spada indicato come “un soggetto che comanda e che può dare ordini all’interno del sodalizio”; che “coordina il ramo del sodalizio dedito a traffico e cessione di stupefacenti” e che si “è reso responsabile di una estorsione aggravata dal metodo mafioso” ai danni di Cirielli.
Insomma, prima della ormai celebre testata, gli inquirenti avevano in mano altri elementi: la violenza di Roberto Spada contro il giornalista di Nemo sembra solo aver accelerato i tempi.