Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Moody’s ha declassato un’altra volta il debito italiano, da A3 a Baa2. Senza addentrarci per l’ennesima volta nel significato di questi voti, basterà ricordare che Baa2 è a due livelli di distanza dalla valutazione “spazzatura” (junk bonds).
• Comincerei col ricordare quest’affare delle agenzie di rating, in che consiste eccetera.
“Agenzia di rating”, appunto, cioè “agenzie di valutazione”. Valutazione di che cosa? Del debito. Tu chiedi i soldi in prestito a una banca e qualcuno valuta che razza di debitore sei, se cioè i soldi li restituirai oppure no. Naturalmente Moody’, Standard & Poor’s e Fitch – le agenzie di rating che hanno in mano il 95% del mercato – non si occupano né di me né di lei. Si occupano dei grandi debitori. Per esempio, l’Italia. Quante probabilità ci sono che l’Italia non sia in grado di restituire i soldi che deve a mezzo mondo? La risposta a questa domanda è il voto. Che non è eterno: oggi ti valuto al massimo (tripla A, l’abbiamo persa da un pezzo), domani, se sono cambiate le condizioni economiche e politiche, ti butto giù. Ieri ci hanno buttato giù per l’ennesima volta. Fatto che ha provocato una marea di reazioni.
• Ecco, siccome mi figuro che ci sarà un consistente coro di condanna per Moody’s (me lo figuro perché più o meno è stato sempre così), vorrei cominciare dalle ragioni che hanno spinto questi signori a degradarci.
La ragione principale è politica: l’avvicinarsi del voto la prossima primavera aumenta il rischio che il paese non si sobbarchi i sacrifici necessari. Si parla poi di prospettive economiche, e qui ricordiamo che la settimana scorsa il governatore della Banca d’Italia ha pronosticato per noi un calo del Pil del 2%. Se dovesse riscontrare difficoltà a finanziare il proprio debito, l’Italia – dice Moody’s - sarebbe «costretta a richiedere un aiuto esterno». Con perdita della sovranità e tensioni sociali inimmaginabili (forse, aggiungiamo noi). C’è poi, ragiona Moody’s, il rischio del contagio da Grecia e Spagna. Che accadrebbe al nostro sistema bancario se uno dei due paesi o tutti e due saltassero? Già oggi aiutarli ci costa 45 miliardi, e per procurarceli siamo costretti a indebitarci. Moody’s non lo dice, ma c’è un elemento di preoccupazione in più: ad agosto ci sono meno contrattazioni, quindi si può buttar giù l’Italia con poco sforzo. Ricordiamo (Moody’s non lo dice) che l’obiettivo principale della speculazione è l’euro, sulla cui caduta ha scommesso più di un colosso.
• Come hanno reagito i mercati ai giudizi di Moody’s?
Bene. La Borsa di Milano ha guadagnato quasi un punto, i Btp a tre anni sono stati piazzati a un tasso nettamente inferiore a quello di maggio (4,65 contro 5,30) e la richiesta è stata poco meno del doppio del quantitativo disponibile. Lo spread è rimasto a 480 dopo essere sceso a 460. Resta la stranezza di queste valutazioni rilasciate a mercati aperti, un vizio che è stato molto criticato in passato e ancora ieri ha suscitato le rampogne della Commissione europea, Olli Rehn, Simon O’Connor eccetera.
• Vediamo adesso che cosa dicono i critici dell’agenzia.
Mario Monti ha avuto la notizia mentre si trovava nell’Idaho al convegno della Allen & Company. Ecco quello che ha detto: «Siamo virtuosi e invece di premiarci ci puniscono». Corrado Passera ha parlato di giudizio «fuorviante» e «ingiustificato». Difesa anche da Squinzi (capo di Confndustria) e Bonanni (Cisl): il sistema economico italiano è più forte di quello che vuol far credere Moody’s. Si ricordano le topiche colossali prese da questi signori, che davano un voto alto a Lehman poche ore prima del fallimento. E del resto s’erano comportati allo stesso modo con Parmalat. Poi: non fecero minimamente capire quello che stava succedendo con i subprime. Dicono un po’ tutti: perché meravigliarsi? Sono aziende private che rilasciano i loro giudizi dietro pagamento. Conflitti d’interesse colossali. E magari quando emettono il giudizio hanno fatto vendere a qualche loro amico titoli allo scoperto della società degradata e questi loro amici si accingono a ricomprare dopo qualche giorno a prezzo ribassato. Sono illazioni, sia chiaro.
• C’è un’inchiesta della magistratura.
Sì, del magistrato di Trani, e magari questo fa un po’ ridere, la piccola procura di Trani contro i colossi che stanno al centro della finanzia mondiale e dei suoi misteri. Però il pm di Trani, Michele Ruggiero, ha scoperto che lo scorso gennaio, quando stava per arrivare il downgrading (declassamento) di Standard & Poor’s, il responsabile per le banche di Standard, Renato Panichi, avvertì i suoi capi che si stavano sbagliando. C’è un piano perverso dietro il comportamento delle agenzie? Come mai in autunno diffusero la falsa notizie che il debito francese stava per essere declassato? I sospetti esistono, e il magistrato di Trani – a cui gli Stati Uniti hanno impedito di andare in America a indagare (rogatoria respinta) – si prepara a rinviarli a giudizio. Potrebbe anche farsi forte delle testimonianze di Webster Tarpley e Paul Krugman, due tipi che se ne intendono, detestano le agenzie di rating e sono pronti a volare in Puglia per raccontare quello che sanno.
• Non è strano che gli unici disposti ad andargli contro stiano a Trani?
C’è un’inchiesta anche della magistratura spagnola (da Madrid). E li tiene nel mirino anche la Sec, l’istituzione Usa che comanda a Wall Street.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 14 luglio 2012]