Pasquale Rinaldis, il Fatto Quotidiano 14/7/2012, 14 luglio 2012
“DARKNET” VIAGGIO NEGLI ABISSI DELLA RETE
Il nome che le è stato affibbiato, “darknet” o “deep web” – in Italia “Internet nascosto” – lascia ampio spazio all’immaginazione, ma quando vi si entra si può avere davvero la sensazione di compiere una discesa agli inferi. Perché è vero, esistono “territori” in Internet, cui non si accede attraverso i comuni browser, ma previa installazione sul proprio computer di appositi software liberi, come Tor e I2P, che garantiscono l’anonimato nella rete più conosciuta e permettono contemporaneamente di navigare in quelle che possono esser percepite come reti parallele, progettate per essere impossibili da monitorare e non indicizzate dai popolari motori di ricerca, trattandosi di protocolli di routing che usano molteplici strati logici di computer e di crittografia, “a cipolla” e molti siti, invece di avere il suffisso “.it ” o “.com ”, usano il “.onion”.
La nuova
“Via della seta”
Sbagliato pensare che sia l’opera di qualche hacker: Tor, per esempio, nasce nel 1995 come progetto della Marina degli Stati Uniti per impedire che le conversazioni venissero intercettate e da allora ha ricevuto finanziamenti persino da Google. Facile, per chi vi accede per la prima volta, avvertire l’euforia di sentirsi protetti dal mantello dell’invisibilità: ma questa lascia ben presto il passo alla constatazione delle implicazioni negative di questo espediente. In Silk Road, uno dei negozi virtuali più famosi di questo mondo underground, tutto è possibile, essendo una vera e propria zona franca, un mercato nero dove non esistono regole ed è possibile imbattersi in bazar dove poter comprare qualsiasi tipo di arma o droga pagando con una moneta che non viene valutata a Wall Street, il Bitcoin, ma si sa che uno equivale a 3,74 euro. È possibile anche farsi una nuova identità, grazie all’acquisto di documenti falsi. Oppure dilettarsi con la pornografia. Di tutti i tipi. E in assoluta tranquillità e sicurezza, perché qui l’anonimato è una garanzia .Puòessermaicatturatoun fantasma in un mondo fantasma?
Una volta risaliti in superficie, però,lepercezionicambiano. Soprattuttodopoaverascoltato il parere di chi dell’argomento “privacy” ha fatto l’oggetto della propria battaglia personale. Marco Calamari, esperto di difesa della privacy onlineefragliideatoridelProgetto Winston Smith, che assegna ogni anno i Big Brother Awards a individui o aziende che si sono distinti per il loro comportamento esecrabile nei confronti della privacy degli internauti, confessa che “il deep web semplicemente non esiste. È vero l’opposto, quello che oggi la gente chiama Internet, che considero ‘l’Internet dei turisti’”.
Epersemplificareusaunametafora: “Quando noi navighiamo partendo da un comune motore di ricerca è come se viaggiassimo in gite organizzate,visitandosoloparchiatema; puoi convincerti che esistono davvero le fatine delle fiabe e che i cattivi perdano sempre. Poi c’è il mondo reale, quello vero, che è molto più complesso”. E sottolinea: “In Internet, quella di Google e Facebook si vede un panorama immaginario, anzi falsificato. Come nella realtà esistono luoghi malfamati: perché, invece, qualcuno vuol convincerci che in Internet ci siano solo paesi dei balocchi e poi invoca leggi e controlli quando si accorge che in rete ci sono sia i buoni che i cattivi?”. Per questo l’avere a disposizione uno strumento come Tor deve far riflettere. Ma da angolazioni diverse, perché reti e contenuti vanno giudicati separatamente. Prendiamo il caso della Cina, dove il regime ha imposto il Great Firewall of China, il filtro che blocca siti celebri come Facebook, Twitter e Youtube. Molti forum sono censurati, le discussioni sui problemi politici vengono impedite e molte persone che hanno postatooinviatoemailsuquestioni politiche sono state arrestate e condannate a diversi anni di prigione.
La voce
degli attivisti
Un utente anonimo cinese sul blogufficialediTorspiegache lo usa “perché è sicuro e mi permette di proteggere il mio anonimato, quindi non ho paura di essere arrestato per aver parlato di questioni politiche”. Un altro scrive: “Come attivista per i diritti dei transgendersonospessocontattato da transessuali da tutto il mondo, in particolare dal medio oriente e dal Sud Asia. Suggerisco spesso ai miei contatti di proteggersi usando Tor”. Uno svedese, invece: “Pur vivendo in un paese scandinavo uso Tor per pubblicare il mio blog. Le mie opinioni non sono molto apprezzate tra i miei colleghi e potrei facilmente perdere il lavoro. La libertà di espressione non è garantita neanche in una democrazia. È qualcosa su cui lavorare ogni giorno. Tor ci aiuta a far sì che possiamo esprimerci senza paura”.
Ecco,dunque,cheemergeanche il lato positivo delle “reti nascoste”: quello di potersi fare garanti della completa libertà d’espressione. Cosa che, in questi tempi in cui di privacy non si è mai parlato così tanto e non la si è mai rispettata così poco, e in un paese che s’affretta a varare leggi che minano la libertà d’espressione e d’informazione, si ignora completamente.