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 2012  luglio 14 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. BERLUSCONI TORNA IN CAMPO


REPUBBLICA.IT - L’ASSEMBLEA DEL PD
ROMA - Prima i diritti civili. Poi le primarie. Ecco le "beghe" che fanno arrabbiare Bersani. Ma la tensione è indubbiamente salita su temi per i quali nel Pd si naviga a vista. Nonostante le rassicurazioni di Pierluigi Bersani e dei vertici del Pd. Sulle primarie il segretario ripete: "Dalla direzione è venuto un criterio di apertura, che suggerisce di privilegiare l’allargamento della partecipazione piuttosto che l’allestimento di barriere". Un criterio di cui "sono personalmente molto convinto" che corrisponde "all’idea di investire, anche rischiando qualcosa, sul rapporto fra politica e società". E sui diritti civili è bagarre. Con ordini del giorno presentati, poi ritirati, poi integrati nella relazione del segretario. Un pasticciaccio. E Rosi Bindi prende tempo: "Ci sarà una direzione nazionale ad hoc". Una rassicurazione che non evita polemiche con tessere strappate e interventi al vetriolo 1.
Renzi contrattacca. Ma la linea scelta dal leader viene messa a più riprese in discussione. Tra i più critici Matteo Renzi. "I giovani del Pd - avverte il sindaco di Firenze - non faranno come Alfano". "E’ stato desolante - dice - vedere tanti giovani del Pdl che si sono immediatamente rimessi in ordine appena Berlusconi ha detto ’scendo in campo io’. Noi faremo l’opposto". Poi attacca frontalmente il segretario: "Rinviando il discorso sulle primarie tutto a settembre, Bersani pensa di metterci in saccoccia. Si sbaglia di brutto peché noi in questo mese ci organizziamo, ci organizziamo sul territorio e a settembre siamo pronti".
Proteste in platea. Ma a creare tensioni ancora più forti è la reazione dell’altro "rottamatore" Filippo Civati. L’esponente lombardo presenta infatti tre ordini del giorno sulle regole per le primarie, le primarie per il parlamentari e il limite dei tre mandati, che la presidenza decide di non mettere ai voti in quanto "la relazione di Bersani delinea un percorso ben definito che si occupa anche delle primarie per la premiership. L’odg delinea un percorso un po’ diverso e quindi è precluso". Annuncio che viene accolto dalle proteste della sala, dalla quale si alza il grido "voto, voto, voto". Reazioni che indispettiscono il segretario.
Scontro sui diritti civili. Ma tempi e regole delle primarie non sono l’unico tema che agita l’assemblea democratica. Il documento messo a punto dal Comitato per i diritti che affronta i temi dei diritti delle coppie omosessuali e la bioetica passa, ma colleziona 38 no. Escluso invece l’ordine del giorno presentato da Anna Paola Concia che prevedeva l’equiparazione del matrimonio gay al matrimonio civile. A sorpresa, prima del voto sul testo ufficiale è salito sul palco Enrico Fusco, delegato della Puglia, e non ha risparmiato critiche: "E’ un documento arcaico, irrispettoso, offensivo per la dignità delle persone. Non è un passo in avanti ma un passo indietro enorme. Anche Fini è più avanti di noi", lamenta. A risolvere lo scontro, con da un lato Rosy Bindi e dall’altro Paola Concia, alla fine sarà la mediazione della sinistra del partito, che integra il documento con il riconoscimento della "pari dignità legale e sociale" ai gay.
La versione di Rosy. Poi, a lavori conclusi, Rosy Bindi ha spiegato così i momenti di tensione: "Ci sono procedure in tutte le assemblee direttive che devono essere rispettate. Sui diritti civili c’è stata una proposta, frutto di un grande lavoro, e rappresenta un passo in avanti sul tema dei diritti. E sulle primarie, dopo il voto sulla relazione di Bersani, non si poteva mettere in votazione degli ordini del giorno sullo stesso argomento essendosi la presidenza assunta già la responsabilità sullo svolgimento delle primarie". Quanto al documento, non votato, relativo ai matrimoni omosessuali, Bindi aggiunge: "Non si poteva votare quel documento dal momento che con il primo, già votato, avevamo escluso le nozze tra gay perché la Costituzione non le prevede".
La riforma elettorale. Prima che l’assemblea si accendesse su primarie e diritti civili, il discorso introdutttivo di Bersani ha affrontatato la questione della riforma elettorale. "Davanti alle preclusioni della destra - ha affermato il laeder democratico - non ci arrendiamo davanti all’idea di tenerci il porcellum che, lo abbiamo ripetuto mille volte, è una causa principe del discredito della politica". Pier Luigi Bersani, aprendo l’assemblea del Partito democratico, torna sulle difficoltà che stanno caratterizzando il tentativo di riformare la legge elettorale prima della scadenza della legislatura.
I paletti del Pd. "Siamo pronti a ragionare su soluzioni di compromesso ma non a rinunciare a due principi - prosegue il segretario del Pd - i cittadini la sera delle elezioni devono sapere chi è in grado di organizzare e garantire credibilmente la governabilità e quindi chiediamo un credibile premio di governabilità" che deve essere attribuito "a chi arriva primo sia nella forma di una lista singola sia nella forma di liste collegate". Ed il cittadino, sottolinea ancora Bersani, "deve poter decidere sul suo parlamentare".

REPUBBLICA.IT - BERLUSCONI PARLA CON VESPA
ROMA - "Torno in pista per salvare il Pdl. Alle elezioni politiche del 2008 abbiamo preso il 38%. Se alle prossime dovessimo scendere per assurdo all’8%, che senso avrebbero avuto 18 anni di impegno politico?". Così Silvio Berlusconi, in un colloquio con Bruno Vespa, di cui oggi il giornalista riporta alcuni stralci in un articolo su ’Quotidiano Nazionale’, chiarisce i motivi del suo ritorno in campo.
"Avrei voluto dare l’annuncio più in là, magari all’inizio dell’autunno. Ma qui non si riesce a tenere niente di riservato", dice Berlusconi, che commenta anche l’innalzamento dello spread. "Noi subimmo una violentissima campagna sugli spread - ricorda - eppure io ho sempre saputo che essi sono frutto di speculazione e non hanno niente a che vedere con i fondamentali di un Paese".
All’intervista, realizzata per il nuovo libro di Vespa, era presente anche il segretario del Pdl Angelino Alfano, che in merito alla ridiscesa in campo del Cavaliere ha ribadito: "Il candidato è lui. Io resto solo il segretario del partito".
Cicchitto: "Rinnovamento senza smontare Pdl". Che il Cavaliere sia ancora il più forte candidato del Pdl ne è convinto anche Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, che in un intervento sul Giornale scrive: "A circa un anno dalla data ’normale’ delle elezioni non si può più tergiversare". Un’altra ipotesi, rileva, "era possibile, qualora la messa in campo di Alfano avesse favorito la formazione di una grande aggregazione di centrodestra fra il Pdl e l’Udc". Tuttavia "Casini, che avrebbe potuto svolgere un ruolo strategico contribuendo alla formazione di un grande partito moderato- riformista di centrodestra, ha invece preferito svolgere un ruolo tattico".
E in merito al rilancio del partito, Cicchitto sostiene che non è possibile "smontare il Pdl e tornare alla Forza Italia del 1994, anche perché sarebbe un’operazione impossibile. Del Pdl si può cambiare il nome e il simbolo ma non può essere smontato nel suo meccanismo associativo di fondo costituito dall’incontro fra l’area politica di Forza Italia, quella derivante da An e quella espressa da formazioni minori. Poi andrà realizzata una giusta combinazione tra rinnovamento e continuita", e "dovranno essere decisivi da un lato le eventuali capacità tecniche, dall’altro il radicamento sul territorio dei soggetti protagonisti".
Stracquadanio: "Lascio Pdl, non esiste più". Di opinione opposta a quella del capogruppo della Camera è il deputato Pdl Giorgio Stracquadanio che vede ormai prossimo il tramonto dell’ex premier e per questo ha deciso di lasciare il partito: "Lascio il Pdl. Non è un annuncio e non è una minaccia, è una decisione", si legge in un articolo del Corriere della sera nel quale si annuncia anche la volontà di Stracquadanio di iscriversi, da lunedì, al gruppo misto della Camera.
"Berlusconi - sostiene Stracquadanio - è al tramonto e la sua ricandidatura è la conferma che il Pdl non esiste. Mi sarei aspettato che il cavaliere usasse la sua forza per dar vita a un progetto liberale, invece tutto resta in continuità con gli errori del passato. Avremmo dovuto spiegare al Paese come abbiamo tradito quel mondo dei produttori che voleva meno stato, meno spesa pubblica e più mercato. Invece abbiamo pensato di cavarcela scaricando tutto su Tremonti". Quanto ad Angelino Alfano, per Stracquadanio è "un bravo ragazzo, ma come avrebbe detto il Berlusconi di un tempo è uno che vive di politica, non per la politica. La sua biografia era il prodromo della sconfitta", dice.
Le reazioni. "Nei prossimi mesi dovremo risvegliare in Italia una ragionevole fiducia. Mettendoci all’attacco. Quale risparmiatore dovrebbe aver fiducia nell’Italia davanti a liste di fantasia, partiti per procura, leadership invisibili e senza controllo o agghiaccianti ritorni?". Così Pier Luigi Bersani ha criticato, all’assemblea del Pd, il ritorno di Berlusconi e ha aggiunto: "Se gli italiani dovessero scegliere soluzioni avventuose e disperate perché gli europei dovrebbero darci fiducia?". "È chiaro che la ridiscesa in campo di Berlusconi non farà certo bene all’Italia", ma "ora nessuno ha più alibi, siamo tutti in campo aperto. Chi sceglie il Pdl o come si chiamerà, sceglie Berlusconi", mentre "il nostro compito sarà aggregare il centro", dice il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, in un’intervista al Messaggero, e spiega che "il giorno dopo le elezioni l’Italia non è governabile senza una convergenza tra le grandi forze politiche". E se il Pdl non ci starà, "significa che si autoesclude". Casini dice di essere "contento" di vedere Berlusconi "in forma, vitale come sempre", ma - osserva - "per la terza volta ha scelto di confermare che il suo può essere nient’altro che un partito carismatico, populista, personale". Si limita a dire solo "Sì, va bene" il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, oggi a Bondeno nel ferrarese.

DAL CORRIERE DI GIOVEDì - INTERVISTA ALLA GHISLERI
ROMA — Un «ritorno al futuro» per Forza Italia, con Berlusconi in campo come candidato premier, perché «è l’unico che riesce a evitare la frantumazione del partito e può riportare a una nuova Forza Italia gli elettori indecisi del centrodestra che sono in diaspora, addirittura verso Grillo».
È quanto emerge da una ricerca (circa tremila pagine), messa insieme da Euromedia Research, diretta da Alessandra Ghisleri, portata avanti da febbraio con cadenza settimanale, e che è alla base della decisione — anticipata ieri dal Corriere — di Silvio Berlusconi di ripresentarsi alle prossime politiche.
Ghisleri, ci spieghi i risultati che emergono dalla ricerca...
«Quello più significativo è condensato in una tabella in cui sono riportate le tre ipotesi su quanto "vale" il Pdl oggi e quanto può valere domani. Si tratta, va chiarito, non di voti, ma di bacini di utenza, di scenari possibili».
Quali?
«Il primo è quello di un Pdl con Angelino Alfano leader del partito e Berlusconi fuori dalla politica. Ebbene: in questo caso il partito si attesta, in totale, su un 8-12 per cento. Non perché la candidatura di Alfano sia debole, ma perché innescherebbe moti personalistici e il partito si frantumerebbe: lo scenario più pessimista avverrebbe nel caso di una legge elettorale proporzionale con un’alta soglia di sbarramento».
La seconda?
«Con Alfano candidato premier e Berlusconi presidente del partito: così le percentuali quasi raddoppiano. La forchetta oscilla tra il 17 e il 21 per cento».
Ma la vera novità emerge però nella terza ipotesi?
«Sì, il ticket Berlusconi-Alfano, in campo con un progetto che richiami le origini di Forza Italia: qui il bacino di utenza è più del 28%».
Poco meno di un cittadino su tre, tra quelli che andranno alle urne, voterebbe ancora l’ex premier?
«Ciò vuol dire che Forza Italia segna un ritorno al futuro: c’è entusiasmo».
Come avete elaborato i dati?
«Più scenari in relazione a varie legge elettorali possibili, e alla presenza di altri partiti del centrodestra».
A chi si riferisce?
«Agli ex An, ai possibili gruppi di Santanchè, Stracquadanio, Brambilla, e ai formattatori di Cattaneo. Berlusconi è l’unico che può evitare la diaspora del partito e anzi riportare al Pdl gli indecisi».
Lei è proprio sicura dei suoi dati?
«Per dirla alla romana, non do "sòle" (cioè inganni, imbrogli o truffe, ndr)».
M. Antonietta Calabrò
@maria_mcalabro

DAL CORRIERE DI GIOVEDì - CRONACA
ROMA — «Mi dicono che tutto il mondo imprenditoriale vuole il mio ritorno», dice Silvio Berlusconi. «Ed entro l’estate cambierò il nome del partito», aggiunge a conclusione di una giornata scandita dal suo ritorno in campo. Come candidato premier. La conferma all’anticipazione del Corriere della Sera era arrivata già da ore. A mezzogiorno. Quando Angelino Alfano si schiera dalla parte del Cavaliere. «C’è un gran movimento di sostegno alla ricandidatura del presidente Berlusconi». E «credo che alla fine lui deciderà di scendere in campo».
Qualcuno nel partito vorrebbe una reazione immediata del segretario. Altri, tra cui Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa — presenti due settimane fa insieme a lui a quella cena chez Maurizio Lupi che a Berlusconi non era piaciuta affatto — stanno ragionando sulla strategia da adottare. A un anno e dieci giorni da quel primo luglio del 2011, in cui il «delfino» aveva raccolto il testimone dal «padre nobile», Alfano prosegue il suo lavoro di segretario del partito. E rispetto al ticket adombrato dall’ex premier, Daniela Santanché, che precisa di non voler «puntare a nulla», lancia immediatamente l’idea di «un vice donna» che affianchi Berlusconi. «Il nostro candidato migliore».
Il resto del progetto di questi mesi appare superato. A cominciare dalle primarie. Non fosse altro perché Berlusconi, col suo ritorno in campo, di fatto cancella con un tratto di penna la consultazione tra i militanti del Pdl: come Alfano aveva fatto capire più volte, non avrebbe alcun senso con Berlusconi ancora in pista.
Dopo le prime dichiarazioni rilasciate a mezzogiorno a margine dell’assemblea dell’Abi, il segretario avverte anche chi lo segue su Twitter. Il messaggio in centoquaranta caratteri è ancora più esplicito: «Tanti chiedono al Presidente Berlusconi di candidarsi. Io sono in testa a questi. Se deciderà di farlo sarò e saremo al suo fianco». I suoi fedelissimi, gli stessi che avevano puntato su di lui per archiviare la stagione del berlusconismo, recitano lo stesso mantra. «Il miglior commento l’ha fatto Angelino», scandisce il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Che aggiunge: «Se il presidente avrà davvero voglia di candidarsi, noi non possiamo che stare con lui. E dare battaglia accanto a lui per ricompattare il popolo dei moderati». Identico l’adagio di Mariastella Gelmini: «Berlusconi farà la differenza convincendo i molti elettori indecisi».
Perché sarà pure vero, come rimarca l’ex ministro Anna Maria Bernini, che negli ultimi mesi il Cavaliere non era mica stato «su Marte». Ed è possibile, almeno nei desiderata dei berlusconiani doc, quello che la deputata Michela Biancofiore saluta come il ritorno «a Forza Italia». Ma il piano con cui Berlusconi, confortato dai sondaggi, torna in campo, prevede due mosse che possono anticipare il de profundis di un pezzo significativo della classe dirigente del Pdl. «Facce nuove sì, vecchia politica no», è il ritornello più gettonato nella war room dell’ex presidente del Consiglio. Chi avverte il rischio di diventare una «vittima» del repulisti del Cavaliere preferisce una posizione attendista. Cicchitto, La Russa e il blocco degli ex An, per tutta la giornata di ieri, scelgono di tenersi alla larga dalla prima fila. Come fa Mara Carfagna, con cui l’ex premier non ha ormai più contatti. Altero Matteoli, altro esponente del Pdl finito da tempo nella black list di Palazzo Grazioli, sceglie invece il basso profilo. Berlusconi torna in campo? «Per noi non è una grande sorpresa».
Ma questa è solo la prima metà del piano del Cavaliere. Che si candida pensando a come mantenere aperto ogni spiraglio che possa portare a una Grande coalizione nel 2013. E che torna alla testa del centrodestra, come ha spiegato nelle ultime ore ai suoi, «anche per blindare Mario Monti dai falchi del nostro partito, che spingevano per andare al voto anticipato con l’obiettivo di poter mettere mano alle liste elettorali».
In fondo, questo è l’unico punto di convergenza con Pier Ferdinando Casini. Che adesso, nel momento in cui «Silvio» ritorna leader, è pronto a chiudere ogni porta all’ipotesi di dar vita a un Ppe italiano insieme al Pdl. «C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria. Anzi, di antico», mette a verbale il leader centrista commentando il ritorno sulla scena del Cavaliere. «Tutto previsto», aggiunge il deputato-spin doctor dell’Udc Roberto Rao.
Mentre lui, Berlusconi, chiude la giornata con l’ennesima accelerazione. «Da oggi tratto io su tutto. A cominciare dalla legge elettorale». Una frase che, a molti, suona come un ripensamento sul rilancio delle preferenze. Piacciono alla vecchia nomenklatura. Ma non a «Silvio». Che dopo il tramonto celebra il suo ritorno in campo partecipando a una festa di compleanno in un locale nel centro di Roma. «Come vedete non ho fatto dichiarazioni. Non fatemi parlare...». Poi, però, parla. Degli imprenditori che vorrebbero il suo ritorno. E di quel Pdl da cambiare entro l’estate. A cominciare dal nome.
Tommaso Labate