
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Una volta tanto l’esame del Dna ha rivelato un assassino sicuro, preso dopo vent’anni, e reo confesso da ieri. Manuel Winston Reves, domestico filippino e ora cittadino italiano, è l’uomo che la mattina del 10 luglio 1991, in una villa all’Olgiata (Roma), uccise la contessa Alberica Filo della Torre. Lo ha ammesso lui stesso ieri in carcere. «Ero andato da lei a chiedere di poter lavorare nuovamente presso la villa perché avevo bisogno di soldi. Non ricordo altro. Chiedo scusa al marito e ai figli, e anche a tutti gli italiani. Ogni volta che sentivo parlare della contessa mi prendeva l’angoscia». L’uomo ha battezzato “Alberica” la figlia che gli è nata nel 1995.
• Cominciamo con lo spiegare bene il delitto.
È un caso famoso, passato alla storia col nome di “Delitto dell’Olgiata”. L’Olgiata è un quartiere residenziale a nord di Roma, tutte grandi ville con parco. Qui abitava la contessa Alberica Filo della Torre, nobiltà antica, le cui tracce risalgono al XIV secolo. Con lei il marito, il costruttore Pietro Mattei. È il 10 luglio 1991, le sette del mattino, in casa fervono i preparativi per la festa della sera in cui si celebreranno i dieci anni di matrimonio. Sono presenti: il marito e i due figli, molto piccoli, Manfredi e Domitilla; due domestiche filippine; la baby-sitter inglese Melanie; quattro operai che stanno sistemando l’abitazione per il party della sera. Alle 7.45 una delle due domestiche filippine, di nome Violeta Alpaga, porta la colazione alla signora. Intorno alle 8 il marito lascia la villa per andare in ufficio. Alle 8.30 la contessa scende al piano di sotto e dopo un quarto d’ora rientra in camera sua. Alle 9.15 Violeta e la piccola Domitilla bussano alla porta della mamma. Nessuna risposta. Tra le 10.30 e le 11.00 tornano a bussare, e ancora niente. La domestica chiama la stanza attraverso il telefono interno. Squilli a vuoto. Trova allora una seconda chiave e con quella apre finalmente la porta. La contessa è riversa a terra, le braccia aperte, la testa avvolta in un lenzuolo insanguinato. Ci sono altre macchie di sangue sulla moquette, sul muro e sulla camicia da notte. Comincia il mistero.
• Adesso vediamo come ci sono arrivati. Con vent’anni di ritardo.
Il marito Pietro Mattei ha chiesto che si riaprissero le indagini, applicando le ultimissime tecniche investigative. È stato accontentato. I vari reperti, in vent’anni, erano stati distribuiti nei laboratori di mezza Italia, e gli inquirenti li hanno recuperati tutti e consegnati al Ris di Roma. L’oggetto decisivo è il lenzuolo. C’erano 51 macchie di sangue. Cinquanta erano della vittima. La cinquantunesima, no.
• Era di Winston?
Di Winston al cento per cento. Una chiazzetta di due centimetri, di un rosa pallido. A un primo esame aveva undici loci coincindenti, come si dice in gergo. Per le impronte digitali ce ne vogliono sedici. A un secondo esame, a quanto pare, queste coincidenze erano molte di più. Gli investigatori si sono spinti a dire: «È suo al cento per cento» (una frase che, per esempio, non è stata pronunciata nel caso Busca-Cesaroni). Hanno arrestato l’uomo e, dopo un giorno di carcere, lui ha confessato.
• Come sarebbe andata?
Winston aveva servito in casa della contessa per quattro mesi. Lei poi l’aveva licenziato. Non le piaceva perché beveva. S’era fatto prestare dei soldi (un milione o forse un milione e mezzo) e non li restituiva. Alberica se l’è trovato in camera quando è risalita su. Aveva le chiavi e probabilmente stava rubando: dalla stanza mancavano un anello in oro bianco con un grosso brillante, valore 80 milioni di lire, un girocollo in oro giallo e un paio di orecchini. Lui le è saltato addosso colpendola ripetutamente con uno zoccolo. I due hanno lottato e Winston, dopo aver tentato di soffocarla con un lenzuolo, l’ha uccisa premendole con un dito sulla carotide. Nella colluttazione, il filippino s’è procurato un abrasione al gomito. Da lì è uscita una goccia di sangue, che ha macchiato il lenzuolo. E vent’anni dopo…
• Questo Winston, intanto, che ha fatto? Sempre il domestico in Italia?
Sì, è anche diventato italiano e ha sposato una connazionale, di nome Rowena, a cui aveva sempre giurato di essere innocente. Hanno tre figli. I due hanno servito nelle migliori case di Roma, per un tre anni anche da Luca Cordero di Montezemolo. Quando si presentava, raccontava subito la storia dell’Olgiata e, a quanto pare, nessuno si impressionava. Adesso lui e Rowena lavoravano presso una facoltosa coppia di ex imprenditori che si sono messi a fare gli editori. «È un uomo buono – hanno detto costoro - ci ha aiutati durante alcuni momenti di difficoltà. Gli abbiamo affidato i nostri due figli. Uno di loro oggi ha chiesto di lui, lo accompagnava sempre a scuola. Era l’idolo delle mamme della scuola». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/4/2011]
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