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 2011  aprile 02 Sabato calendario

L’ANTRO DELL’IRCAM, DOVE NASCONO I SUONI DI DOMANI

Fra l’ammirato e il beffardo, perché non si è toscani per niente, definisce l’Ircam, dove sta componendo un concerto per organo, ensemble ed elettronica, «una gabbia di matti». Del resto, ha scritto, come diversi suoi predecessori fiamminghi del 400, una messa sopra la melodia dell’ Homme armé : solo che nella sua quattro percussionisti «suonano» 36 diverse armi da fuoco, fra cui un kalashnikov. Lui si chiama Francesco Filidei, è pisano, trentaseienne, molto simpatico, un po’ eccentrico e fa il compositore. Però non si capisce nulla di quel che dice se non si spiega dove lo dice: all’Ircam, l’Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique, dal 1970, cioè da quando Pierre Boulez riuscì a convincere Georges Pompidou che la grandeur della Francia passava anche dalla contemporanea, il principale posto al mondo dove si cerca la musica di domani (quanto a trovarla, le opinioni sono discordanti).

L’Ircam è un incocio fra l’antro dell’alchimista e una centrale nucleare o, tanto per restare in tema, un rifugio antiatomico: la maggior parte del complesso è sottoterra, più o meno accanto al Centre Pompidou, nel cuore di Parigi. «In Italia non c’è nulla di simile. Anzi, non c’è nulla di simile al mondo», sospira Filidei, classico esempio di fuga dei cervelli («o di fuga dal cervello», come dice lui): da dieci anni vive e lavora a Parigi, dopo la Spagna e la Germania. Per chi vuol scrivere musica contemporanea, l’Ircam è il paradiso: gli studi sono attrezzati con ogni possibile diavoleria tecnologia, ci sono un auditorium modulabile e una camera anecoica, cioè completamente priva di eco e nell’archivio c’è un’impressionante banca dati sonora. Tutti compongono al computer, con programmi di mostruosa complessità: infatti il suo Filidei l’ha battezzato «Pacciani», come il mostro di Firenze. Adesso deve completare il concerto per organo che sarà eseguito il 18 giugno nella vicinissima chiesa di Saint-Eustache per il festival Agorà: «Sono un po’ in ritardo, preoccupato per mia moglie che è giapponese (e compositrice pure lei, ndr ). Ed era a casa quando è successo quel che è successo».

In attesa del prato, Filidei presenta il 14 aprile, al Verdi di Pisa, la sua opera N.N. , per sei voci e sei percussionisti. Su libretto di Stefano Busellato, racconta una storiaccia degli Anni Settanta, vita e morte di Franco Serantini, un anarchico pisano pestato a una manifestazione e morto dopo tre giorni di agonia. Scelta curiosa, ma Filidei è affascinato dagli anni di piombo, «poi Serantini era pisano di origini sarde, come me. E comunque non è un’opera politica, direi piuttosto religiosa». La prima si è svolta nel 2009 a Montecarlo, «senza grande successo, forse non era il pubblico giusto»; in compenso N.N. è stata ripresa a Strasburgo e avrà la prima scenica italiana l’anno prossimo a Roma, all’Auditorium. Filidei alla musica contemporanea ci crede davvero: «Basta farla finita con i dogmatismi. Semplicemente, scrivo la musica che mi piacerebbe ascoltare. E poi bisogna avere fiducia nel pubblico, che capisce molto più di quel che si pensa». Prossimo titolo teatrale, se tutto va bene, un’opera su Giordano Bruno.

Questo compositore hi-tech, peraltro, ha due passioni che non t’aspetti. Una per Puccini: «perché, primo, viveva a pochi chilometri da casa mia e, secondo, c’è poco da fare, noi italiani l’opera l’abbiamo nel sangue». L’altra, secondo una tradizione invece molto francese, per l’organo. Lui suona a Saint-Eustache, dove c’è l’organo più grande di Francia. Quindi se nottetempo passate dalle Halles e sentite Bach echeggiare nell’enorme chiesa gotica che le sovrasta sappiate che non è il fantasma di Rameau, che è sepolto lì. Ma solo un compositore di oggi che omaggia quelli di ieri.