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 2011  aprile 02 Sabato calendario

Dalla parte del Mullah Omar per provocazione antimoderna - Partiamo dalla dedica «a Matteo Miotto», morto in Afghanistan il 21 dicembre 2010

Dalla parte del Mullah Omar per provocazione antimoderna - Partiamo dalla dedica «a Matteo Miotto», morto in Afghanistan il 21 dicembre 2010. Alle parole dell’alpi­no di Vicenza, ucciso in uno scontro a fuoco, Massimo Fini affida il compito di condensa­re lo spirito e il significato del suo nuovo libro, Il Mullah Omar ( Mar­silio, pagg. 172, euro 16, 50). Una biografia del leader talebano, da anni inseguito senza risultati da­gli alleati sul campo di battaglia. L’argomento è spinoso,soprattut­to osservato dalla prospettiva di Fi­ni, secondo il quale la guerra con­tro i Talebani è una intromissione (neocolonialista) negli affari di un popolo che avrebbe il diritto di vi­vere come preferisce, lotte fratrici­de incluse. Torniamo a Miotto e alla sua let­tera aperta sulla questione afgana scritta pochi mesi prima di mori­re: «Questi popoli hanno saputo conservare le proprie radici, dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case,invano. L’essenza del popo­lo afgano è viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ri­tenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste im­mutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie ra­dici, della propria terra e di essa si nutre. Allora capisci che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi». Queste parole sono il cuore del libro. E sorreggono gli interrogati­vi sollevati da Fini. I costumi degli altri popoli meritano rispetto an­che se diversi dai nostri. Non si può costringere il resto del mon­d­o a vivere secondo i canoni occi­dentali. Soprattutto non si può co­stringerlo con la forza, specie se i motivi per cui si bombarda, al net­to di retorica e propaganda, sono opachi. Siamo dunque di fronte a un nuovo tipo di colonialismo a volte mascherato da missione in favore dei diritti umani? Abbiamo dunque cancellato il diritto inter­nazionale prima in Afghanistan, poi in Iraq e magari oggi in Libia con azioni avventate, nonostante il paravento dell’Onu? Certo, le possibili obiezioni so­no molte. Non si può tollerare l’es­i­stenza di governi che coccolano il terrorismo internazionale. Non si può lasciar massacrare i cittadini inermi nel corso di sanguinose guerre civili. Sarebbe meglio non negoziare con regimi che non ri­spettano i diritti umani, ma la re­alpolitik a volte è utile. Bisogna ri­spettare le civiltà altrui, è vero, ma non al punto da mettere sullo stes­so piano dittature e democrazie. Il mercato, e la sua globalizzazione, garantisce sviluppo economico, e quindi libertà e migliori condizio­ni di vita: sono i vantaggi della mo­dernità. Al Giornale la pensiamo così. Fini però tocca un nervo sco­perto, sarebbe sciocco negarlo. Basta ripensare ai dubbiosi com­menti sulla questione libica ospi­tati dai giornali di ogni ispirazione politica.Inoltre l’autore muove da presupposti lontani anni luce dal politicamente corretto;qui la criti­ca dell’Occidente è una critica del­la modernità. Massimo Fini è un eccellente biografo. Il Mullah Omar tiene in­chiodati alla pagina in virtù di un ritratto controcorrente. Omar è un bisonte alto 1 metro e 98 centi­metri. Incute timore. È inflessibile quando si tratta di decidere. Eppu­re è timido, gentile, umile. Non vuole esportare la rivoluzione isla­mica, è interessato solo alle sorti del suo Paese. La presenza di Osa­ma Bin Laden, giunto in Afghani­stan prima dell’avvento dei Tale­bani, è un fastidio che tollera suo malgrado. Non è antiamericano, almeno inizialmente. La sua politi­ca si può riassumere così: spazza­re via il sistema feudale afgano, e con esso i signori della guerra; ri­stabilire la pace e instaurare la sha­ria; inaugurare una sorta di «Me­dioevo arabo » in cui calibrate con­cessioni alla modernità non stra­volgano «la natura di una società regolata sul piano del costume e in particolare del diritto di fami­glia da leggi arcaiche risalenti al VII secolo arabo-musulmano».Fi­ni non nasconde le atrocità del re­gime e la discriminazione contro le donne, però fa notare come il ri­sentimento nutrito dall’Occiden­te verso Omar sia speciale, dettato da un sentimento più profondo ri­spetto allo sbandierato rispetto dei diritti umani. Il Mullah incar­na «l’orrore allo stato puro»,«l’alie­no », «l’altro da sé», «il mostro». Perché?Scrive Fini:«nell’era della modernità trionfante, avanzante e conquistante osava proporre l’Antimodernità, una società del tutto diversa, pauperista, in antite­si concettualmente radicale al mo­dello di sviluppo antioccidenta­le ».