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 2011  aprile 02 Sabato calendario

CLANDESTINO O RIFUGIATO, TUTTE LE DIFFERENZE

Profugo o clandestino? Cie o Cara? Il recente esodo di immigrati sulle coste italiane fa tornare di strettissima attualità vocaboli il cui significato preciso è sconosciuto ai più, ma che ogni giorno si ripetono come cantilena negli uffici immigrazione delle questure di tutta Italia. Qui, infatti, dovrebbe iniziare la procedura per l’identificazione degli extracomunitari che arrivano sul nostro territorio. Condizionale d’obbligo, però, specie alla luce dell’attuale emergenza, con uffici immigrazione improvvisati che, come nel caso di Manduria, sorgono all’interno dei luoghi deputati alla prima “accoglienza” dei migranti. A prescindere da situazioni di caos come quella di queste ore, però, la normativa italiana in materia dovrebbe funzionare comunque. Eccola.

IO MIGRANTE che arrivo in Italia senza documenti devo essere innanzitutto identificato dalla polizia. Dopo foto, rilascio delle impronte e delle mie generalità, arriva il primo scoglio: sono clandestino o richiedente asilo (la parola profugo, infatti, non ha nessuno stato giuridico)? Nel primo caso, se non mi viene concesso un permesso di soggiorno (devo dimostrare di avere un lavoro che mi dà da vivere: difficile se sono appena arrivato), mi viene ratificato un ordine di lasciare l’Italia e allo stesso tempo, il più delle volte, un ordine di trattenimento. Dopo la convalida di quest’ultimo provvedimento da parte del giudice di pace, vengo portato in un Centro identificazione ed espulsione (Cie), dove - male che vada - dovrò rimanere sessanta giorni. Nel frattempo, infatti, la polizia verifica le mie generalità con i consolati del Paese da cui ho detto di provenire. Appena quest’ultimo passaggio va a buon fine, mi fanno uscire dal Cie e mi accompagnano direttamente alla frontiera, altrimenti mi rimandano comunque indietro dopo i sessanta giorni trascorsi nel Cie.

Se dopo l’identificazione, invece, dico di provenire da un paese in guerra o dove sono perseguitato, posso chiedere asilo politico (spesso con l’aiuto di alcuni interpreti madrelingua che mi vengono messi a disposizione). In tal caso, vengo portato in un Centro accoglienza per richiedenti asilo (Cara), dove posso formalizzare l’istanza. Successivamente, sarò interrogato dalla Commissione per i rifugiati, che dovrà valutare la mia posizione. Il tutto al massimo in sei mesi. E poi? Se la mia richiesta è accolta, mi viene rilasciato il permesso di soggiorno come rifugiato, altrimenti “indietro al mittente” perché sono clandestino. Nell’arco della procedura, tuttavia, gli uffici di polizia competenti indagano su ciò che ho dichiarato: se scoprono che ho mentito, divento automaticamente un clandestino e mi cacciano dall’Italia. È quanto accaduto due giorni fa a 63 immigrati egiziani che, arrivati martedì al porto di Monopoli (Ba) su un mercantile battente bandiera georgiana, hanno dichiarato di essere libici per cercare di avere lo status di rifugiato. La polizia ha scoperto l’imbroglio e li ha rimandati a casa nel giro di 48 ore.

UN DATO è lapalissiano: nella procedura appena descritta, il punto fondamentale è costituito dall’identificazione, senza la quale, a norma di legge, non potrei neanche essere espulso dal territorio italiano. Ora: chi identifica le centinaia di immigrati che scappano dalla tendopoli di Manduria? Misteri di uno Stato che non sa gestire l’emergenza.