La Stampa 2/4/2011, 2 aprile 2011
LETTERE
Con l’analisi della realtà Edgar Morin, sociologo francese che ha innestato una rovente polemica con la sua ultima opera («La Via»), teorizza la «probabile catastrofe» dell’umanità.
Alla vigilia del suo arrivo a Torino per i suoi novanta anni risponde così sulla Stampa a Alberto Mattioli: «Non ragiono per certezze, ma per probabilità. La Storia è piena di avvenimenti improbabili». E cita l’incredibile vittoria di Atene contro il possente impero persiano. Seguire il probabile, non la certezza significa mettere in dubbio ciò che appare, la realtà.
E così Morin - involontariamente - ripesca da un passato lontano il pensiero rivoluzionario del filosofo più famoso per non esserlo, Carneade. Nome rimasto nella memoria di ogni studente per il rovello di Don Abbondio che apre l’ottavo capitolo dei Promessi Sposi: «Carneade! Chi era costui?». Interrogativo divenuto proverbiale: un Carneade è appunto un signor nessuno. Ma la logica del possibile che guida Morin lo richiama con forza.
Carneade che ad Atene visse tra il III e il II secolo avanti Cristo lanciò il Probabilismo. Lo fece per confutare le certezze degli Stoici basate sul criterio della ricerca della verità. Criterio per lui impossibile perché il vero è solo il probabile.
Non per questo - disse Carneade che al pari di Socrate non scrisse mai una riga - l’uomo deve rassegnarsi, anzi deve agire per probabilità. Morin ne coglie il senso quando chiama ogni cittadino del pianeta a arginare le derive sociali, politiche e ambientali per evitare la «possibile catastrofe».
Enrico Martinet