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 2011  aprile 02 Sabato calendario

L’EUROCOMMISSARIA GELA LE SPERANZE. SCATTA IL PIANO ALTERNATIVO DEL VIMINALE —

Il messaggio portato da Cecilia Malmström, al di là delle dichiarazioni ufficiali, smorza le speranze dell’Italia. Perché al termine della sua missione in Tunisia il commissario europeo agli Affari Interni parla con il ministro dell’Interno Roberto Maroni e lo esorta a non farsi illusioni sulla possibilità che il governo tunisino accetti il rimpatrio delle migliaia di persone arrivate nel nostro Paese. Un segnale che al Viminale avevano già percepito durante i contatti di queste ultime ore. Una ripresa dei controlli sulle coste nordafricane è possibile. Forse in cambio di molti soldi, mezzi navali e terrestri, apparecchiature radar si accetterà anche la riconsegna di qualche centinaio di persone. Ma nulla di più. E dunque già si pensa al piano alternativo con la soluzione che Maroni aveva sempre osteggiato ma che adesso sembra costretto a dover disporre: permesso di protezione temporanea a tutti i migranti. Le immagini dei tunisini portati a Manduria e scappati nelle campagne, pesano sulla trattativa che il governo ha avviato con le Regioni per l’allestimento delle tendopoli. Perché il timore di cittadini e amministratori locali è proprio quello di trovarsi nelle zone dove vivono gruppi di stranieri fuori controllo. E dunque l’ipotesi che prevale in queste ore è quella di concentrare i nuovi centri nelle aree messe a disposizione dalla Difesa come l’aeroporto militare di Montichiari, in provincia di Brescia dove era già stata prevista la costruzione di un Cie— il centro di identificazione ed espulsione — oppure una caserma di Padova. A Torino il prefetto ha sospeso l’allestimento della tendopoli presso l’Arena Rock, ma i lavori per la creazione del Cie erano già in fase avanzata e al Viminale non escludono di requisire la struttura. Ieri il capo della polizia Antonio Manganelli ha disposto che tutti gli stranieri in fuga fossero riportati nel centro, pur sapendo che ci sono comunque limiti giuridici perché chi manifesta la volontà di chiedere lo status di rifugiato può muoversi liberamente con l’unica limitazione di rientrare entro le 20. E sono stati proprio questi ostacoli, uniti al timore che nei prossimi giorni — quando le condizioni del mare torneranno serene — riprendano gli sbarchi, a convincere sulla necessità di mettere nel conto la possibilità di concedere la protezione umanitaria. Una misura che avrebbe come effetto anche quello di fermare i respingimenti delle autorità francesi al confine di Ventimiglia. Lì dove il prefetto Rodolfo Ronconi, responsabile della Direzione immigrazione, è volato ieri per predisporre il piano di rinforzo dei controlli con oltre 40 poliziotti. La procedura di protezione, che viene avviata con un decreto del presidente del Consiglio «in caso di afflusso massiccio di "sfollati"provenienti da Paesi non appartenenti alla Comunità europea, che non possono rientrare nel Paese d’origine a causa di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità» consente il rilascio del permesso che può essere anche rinnovato. All’interno dell’Unione Europea tutti gli Stati sono obbligati a riconoscerlo e non possono effettuare il respingimento prima dei tre mesi. Un periodo — questo è il ragionamento che si fa in queste ore al ministero dell’Interno — che darebbe respiro all’Italia concedendo tempi più lunghi per l’allestimento dei centri e agevolando chi vuole recarsi oltreconfine. Maroni ne ha parlato con il capo dello Stato Giorgio Napolitano durante l’incontro di ieri al Quirinale dove è salito per aggiornarlo della situazione, ma anche per chiedere un suo autorevole intervento nei confronti dell’Unione Europea. Una sorta di moral suasion che convinca i vertici europei a fornire aiuto e assistenza all’Italia nella gestione degli arrivi. Contatti ci sono stati anche con il Vaticano, soprattutto dopo le dichiarazioni pubbliche del segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, che ha parlato di «2.500 posti messi a disposizione nelle strutture della Caritas come un segno per dire che l’accoglienza è un nostro impegno innanzitutto per ragioni strettamente ecclesiali e per rispondere all’appello di persone che sono nel bisogno» . Ma non è escluso che la Santa Sede offra anche una struttura in Tunisia che possa accogliere chi accetta di tornare nel proprio Paese e pure di questo si discute in queste ore alla ricerca di una soluzione che possa far uscire l’Italia dall’emergenza.
Fiorenza Sarzanini