Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 2/4/2011, 2 aprile 2011
ANCHE I PIROMALLI NELLA RETE DEI MADOFF ROMANI
Anche i Piromalli erano finiti nella rete del Madoff de noantri. Il consulente finanziario Gianfranco Lande aveva ricevuto 14 milioni di euro da intermediari che avevano contattato questo sorprendente finanziere 48enne senza fornire troppi particolari sui loro clienti. Intorno al 2006 un broker e un commercialista di Forlì si erano presentati da Lande sostenendo di avere clienti facoltosi interessati a investire nei fondi che promettevano a politici, calciatori e vip rendimenti a due cifre. Dietro i forlivesi però c’era qualcuno poco disposto a subire una truffa senza colpo ferire. Ben prima che arrivassero ad arrestarlo i finanzieri del nucleo valutario guidati dal generale Leandro Cuzzocrea, ad impensierire Lande erano stati i calabresi amici dei forlivesi.
Il pubblico ministero Luca Tescaroli, dopo avere chiesto e ottenuto l’arresto di Gianfranco Lande e dei suoi complici Roberto Torregiani e Gian Piero Castellacci de Villanova, insieme a Raffaella e Andrea Raspi, sta cercando di chiarire anche questo giallo. Dai primi accertamenti sembra che su 14 milioni di euro consegnati a partire dal 2006 dagli intermediari forlivesi al gruppo di Lande, solo 6 milioni sarebbero stati restituiti.
I calabresi, secondo la denuncia presentata nell’estate scorsa dallo stesso Lande, cominciarono a chiedere (con insistenza e minacce ai familiari) di riavere i loro soldi indietro. Quando la situazione divenne insostenibile, Gianfranco Lande fu salvato dai Carabinieri. Il nucleo radiomobile di Roma arrestò Paolo Piromalli, 39 anni, e Giuseppe Piromalli, 35 anni, scarcerati il giorno successivo. L’inchiesta del pm Giuseppe Corasaniti sembrava allora una delle tante indagini su un’estorsione dei soliti calabresi ormai radicati nel tessuto economico della Capitale. Ora quelle carte sono studiate attentamente dal pm Tescaroli. Nonostante da un primo accertamento non sembra che i due giovani Piromalli siano legati da una parentela con i boss di primo livello dell’omonimo clan della Piana di Gioia Tauro, si cerca di capire da dove provenissero quei capitali così ingenti e in cerca di autore.
A parte questo caso anomalo, nel quale la Procura sta cercando di mettere a fuoco il ruolo dei Piromalli e dei forlivesi, gli investigatori sono concentrati sui truffatori e non sui truffati, all’opposto della stampa. In questi giorni impazzano sui giornali gli gli elenchi aggiornati con gli ultimi nomi accostati l’uno all’altro, dall’attrice Samantha De Grenet al politico Paolo Guzzanti senza che nessuno si curi di annotare le differenze di comportamento tra loro. Per esempio Sabina Guzzanti è finita nel calderone mediatico anche se, precisano gli investigatori, non ha mai fatto lo scudo fiscale e ha sempre dichiarato fino all’ultimo euro i suoi ricavi, in parte truffati, a differenza di gran parte dei clienti di Lande, compreso papà Guzzanti.
La Procura punta ora sulle rogatorie per ricostruire il tesoro portato all’estero da Lande e soci. I beni rimasti nella rete della Guardia di Finanza sono solo la punta dell’iceberg. Ci sono la casa romana e la villetta all’Argentario di Roberto Torregiani, le auto di lusso come Audi Q5, Porsche Boxster, Mercedes ML, ma i conti correnti erano quasi a secco. Ben 733 clienti di Lande e soci avevano fatto lo scudo fiscale facendo rientrare 230 milioni di euro. Una montagna di soldi che gli investigatori ora stanno inseguendo, con un sospetto.
Le dichiarazioni dello scudo fiscale sono gli unici pezzi di carta che testimoniano l’esistenza delle ricchezze dei clienti di Lande. Era stato Lande in fondo a chiedere ai suoi clienti di fare lo scudo fiscale. Nessuno può escludere che i truffati abbiano pagato per “scudare” dalle grinfie dello Stato una ricchezza che avrebbero fatto meglio a scudare rispetto ai truffatori.