
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Draghi e la Yellen contro Trump

L’economia del mondo, dicono tutti quelli che se ne intendono, va alla grande. Lo aveva già fatto sapere l’Ocse qualche giorno fa, lo ha ribadito Mario Draghi ieri al meeting di banchieri centrali, ministri delle finanze, accademici ed economisti riuniti a Jackson Hole, nello Wyoming. L’Ocse monitora le 45 economie più importanti del mondo e per la prima volta ha constatato che nel 2017 avanzano tutte. Persino la Grecia dovrebbe chiudere l’anno con un +1%. Draghi ha confermato. I sottintesi di questo dato sono almeno due: primo,poiché la ripresa è generalizzata ed è in atto, forse vi sarà anche una ripresa dell’inflazione, che la Banca Centrale Europea deve tenere in prossimità del 2%, obiettivo finora mancato; secondo, poiché la ripresa è generalizzata ed è in atto, Draghi dovrà forse rallentare sul serio l’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi europei, con conseguenze per alcuni di loro (tipo l’Italia) non semplici da valutare.
• Siamo nei 45 paesi europei che vanno bene? Possibile?
L’Istat ha appena detto che, facendo i conti tra il secondo trimestre del 2016 e il secondo trimestre del 2017, l’Italia segnerebbe una crescita del Pil pari all’1,5%. Il dato ha fatto esultare Renzi: «Il tempo è galantuomo, basta saper aspettare». E però la maggior parte degli altri paesi europei mostrano uno sviluppo più forte, quindi il problema del perché l’Italia non riesca a fare tutto quello che potrebbe, specialmente con un boom delle esportazioni cresciute dell’8%, resta.
• Perché?
Non è una risposta difficile, e in un certo senso la diamo tutti i giorni. Un debito pubblico enorme, una burocrazia soffocante, una classe politica generalmente scadente che si muove in un sistema sempre più avvitato su se stesso e incapace di decidere, banche piene di problemi e che fanno circolare poco credito. Potrei andare avanti, ma questo piccolo elenco basta. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha detto ieri a Repubblica che la nostra ripresa è «congiunturale» e non «strutturale». Significa che stiamo navigando grazie a un vento generale favorevole (la ripresa di tutti gli altri aiuta), ma non siamo attrezzati per navigare bene col tempo incerto o cattivo. Secondo Tremonti è congiunturale anche la ripresa mondiale, figuriamoci. Lui si aspetta il ciclone dal lato delle monete virtuali e della loro invasione del mercato. Parlo dei bitcoin, e simili. Prima o poi ne parleremo.
• Che altro ha detto Draghi?
Neanche una parola sulla politica monetaria, cioè sul rallentamento del quantitative easing, che adesso procede a colpi di 60 miliardi al mese. Ha invece ammonito dalla tentazione protezionista.
• Guardi che è arabo.
Significa questo: tu, per difendere le imprese di casa tua dalla concorrenza estera, metti i dazi sui prodotti stranieri. Oppure penalizzi, in qualche modo, le imprese del tuo Stato che vanno a fabbricare all’estero, colpendo i loro prodotti con una tassa quando rientrano. Si chiama, appunto, “protezionismo” e sul concetto di “protezionismo” Trump ha impostato tutta la sua campagna elettorale e le sue prime mosse di politica economica («sono il presidente degli Stati Uniti, e non del mondo»). Così la Mazda-Toyota s’è rassegnata a tirar su uno stabilimento in America (1,6 miliardi di investimento, 4.000 posti di lavoro) e la Apple ha convinto la sua subfornitrice Foxconn e costruirne un altro in Wisconsin (13 mila assunti in parecchi anni, tremila subito, investimento di dieci miliardi, con tre miliardi di contributi pubblici). Draghi è parecchio dubbioso sul principio di fondo, cioè la chiusura protezionistica, la resistenza alla globalizzazione. «In un mondo che diventa sempre più vecchio è necessario far aumentare la crescita della produttività, e per le economie più avanzate, che sono vicine alla frontiera tecnologica, questo dipende in modo cruciale dall’apertura al commercio e alla finanza».
• Non che sia chiarissimo.
Credo che il governatore annunci un mondo occidentale che lavorerà sempre meno, sia per la questione demografica (l’Occidente è sempre più abitato da vecchi, i giovani sono sempre di meno) sia perché la robotica sottrarrà posti di lavoro senza crearne di nuovi, a differenza di quanto è successo in passato con le innovazioni tecnologiche. Se le cose stanno così, chi comprerà le merci prodotte da questa parte del mondo? Ecco perché i mercati aperti e non protetti sembrerebbero, a oggi, indispensabili. Anche la Yellen, governatore della Federal Reserve (la banca centrale americana), ha criticato Trump, specialmente perché il presidente vuole allentare le regole con le quali si è reagito alla crisi dei subprime e che limitano la possibilità per le banche di speculare (si tratta del Dodd-Frank Act). «Il sistema finanziario è sostanzialmente più sicuro» ha detto la governatrice. «La capacità delle grandi banche di assorbire le perdite è maggiore. Gli stress test annuali hanno portato a un miglioramento delle posizioni di capitale e dei processi di gestione del rischio. Sostanziali progressi sono stati compiuti verso gli obiettivi della Fed della massima occupazione e della stabilità dei prezzi. Il sistema finanziario è più resistente e meglio preparato ad assorbire, invece che amplificare, shock avversi. Anzi, resta ancora del lavoro da fare». Sono cose su cui Draghi, nel suo intervento, s’è detto d’accordo.
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