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 2017  agosto 26 Sabato calendario

In fuga l’ex premier della Thailandia

Prima donna premier in Thailandia, rimossa con un golpe, accusata di malgoverno e messa a processo, Yingluck Shinawatra è fuggita all’estero per evitare una condanna severa. Proprio come fece il fratello, Thaksin, 11 anni fa: anche lui rovesciato dai militari quando era a capo del Governo, anche lui accusato di corruzione e anche lui in fuga, per sottrarsi al carcere. Prima a Londra e poi a Dubai, da dove, però non ha mai smesso di influenzare la politica thailandese, attraverso il suo partito (Puea Thai Party) e sua sorella.
Yingluck Shinawatra (50 anni) era attesa ieri mattina dai giudici della Corte suprema per ascoltare il verdetto sul suo processo. Non si è presentata in aula e ora è inseguita da un mandato di arresto. Secondo diversi media thailandesi sarebbe scappata in Cambogia, da dove si sarebbe diretta a Singapore o Dubai.
Eletta nel 2011 e rimossa nel 2014, dopo mesi di disordini e proteste, Yingluck rischiava fino a 10 anni di prigione per l’accusa di negligenza nella gestione del massiccio piano di sussidi ai produttori di riso, introdotto nei suoi tre anni di Governo. Un piano da 26 miliardi di dollari, che prevedeva l’acquisto di riso a prezzo maggiorato (fino al 50% sopra le quotazioni di mercato) da quegli agricoltori che hanno sempre costituito la base elettorale degli Shinawatra. Le ingenti scorte così accumulate sono poi rimaste bloccate nei silos di Stato per il crollo internazionale dei prezzi e infine vendute ad aziende cinesi (almeno quelle non andate a male). Con una perdita per le casse dello Stato stimata in 8 miliardi di dollari. Oltre alla negligenza, l’accusa ipotizzava speculazioni e corruzione che avrebbero assicurato ingenti guadagni ai suoi protagonisti.
Yingluck, bandita dalla vita politica nel 2015, si è sempre dichiarata non colpevole, accettando solo la responsabilità politica di aver varato il piano dei sussidi, ma di non averlo gestito personalmente. La Corte suprema ha rimandato al 27 settembre il verdetto sull’ex premier. Ha invece condannato il suo ministro del commercio, Boonsong Teriyapirom, a 42 anni di prigione per corruzione. Il vice di Teriyapirom, Poom Sarapol, è stato condannato a 36 anni.
Ad aspettare Yingluck davanti alla sede della Corte Suprema c’erano centinaia di manifestanti fedeli all’ex premier, “armati” di rose, foto della Shinawatra e guanti bianchi con le scritte «love» e «freedom» in rosso. Erano sorvegliati da 4mila agenti delle forze dell’ordine.
I partiti politici creati, ispirati e guidati dal tycoon dei media Thaksin e poi da Yingluck, hanno dominato e spaccato la scena politica thailandese per oltre 15 anni, vincendo tutte le elezioni che si sono svolte nel Paese dal 2001 in poi. Si sono però anche attirati la sorda ostilità degli oppositori, espressione dell’establishment militare-monarchico della capitale. Nel 2006 toccò a Thaksin essere rovesciato da un golpe. Fuggì all’estero nel 2008. Nel 2010, al culmine degli scontri tra le «camicie rosse» pro-Thaksin e le «camicie gialle» anti-Thaksin, l’esercito scatenò una repressione che provocò 92 vittime.
L’attuale primo ministro, Prayuth Chan-ocha, l’ex generale che ha guidato il colpo di Stato di tre anni fa (il 12° dal 1932, senza contare altri 7 tentativi falliti), ha promesso nuove elezioni nel 2018. Che si terranno tuttavia nella nuova cornice istituzionale delineata dalla stessa giunta, con la Costituzione varata all’inizio del 2017.