Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
In mezzo a un subisso di critiche, la catasta di idee per la crescita accumulate l’altra sera in una riunione di nove ore dal governo ha suscitato anche una qualche timida approvazione: si tratta del comparto dedicato alla scuola, dove si emaneranno quattro decreti per mettere a posto un po’ di personale precario, far entrare nel sistema – e già in ruolo - qualche migliaio di giovani e dare il via al sistema di valutazione di cui si parla da una decina d’anni senza che si sia ancora venuti a capo di nulla. Anche qui veramente c’è qualche lamento: Mimmo Pantaleo della Cgil-scuola protesta per «lo zero confronto e lo zero risorse», cioè tutto quello che ci si ripromette di fare in tema di valutazione e autovalutazione del lavoro che ogni singola scuola svolge non ha un corrispettivo economico. E non c’è stato il confronto con i sindacati, cosa che lamenta altissimamente anche Bonanni, relativamente a tutto quello che è uscito fuori dal consiglio dei ministri. Bonanni vuole «un patto», in modo da dimostrare al mondo di contare ancora qualcosa. Spera di essere convocato dal governo il 5 settembre con imprese e banche per discutere di economia.
• Stiamo ai provvedimenti per la scuola, per favore.
Bene, come ho detto, il mega-consiglio dei ministri di venerdì sera ha partorito un gigantesco manuale di cose che sarebbe bello fare, e quattro soli provvedimenti concreti (a parte il rinvio al 30 novembre delle tasse per i terremotati: ma non è piaciuto neanche quello) tutti riguardanti la scuola. Glieli descrivo. Primo provvedimento: verranno reclutati 11.892 insegnanti - «nuovi di zecca» per dir così, cioè giovani - da destinare alle scuole di ogni ordine e grado. Il relativo bando di concorso verrà pubblicato il 24 settembre. Gara per titoli ed esami su base regionale. Preselezione nazionale a ottobre con una batteria di test uguale per tutti (sperando che con i test non ci siano altri pasticci), gli ammessi affronteranno a gennaio una prova scritta e in una data da stabilirsi una prova orale. Il ministero, curiosamente, precisa che la prova scritta dovrà verificare «anche le competenze disciplinari», cioè se uno sa o no la materia che verrà chiamato ad insegnare. Credevo che un concorso di questo tipo dovesse selezionare «soprattutto» le competenze disciplinari. Si chiederà ai futuri prof di simulare una lezione per verificarne l’abilità didattica. Sarà però bene ricordare, a questo proposito, che nessuno insegna ai futuri insegnanti come si insegna. Ci sarà un altro bando a maggio 2013 e in generale si pensa di fare un concorso ogni due anni. È un impegno notevole: l’ultimo concorso per selezionare personale docente non universitario risale a tredici anni fa.
• Secondo provvedimento.
Saranno sistemati 9.220 insegnanti precari, gente che ha in genere superato i cinquant’anni, insegnando e senza mai essere stata messa a posto. Qui si fa solo – e finalmente – un po’ di giustizia. Sia i vincitori del concorso di cui sopra sia questi ex precari diventeranno di ruolo a partire dall’anno scolastico 2013-2014. I sindacati avrebbero voluto una quota maggiore di «sistemazioni» di ex precari a discapito magari dei giovani vincitori di concorso. Il punto è che l’età media dei docenti – superata solo da quella dei giornalisti assunti nei giornali – sta intorno ai 55 anni. Come si fa a far vivere un sistema moderno senza una quota di personale giovane?
• Sensato. Assumono però anche dirigenti e personale, mi pare.
Sì, 60 docenti di Accademie e Conservatori, 280 impiegati del settore tecnico-amministrativo, 134 prèsidi trattenuti in servizio, 1.213 nuovi dirigenti scolastici. Sono briciole se confrontati con i numeri imponenti della popolazione scolastica: più di 600 mila insegnanti, 9.150 istituti scolastici (per circa 40 mila plessi), 7 milioni e 300 mila studenti (dai 5 ai 18 anni), circa 200 mila amministrativi, compresi i bidelli. Come si capisce da questi numeri, un formidabile serbaio di voti.
• Che c’entra?
C’entra per capire il marchingegno piuttosto mostruoso che va sotto il nome di “valutazione”. Si tratta di una faccenda che sarà affidata a tre soggetti, l’Invalsi, l’Indire e gli ispettori destinati a girare scuola per scuola. Il lavoro dei tre sarà preceduto da un’autovalutazione che ciascuna scuola farà di se stessa. Questo in linea generale: per una descrizione dei dettagli (il diavolo si nasconde nei dettagli) bisognerà che il Ministero abbia finito di consultare il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, la Conferenza unificata, il Consiglio di Stato, le Commissioni parlamentari. Lei capisce che il semplice racconto di questa sequenza mi fa rimpiangere Bisanzio. Ma il ministero la mette liricamente così: «…si aprirà un percorso di consultazioni e confronto sul testo con gli operatori del mondo della scuola con le realtà associative rappresentanti i genitori, gli studenti e la società civile (la società civile!), nonché con i sindacati del comparto e con le forze politiche». Grazie a Dio, ci sono venuti dieci anni per arrivare a questo punto e ce ne vorranno almeno altri dieci per veder nascere la creatura che piace tanto al ministro Profumo.
• E che piace molto poco a lei, vedo.
Il punto chiave è che si valuta la scuola, ma senza permettersi di azzardare la valutazione dei singoli docenti. Questo farebbe perdere un subisso di voti e di compiacenze sindacali. Il sindacato è esplicitamente felice del fatto che i docenti, singolarmente, non corrano il rischio di prendere un voto per quello che fanno o non fanno in classe. Senta qua: «Il provvedimento avrà effetti senz’altro positivi sulle scuole […] si punta sulla valutazione complessiva delle scuole e non sulla valutazione del singolo docente» (Di Manna, Uil), «è un modo per creare, senza punizioni, la cultura della valutazione» (Scrima, Cisl). Senza punizioni? Ma ai test Invalsi gli insegnanti, specie al Sud, passavano il compito ai ragazzi per non correre il rischio di avere una media bassa! Solo ai colloqui di lavoro, quando si constata la quantità di analfabeti che si presentano con la laurea in tasca, si ha alla fine la vera selezione, la vera valutazione che la scuola si rifiuta, per pura demagogia e per deleteria brama di consenso, di fare.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 26 agosto 2012]