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 2012  agosto 26 Domenica calendario

L’EUROPA BATTE GLI USA NELLA LOTTA AGLI ECCESSI

L’Europa sta cercando di costruire una diga contro gli eccessi della finanza e lo sta facendo molto meglio degli Stati Uniti, che per lungo tempo hanno vantato un’efficienza del proprio sistema di regole e vigilanza che la crisi finanziaria ha dimostrato essere ampiamente immeritata. Il vecchio continente nel corso dell’estate, ha fatto due passi avanti importanti, mentre la vigilanza americana e in particolare la Sec, ha segnato due clamorosi autogol. Se fosse una partita di calcio, saremmo quattro a zero per noi. Nel corso dell’estate hanno preso definitivamente corpo due regolamenti europei importanti, relativi a tre aspetti che sono stati al centro della crisi finanziaria: le vendite allo scoperto, le posizioni in Credit default swap (Cds), i mercati derivati Over-the-counter (Otc) cioè non regolamentati e comunque privi di una controparte centrale che assuma su di sé il rischio di insolvenza di uno dei contraenti. Questi ultimi, come hanno dimostrato i casi Lehman e Aig, sono un fattore scatenante delle crisi sistemiche. Fin dal 2009, sulla base di un documento del Financial Stability Board (Fsb) allora presieduto da Mario Draghi, il G-20 aveva indicato la necessità di una regolamentazione adeguata su questi, come su altri problemi. Quel documento iniziava con un’interessante premessa che ribadiva la necessità di un quadro di nuove regole e rivolto alle banche diceva testualmente che «la speranza illusoria che gli affari possano andare avanti esattamente come prima deve essere cancellata». L’Europa, pur travagliata dalla crisi, ha «fatto i compiti a casa» e sta completando l’iter legislativo e regolamentare delle importanti misure prima citate. Il Regolamento su vendite allo scoperto e Cds entrerà in vigore il prossimo novembre, mentre la consultazione sui mercati Otc è in fase avanzata. Due aspetti meritano di essere sottolineati. Primo: è molto difficile disciplinare settori tecnicamente così complessi, in cui finora nessuno era intervenuto in modo sistematico. Marco Onado Il regolatore europeo si è spinto davvero in territori inesplorati dell’attività finanziaria, ma lo ha fatto con decisione ed assicurando un’ampia dialettica con gli operatori e il mercato. Non è esagerato dire che nei grandi territori della finanza in cui, come nel vecchio West, dominava solo la legge del più forte, oggi è arrivato lo sceriffo. Il secondo punto è ancora più importante. La regolamentazione di vendite allo scoperto, Cds e Otc ha alla base un concetto fondamentale: non tutta l’attività finanziaria è utile, anzi una parte può costituire un grave fattore inquinante e destabilizzante per l’attività produttiva. L’obiezione cara alle lobby che il regolatore ostacola in questo modo l’innovazione finanziaria è priva quindi di fondamento, perché è provato al di là di ogni ragionevole dubbio che non tutta l’innovazione è efficiente. Come hanno messo in evidenza autorevoli economisti e anche molte autorità di vigilanza (in particolare Adair Turner nominato nel 2008 a capo della britannica Financial Services Authority) esiste una finanza utile all’attività produttiva (useful), una finanza puramente fine a sé stessa (useless) e una finanza nociva (harmful). La crisi ci ha insegnato non solo che eravamo totalmente privi di strumenti contro la seconda e la terza, ma non avevamo neppure le informazioni necessarie per identificarle e misurarle. E’ quindi un’autentica innovazione leggere nel Regolamento europeo (art.4) che "le posizioni scoperte in Cds su emittenti sovrani sono posizioni che non servono come copertura legittima", oppure che "chi detiene una posizione corta netta in debito sovrano superiore ad una determinata soglia deve notificare tali posizione all’autorità competente". Naturalmente, l’applicazione tecnica di questi principi sarà molto complessa, ma il significato politico di questa innovazione regolamentare non può essere sottovalutato. Da un lato, si è detto chiaramente che vi sono operazioni finanziarie che è nell’interesse generale considerare nocive e dall’altro si è scelta la strada della trasparenza, anziché del divieto generalizzato, per le vendite allo scoperto. E l’America? Come è noto, è stata varata una riforma a tutto campo (il Frank-Dodd Act del 2010) tanto ambiziosa quanto farraginosa: il testo è un agile volumetto di oltre 2000 pagine che rinvia a decine di altri provvedimenti delle autorità di vigilanza. Fra queste, la Sec appare quella più in difficoltà e nel corso dell’estate ha lanciato due segnali negativi al mercato. A luglio, ha deciso di rinviare, non si sa bene per quanto, la discussione sulla adozione negli Stati Uniti dei principi contabili internazionali. Qualche giorno fa, è arrivata una notizia ancora più clamorosa: la presidente, Mary Shapiro ha scritto sul sito dell’autorità che tre commissari, che costituiscono la maggioranza della Commissione, non condividono un documento preparato dagli uffici sulla regolamentazione dei Money market mutual funds e che questo quindi non sarà messo in pubblica consultazione. Si badi che questi fondi sono quantitativamente molto importanti negli Stati Uniti (2,6 trilioni di dollari, di cui 1,7 detenuti da operatori istituzionali) e promettono agli investitori una liquidità eccessiva rispetto ai normali rischi di un investimento in titoli, sia pure a breve. Quando il prezzo rischia di scendere sotto il valore nominale (cioè breaks the buck, la soglia fatidica di 100) scatta un’autentica spirale distruttiva fatta di vendite a prezzi sempre più bassi e di ritiro di fondi liquidi (l’equivalente di una corsa agli sportelli bancari) che dal 2008 si è dimostrata essere una delle cause fondamentali delle implicazioni della diffusione sistemica della crisi. Sia l’adozione dei principi contabili internazionali (cioè quelli vigenti oggi in Europa), sia la regolamentazione dei fondi monetari erano incluse fra le raccomandazioni del Fsb e del G-20 di tre anni fa. Ma su entrambi gli Stati Uniti e in particolare la Sec hanno alzato bandiera bianca. Purtroppo, non possiamo consolarci con la legittima soddisfazione di aver realizzato in Europa quello che l’America non è stata in grado di fare perché nel mondo della finanza globale, le asimmetrie di regolamentazione possono avere effetti devastanti. Anche noi quindi abbiamo legittimi motivi per preoccuparci, ma sappiamo fin d’ora dove stanno quelli che vogliono continuare a "fare gli affari esattamente come prima". Una frase di Mario Draghi, non di uno del movimento Occupy Wall Street.