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 2009  giugno 13 Sabato calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Forse il terribile Ahmadinejad, l’uomo che non crede all’Olocau­sto e vuole l’annientamento di Israele, se ne tornerà a casa e la­scerà a qualcun altro il posto di presidente. L’Iran ieri ha votato (nella foto Afp, una giovane vota a Teheran) e i risultati si sapran­no al più tardi entro stasera. Per vincere bisogna prendere la me­tà dei suffragi più uno. Altrimen­ti i due candidati più votati an­dranno al ballottaggio venerdì prossimo, 19 giugno.

Ahmadinejad può perdere?
Potrebbe perdere. I candidati in corsa sono quattro: oltre al presidente uscente, ci sono Mohsen Rezai, che è stato capo dei Pasdaran, ossia le Guardie della Rivoluzione istituite al tempo dell’ayatollah Khomei­ni; Mehdi Karoubi, già presi­dente della Camera; e Mir-Hos­sein Mousavi, che fu presidente della Camera negli Anni 80, al tempo della guerra con l’Iraq. Quest’ultimo, cioè Mousavi, è l’avversario vero del presidente in carica, quello che potrebbe batterlo. Lo descrivono come moderato e non-nemico del­l’Occidente. Ma con la Persia io ho imparato che bisogna andar­ci molto piano: al tempo dello Scià, eravamo tutti innamorati di Khomeini, che, pazzesca­mente, ci sembrava più moder­no. Dopo di che ecco instaurata una delle teocrazie più severe, un’autentica dittatura di preti. Sa come funziona la democra­zia iraniana? Il presidente che stanno eleggendo adesso è il ca­po del governo, mentre l’autori­tà suprema, cioè quello che noi chiameremmo il vero Presiden­te della Repubblica, è il Leader supremo, un’autorità religiosa nominata da 88 religiosi che a sua volta sceglie i dodici Consi­glieri dei Guardiani. Il Consi­glio dei Guardiani può bloccare qualunque legge, persino se il Parlamento – dico per assurdo – l’avesse votata all’unanimità. I quattro che concorrono per la carica di presidente sono stati autorizzati dal Leader supremo e dal Consiglio dei Guardiani. Quattro anni fa Ahmadinejad, che non era neanche favorito, vinse perché il Leader supremo decise che doveva prevalere contro il riccone Rafsanjani. E lo fece sapere.

Chi è sto Leader supremo?
L’ayatollah Ali Khamenei.

E che cosa ha deciso rispetto a questo voto?
Non ha detto niente, cioè si è mantenuto neutrale. Una cosa abbastanza sorprendente. Ma tutta la campagna elettorale è stata sorprendente. I sostenito­ri di Mousavi a un certo punto hanno cominciato a sfilare per le strade di notte, innalzando una quantità di drappi verdi, il colore che era stato sorteggiato per il loro candidato. Questi cor­tei erano all’inizio piuttosto ti­midi e incerti, perché in Iran la polizia è una bruttissima be­stia. Ma il potere ha lasciato fa­re, e a un certo punto queste manifestazioni, in favore del­l’uno o dell’altro, si sono molti­plicate e sono diventate appas­sionatamente tumultuose, sen­za che accadesse nulla di grave. parso a un tratto che in quel luogo carico di oppressione si fosse aperta una finestra e aves­se cominciato a spirare un ven­to di democrazia. I due candida­ti più accreditati si sono affron­tati per 1800 minuti in 38 tra­smissioni televisive, scambian­dosi insulti violentissimi, al punto che Ahmadinejad, a un certo punto, ha chiesto e ottenu­to 19 minuti supplementari, da solo, per replicare a Mousavi. Badi che anche Ahmadinejad ha un mucchio di sostenitori, in­namorati del suo essere palese­mente povero e della fierezza con cui si oppone ai cattivi ame­ricani.

Sulla bomba atomica che dico­no Mousavi e gli altri?
Non dicono niente, perché af­fermare di voler rinunciare al nucleare sarebbe interpretato da gran parte del popolo come una resa all’America. Le elezio­ni, per costui, sarebbero perse subito. Lo stesso Obama s’è guardato bene dal far traspari­re simpatie per questo o quello dei concorrenti: un suo appog­gio significherebbe infatti scon­fitta certa. La Casa Bianca s’è li­mitata a dire che l’America trat­terà allo stesso modo con qua­lunque vincitore.

Tuttavia è vero che bisogna tifa­re contro Ahmadinejad.
La caduta dell’attuale presiden­te – nel caso, il primo nella sto­ria a non durare per due manda­ti – riaprirebbe parecchi giochi. I siriani verrebbero a più miti consigli e i due principali allea­ti di Teheran nell’area, cioè gli Hezbollah libanesi e i palestine­si di Hamas, si troverebbero a un tratto con le spalle scoperte. Gli Hezbollah hanno già perso le loro elezioni, che è un buon segno... Staremo a vedere. im­portante adesso che a Teheran si sian fatte ore di fila per vota­re (anche Ahmadinejad è stato due ore in piedi ad aspettare il suo turno), in un’atmosfera di entusiasmo e di vitalità, con un afflusso alle urne del 70%, dieci punti in più del 2005. Dicono che sia un buon segnale. Stare­mo a vedere. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/6/2009]
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