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 2009  giugno 13 Sabato calendario

Quando i medici ipotizzarono che la causa degli eritemi e delle vesciche sulla pelle di sua figlia potesse essere il latte, Louise Harrad sentì il mondo crollarle addosso

Quando i medici ipotizzarono che la causa degli eritemi e delle vesciche sulla pelle di sua figlia potesse essere il latte, Louise Harrad sentì il mondo crollarle addosso. Molly non aveva ancora spento la seconda candelina e viveva in simbiosi con il biberon. Come l’avrebbe nutrita? A ripensarci ora, sembra un gioco da ragazzi. Sono passati otto anni e la lista dei divieti si è allungata ben oltre il più ricco del menù. Nonostante l’espressione radiosa di una qualsiasi coetanea, Molly non può mangiare uova, pane, noci, soia, pasta, cioccolato ma soprattutto non può indossare scarpe e calze, gattonare sul tappeto, lanciare in aria una moneta o rispondere al telefono. Al semplice contatto con moltissimi degli oggetti che la circondano, mani, braccia, volto, avvampano e si gonfiano come pneumatici. Dermatologi e specialisti, incapaci di formulare una diagnosi, hanno spiegato ai genitori che si tratta di un’allergia al mondo contemporaneo, impensabile in un’epoca diversa. Paragonato a Molly, Jackson McIntyre, il ragazzino del Doncaster costretto a vivere all’ombra perché intollerante ai raggi del sole, se la passa da re. Lei, condannata a galleggiare sopra le cose, non ha riparo se non nel passato: reale eppure impalpabile, doveva nascere cento anni fa. La bambina del secolo scorso abita a Herne Bay, nel Kent. Il padre Derek, idraulico di 43 anni, ha ipotecato la casa per renderla a misura di sua figlia. Pavimenti in legno al posto dei tappeti, divani in pelle invece di quelli sintetici su cui la famiglia ignara sonnecchiava davanti alla tv, un forno isolato dal resto della cucina e l’automobile con l’aria condizionata in barba alla benzina sempre più cara. «Ci siamo dovuti liberare di qualsiasi prodotto industriale e abbiamo creato una grande bolla asettica» racconta Derek Harrad. La moglie faceva la parrucchiera, ma ha rinunciato per dedicarsi a Molly. E’ un impiego a tempo pieno. C’è da preparare lo zainetto con il pranzo a base di speciali tipi di carne e alcuni vegetali che la bambina riscalda a scuola, dove le maestre riservano un frigorifero e un tostapane tutti per lei. Basterebbe niente per provocarle uno shock anafilattico. C’è da tener d’occhio il guardaroba rigorosamente in cotone, i guantini da indossare ventiquattr’ore su ventiquattro, le scarpette fatte a mano simili a morbidi calzari medievali. C’è la quotidianità che implode perché Molly è allergica al sapone, allo shampoo, al deodorante, alla polvere, alla plastica. Mamma Louise ha inventato per lei una routine alternativa, artificiale e dolorosa: «E’ una ragazzina come tutte, una scimmietta che non ama i giochi da femminuccia e preferisce il basket, ma non ha mai assaggiato una torta di compleanno e non conosce il sapore dell’uovo di Pasqua». Dalla sua esistenza in vitro Molly guarda gli amici lanciarsi per scherzo penne e matite, costruire castelli di sabbia sul bagnasciuga, disegnare con i pastelli e navigare su Internet. «I soggetti come Molly hanno un problema diretto legato alle molteplici allergie e uno secondario ma non meno serio, lo stress psicologico che deriva dall’impossibilità di una vita normale» osserva il professor Aw Frakland, specialista della London Allergy Clinic. In otto anni gli Harrad hanno visitato, invano, i migliori centri pediatrici anglosassoni, compreso il prestigioso Great Ormond Street Hospital. La risposta è sempre la stessa: la medicina non conosce casi analoghi. Ora sognano di trasferirsi in Australia e ricominciare da capo: «Il clima laggiù è migliore e se potessimo avere una casa con la piscina Molly potrebbe imparare a nuotare in una vasca riservata a lei». Quando mamma Louise ha provato ad accompagnarla al centro sportivo cittadino, ha scoperto l’ennesimo tabù. Come se non bastasse l’allergia all’erba e ai fiori, barriera insormontabile a una corsa scalmanata nel prato, la pelle ipersensibile di Molly non sopporta il cloro, che disinfetta l’acqua ma aggiunge quel gusto acidulo e a lei così indigesto della modernità.www.lastampa.it/paci