
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ryanair lascia a terra 400 mila passeggeri

Ryanair è nei guai e con Ryanair sono nei guai 400 mila persone che credevano di poter prendere l’aereo un certo giorno a una certa ora, e che invece quel certo giorno rimarranno a terra, e dovranno trovarsi un altro volo, e dare inizio a una causa contro la compagnia per recuperare i soldi del biglietto e il ristoro di eventuali danni patiti. Le azioni Ryanair ieri hanno perso in Borsa fino al 5%.
• Come mai un incidente simile per una compagnia famosa per l’oculatezza della gestione, i risparmi all’osso eccetera?
L’amministratore delegato, il celebre Michael O’Leary, ha dato la colpa soprattutto all’obbligo di far smaltire le ferie arretrate al personale di bordo. Ryanair considerava «anno fiscale» il periodo aprile-marzo (dal 30 aprile di un anno al 31 marzo dell’anno successivo). La Irish Aviation Authority li ha obbligati a cambiare sistema e lavorare con un anno fiscale da calendario, gennaio-dicembre. Entro la fine dell’anno fiscale le ferie devono essere smaltite. Quindi s’è determinata a un tratto una carenza di personale che ha indotto l’amministrazione della compagnia a sopprimere fino alla fine di ottobre 40-50 voli al giorno (su 2.200 collegamenti quotidiani). O’Leary dice che i 400 mila passeggeri lasciati a terra gli costeranno 20 milioni di rimborsi, ma gli analisti di Goodbody Strockbrokers (irlandesi) aggiungono ai rimborsi per 23,5 milioni, i 6,3 milioni di tasse d’imbarco perse e i 4,7 milioni di incassi svaniti tra pasti, bevande e altri introiti, come si dice, «ancillari» (vendite a bordo di prodotti scontati, ecc.). Ci sono poi le perdite di fiducia nel brand, incalcolabili.
• La compagnia andrà in rovina per questo? Lo domando non solo per curiosità. So che si tratta del primo vettore italiano per numero di passeggeri trasportati, se saltasse per aria forse ci troveremmo in un guaio, forse si aprirebbero spazi per Alitalia...
Ma per carità. O’Leary aveva messo in contro profitti, quest’anno, per 1,3 miliardi di dollari. Il guaio delle ferie dovrebbe costargli un taglio su questi profitti del 2,3%. Doloroso, ma senza conseguenze. A meno che la perdita di fiducia nel marchio non produca effetti a lunga scadenza. Ma, francamente, mi pare improbabile. Piuttosto la storia delle ferie non è l’unica causa di questo pasticcio.
• Che altro c’è?
La fuga dei piloti verso altre compagnie, più remunerative. Un fenomeno di cui ha sofferto anche Alitalia, e che è interessante perché mostra come sia generale la precarizzazione del lavoro.
• Quali sono le compagnie che stanno rubando piloti ad Alitalia e a Ryanair?
Ryanair fa sapere che 140 piloti alle sue dipendenze si sono trasferiti alla Norwegian, una compagnia tra l’altro alleata di O’Leary, che per la Norwegian fa in genere il servizio a corto raggio, cioè la Norwegian copre le grandi distanze e Ryanair si occupa, per dir così, dell’ultimo miglio. Ma a fare incetta di piloti in giro per il mondo ci sono anche i cinesi di Chengdu Airlines, che promettono stipendi da 28.500 dollari al mese. Altre compagnie che assumono sono Vueling, Easyjet, Wizzair. In teoria sarebbe disposta ad assumere anche Ryanair, e non è detto che il suo interesse per Alitalia alla fine non coincida proprio col desiderio di rafforzare il suo staff.
• In Ryanair si guadagna bene?
Per quanto riguarda gli assistenti di volo: contratto iniziale di tre anni a duemila euro al mese e però l’assistente neo-assunto deve pagarsi il costo del corso di formazione, che quasi gli dimezza lo stipendio. Turni di cinque giorni di lavoro e due di riposo seguiti da altri cinque giorni di lavoro e tre di riposo. Gli assistenti sono responsabili del cosiddetto «fatturato ancillare» (cioè la vendita dei prodotti a bordo), che vale per la compagnia intorno al miliardo e 300 milioni. Su ogni prodotto venduto a bordo l’assistente prende una royalty del 10%. Se non raggiunge il target che gli è stato assegnato, viene sottoposto a nuovi corsi di addestramento. Però i contratti sono a termine, e se uno non sa vendere alla fine va a casa. Quanto ai piloti, la compagnia adotta spesso il sistema - specie con i neoassunti - di far aprire al pilota una società, a cui poi paga il servizio. Si riconoscono solo le ore di volo e si costringono in questo modo i piloti a volare il più possibile se vogliono guadagnare. La fuga non è così strana. Qualche anno fa i piloti denunciarono il fatto che Ryanair aveva imposto di volare con meno carburante di quanto fosse in genere consigliabile, in modo da abituarli a viaggiare con meno riserva e risparmiare. C’erano stati tre atterraggi di emergenza a Valencia, e la tv fiamminga Kro, che aveva realizzato l’inchiesta, chiese ai piloti protetti dall’anonimato: «Perché non ne parlate con la società?». Un pilota che non lavorava più per Ryanair, ma restò anonimo lo stesso, rispose: «Il management della Ryanair è come una dittatura».
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