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 2017  settembre 19 Martedì calendario

L’ironia di Saviano: «Anche io indagato, mi candido»

ROMA «Una situazione patetica per non dire bulgara. E allora ho pensato: “Mi candido, così li traggo d’impaccio». Roberto Saviano racconta su Facebook di essersi svegliato ieri con la voglia di imitare Pannella (2007, primarie Pd), una tentazione insopprimibile di «sorprendere e sparigliare». Ed ecco la provocazione studiata per far clamore: «Voglio spezzare una lancia in mio favore: ammetto di non essere iscritto al MoVimento, ma condivido con Luigi Di Maio lo status di indagato per diffamazione (incidenti del mestiere). Votatemi!».
Ovvio che l’iniziativa faccia subito notizia e stuzzichi il popolo dei social. La Rete reagisce tra applausi e ironie. Del tipo: «Saviano la butta in caciara. Adesso vediamo cosa si inventa il buffone (Grillo, ndr) che cala le lenzuola dalla finestra del suo albergo a Roma». L’«hackeraggio», così lo definisce Daniele Capezzone, ordito proprio nel giorno della sceneggiata delle candidature Cinque Stelle, certifica, se ce ne fosse bisogno, i pessimi rapporti tra l’autore di “Gomorra” e il MoVimento. È di pochi mesi fa lo scontro durissimo tra Saviano e l’aspirante premier Luigi Di Maio. Ricordate? Due linee antitetiche, inconciliabili, sul ruolo delle Ong nel salvataggio dei migranti. Forse già consapevole dell’imminente consacrazione, Di Maio attacca i «taxi del mare» e denuncia il «buonismo» di Saviano: «Sei un ipocrita!». Gli arriva una risposta durissima: «Lo querelerei ma non mi interessa la politica politicante, dunque non lo farò. Quello che è certo è che Di Maio, con il suo “cattivismo”, parla e compiace, in breve cerca i voti, di tutti quelli che i migranti li vorrebbero in fondo al mare». Mano pesante. Parole accompagnate dalle foto di «Luigino», come lo apostrofa un altro detrattore, Vincenzo De Luca, e Augusto Pinochet. Allusione alla madre di tutte le gaffe del candidato unico Cinque Stelle alla presidenza del consiglio, colui che collocò il dittatore in Venezuela anziché in Cile.
Non li sopporto... e allora mi candido. In effetti, non si capiscono, Saviano e i grillini, a parte una parentesi di interesse dello scrittore per l’affermazione elettorale a Quarto di Rosa Capuozzo. «Ha vinto senza la camorra, senza il voto di scambio», fu il commento entusiasta nel giugno 2015. Ma poi, già a gennaio 2016, la sindaca di Quarto finì in un’inchiesta sui tentativi di infiltrazione proprio della camorra nel Comune e Saviano ne chiese immediatamente la testa, prima ancora dei suoi compagni di partito: «Il sindaco deve dimettersi! O il MoVimento avrà una stella nera». Da allora niente più feeling: «La responsabilità che ha il M5S è di aver spinto nel precipizio più profondo anche l’ultima briciola di fiducia che gli italiani ancora, gelosamente, conservavano nella politica....».
Il monitoraggio di Saviano non risparmia nemmeno la sindaca Virginia Raggi. Dopo l’arresto del fedelissimo Raffaele Marra, un commento secco su Facebook: «Deve dimettersi!». Ad Alessandro Di Battista, famoso per i suoi “onestà!onestà!” sparati in Campidoglio, e improvvisamente silente di fronte al profilo opaco degli amici della sindaca, Saviano dedica un’altra frecciata: «La sua omertà ci insegna che chiedere onestà agli altri vale poco se non la si pretende prima in casa propria».
Ieri la sfida finale, con tanto di autocandidatura, «per trarli d’impaccio».