
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Direzione di stasera del Pd potrebbe certificare quello che sappiamo da un pezzo: e cioè che non esiste un solo Partito democratico, ma almeno due Partiti democratici, come erano due i genitori di questa formazione, i Ds di discendenza Pci e quelli della Margherita, di discendenza sinistra Dc. Si disse allora che la fusione era fredda, cioè sembrava più una somma di sostanze non del tutto compatibili che un amalgama vero e proprio. Le conseguenze di quella freddezza si sono viste nel corso degli anni: appena un ex della Margherita è arrivato al vertice del partito, gli ex del Pci sono entrati in sofferenza, mettendosi contro il segretario in ogni modo possibile e da ultimo, adesso, apprestandosi a ufficializzare il No al referendum che dovrebbe sancire la politica di Matteo Renzi, reo di aver varato una nuova legge elettorale (che si invocava invano da una decina d’anni) e una riforma che riduce il sistema da bicamerale a quasi monocamerale, dico “quasi” perché lo strano, nuovo Senato potrà comunque dir la sua su parecchie questioni (ma non sulla fiducia al governo).
• In concreto, che cosa sta per succedere?
Renzi dovrebbe pronunciare un discorso possibilista sui cambiamenti dell’Italicum. Questo discorso possibilista - se ci sarà - sarà comunque proporzianato al clima del dibattito. Le interviste della vigilia promettono poco. Sia Speranza che Bersani hanno annunciato un quasi sicuro “No”, precisando però che non vogliono uscire dal partito.
• In che consisterebbero queste aperture di Renzi?
Ricorderà che l’Italicum non ammette le coalizioni, ma manda al ballottaggio le singole liste. Questo punto è quello che più probabilmente sarà cambiato, non tanto per far contente le sinistre interne del Pd quanto per tener buoni gli alleati, che con la legge così com’è adesso hanno poche speranze di rientrare alla Camera (c’è uno sbarramento del 3%). Dunque, possibilità di far coalizioni ed essere premiati in quanto coalizione. La sinistra interna però vuole anche che si metta fine al ballottaggio e che alla lista più votata si dia un premietto non eccessivo, come avviene in Grecia, paese dove al partito vincitore vengono regalati 50 seggi e spesso, con questi 50 seggi, non si raggiunge la maggioranza.
• Ma sarebbe uno stravolgimento completo! Renzi non ha sempre detto che la legge elettorale deve fare in modo che la sera delle elezioni si sappia chi ha vinto e come sarà formato il governo?
La Direzione di stasera potrebbe cambiare una parolina, e impegnarsi per una legge che «favorisce» la governabilità invece che per una legge che «garantisce» la governabilità. Se si deve dar retta a quello che hanno detto ieri Bersani e Speranza, la sinistra Pd non crederà troppo a questa promessa di riforma della riforma, e pretenderà che il governo prenda l’iniziativa per modificare la legge già prima del 4 dicembre, data del referendum. Renzi risponde che le proposte di modifica all’Italicum - a cui non si oppone (per ora) - devono partire non dal governo, ma dal Parlamento. Un’obiezione che sarebbe ineccepibile se Renzi non avesse messo la fiducia al momento dell’approvazione dell’Italicum, mostrando così che la legge non è frutto della volontà delle Camere, ma della volontà del governo.
• Che cosa hanno detto Bersani e Speranza?
Speranza: «Il tempo è finito. Parteciperò alla direzione e ascolterò con attenzione come sempre. Ma non sono disponibile a nuove meline e mediazioni al ribasso, si poteva fare molto per rimediare l’errore della legge elettorale, dell’Italicum. Lo chiediamo da mesi, appellandoci al dialogo. Purtroppo non si è fatto nulla. Con l’Italicum il nostro voto è no». Bersani: ««Renzi proverà a stanarmi con una proposta sull’Italicum? Chiacchiere. Lo riteneva ottimo e perfetto, tanto che lo approvò con la fiducia. E ora non mi venga a dire che darà l’incarico a Zanda e Rosato di trovare un sistema migliore. Non mi si può raccontare che gli asini volano». Poi: «La riforma del Senato in combinazione con la legge elettorale cambia radicalmente la forma di governo. Si va verso il governo di un capo, che nomina sostanzialmente un Parlamento che decide tutto, anche con il 25% dei voti. In tutta Europa si cercano sistemi in grado di rappresentare quel magma che c’è, e noi ci inventiamo il governo del capo? C’è da farsi il segno della croce. Nella legge elettorale bisogna metterci dentro un po’ di proporzionale, invece che prendere tutta altra strada per sapere alla sera del voto chi comanda».
• Che farà la sinistra Pd se dovesse vincere al referendum?
Cercherà di tenere Renzi a Palazzo Chigi, per finire di logorarlo, e togliergli invece la segreteria del partito.
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