CorriereEconomia, 10 ottobre 2016
Lussemburgo Tonno, Coca-Cola e web: l’affare è qui
Se una grande conglomerata tailandese (Thai Union Frozen) è dovuta passare dal Lussemburgo per comprare il controllo del big americano del tonno in scatola (Bumble Bee Foods), forse è vero che inevitabilmente le strade della finanza internazionale portano nel Granducato. Tutte no, ma le «rotte» continuano ad aumentare.
Non si erano mai visti, finora, «insediamenti» colombiani. Ed è una rarità anche, come vedremo, l’operazione realizzata da un gruppetto di privati del Mozambico che hanno fatto girare il loro business personale utilizzando i professionisti del Paese nel cuore dell’Europa. Centro nevralgico di migliaia di affari nonché capitale dell’industria del risparmio gestito. E, osservato speciale, insieme con l’Irlanda, della commissaria europea alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager.
L’ultima inchiesta della commissione Ue (presieduta dall’avvocato lussemburghese Jean-Claude Junker) riguarda proprio il trattamento fiscale concesso dal Lussemburgo ai francesi di Engie (ex Gdf Suez). Ma al di là dei noti colossi multinazionali, i cinesi di Suning, che hanno comprato l’Inter, da dove passano? E quell’ancora enigmatico agglomerato di investitori che sta rilevando il Milan dove collocherà il controllo, secondo le indiscrezioni? E le varie società che custodiscono capitali libici? Sempre lì, in casa di Enrico granduca di Lussemburgo e duca di Nassau.
Il fondo sovrano cinese, Cic, ha sviluppato in casa del granduca piattaforme societarie che indirizzano capitali verso le Borse: non milioni ma miliardi di euro partono da sigle sconosciute come Land Breeze ecc. La stessa Engie (ex Gdf Suez) di cui si diceva prima quest’anno ha deciso di ridurre la dote di capitale della sua controllata. Cifre enormi: 37,3 miliardi di euro il capitale originario, ora ridotto ad «appena» 27,2 miliardi dopo il taglio. I russi da anni sono corteggiatissimi clienti dei fiduciari locali che una volta lavoravano solo con tedeschi, francesi e italiani.
Anche i protagonisti dell’economia digitale partendo dal Delaware hanno trovato in Europa un paradiso fiscale e societario tra Dublino e Lussemburgo. Certe operazioni, poi, descrivono perfettamente il viaggio dei soldi. La «vecchia» Coca-Cola, ad esempio, quando nel 2015 prese la decisione strategica di andare al controllo della Pt Coca-Cola Indonesia investendo 500 milioni di dollari attraverso la sua holding in Australia, fece tutta l’operazione tramite la «Coca-Cola Beverages Asia Holdings». Che però, a dispetto del nome, è europea del Lussemburgo. Una sorta di traghetto che ha trasportato a Giacarta i soldi provenienti dai polmoni finanziari del gruppo a Cayman (Atlantic Industries) e a Dublino (European Refreshments). Un classico tour finanziario e fiscale, di quelli che accomunano i giovani virgulti del web con Nostra Signora delle bollicine, nata nel 1892 quando «google» era solo l’effetto sonoro di chi la beveva.
Di recente il parterre lussemburghese si è allargato anche a un investitore con base a Bogotà, il fondo di private equity «Emprendimiento e Innovacion» che ha da poco ricapitalizzato la sua Project Blue, già strutturata con diverse categorie di azioni, per accogliere varie tipologie di investitori. Tecnologia e innovazione, con un interesse speciale nell’Internet delle cose: questo l’orizzonte del fondo che, unico nel suo genere nel Paese centroamericano, è nato appena tre anni fa, ha ricevuto capitali da un’azienda di servizi pubblici di Medellín (Epm-Empresas Publicas de Medellín) e poi ha costituito la società in Lussemburgo.
Dal profondo dell’Africa, da un Paese, il Mozambico, che ha metà della popolazione in povertà assoluta, è arrivata invece un cordata di ricchi professionisti e politici, tra cui l’attuale ministro dei trasporti Carlos Fortes Mesquita. Hanno concentrato il loro patrimonio in una holding lussemburghese a sua volta proprietaria di società di Madeira che gestirebbero attività di trasporti. Da queste società i colletti bianchi mozambicani hanno ottenuto, via Lussemburgo, almeno 14 milioni tra dividendi e liquidazione di asset. Operazioni legittime, fino a prova contraria. E il ministro Mesquita, tra l’altro, aveva ceduto lo scorso anno la sua partecipazione nel Granducato, poco dopo esser stato eletto: ceduta ad Adelino Fortes Mesquita, probabile parente. Comune denominatore di tutte queste operazioni, dal tonno alla Coca-Cola fino a Mesquita? La scarsa o nulla propensione a comunicarle.