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 2013  luglio 28 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Enrico Letta
Il Vicepresidente del Consiglio è Angelino Alfano
Il Ministro degli Interni è Angelino Alfano
Il Ministro degli Esteri è Emma Bonino
Il Ministro della Giustizia è Anna Maria Cancellieri
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Fabrizio Saccomanni
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Maria Chiara Carrozza
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Enrico Giovannini
Il Ministro della Difesa è Mario Mauro
Il Ministro dello Sviluppo economico è Flavio Zanonato
Il Ministro delle Politiche agricole è Nunzia De Girolamo
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Maurizio Lupi
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni culturali e Turismo è Massimo Bray
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Andrea Orlando
Il Ministro degli Affari europei è Enzo Moavero Milanesi (senza portafoglio)
Il Ministro di Affari regionali e autonomie locali è Graziano Delrio (senza portafoglio)
Il Ministro della Coesione territoriale è Carlo Trigilia (senza portafoglio)
Il Ministro dell’ Integrazione è Cécile Kyenge (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Semplificazione è Gianpiero D’Alia (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento e di Coordinamento dell’attività è Dario Franceschini (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Jean-Marc Ayrault
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente facente funzioni dell’ Egitto è Adly Mansour
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Non è più una primavera di liberazione, ma un’estate di massacri quella che sta passando l’Egitto. Nella notte tra venerdì e sabato l’esercito ha sparato sui manifestanti, ad altezza d’uomo, con proiettili veri (anche se i portavoce dei militari hanno smentito). Settanta morti, forse settantacinque, forse centoquaranta (secondo al Jazeera) oppure venti, come sostiene provocatoriamente Khaled al Khatib, portavoce del ministero della Sanità: «Questo è il numero dei cadaveri portati in obitorio sabato pomeriggio».

Come mai la situazione è precipitata?
I militari hanno inaugurato una strategia completamente nuova, quella dell’“autoritarismo imposto dal basso”. Mercoledì scorso l’uomo forte dei militari, al Sisi, ha convocato in piazza i suoi sostenitori, per farsi imporre la dittatura. Venerdì, poche ore prima del grande appuntamento, sono state rese note le accuse del pubblico ministero al presidente deposto Morsi, il quale viene imputato di aver complottato ai danni dello Stato egiziano assiene ad Hamas e di essere responsabile della morte di 15 agenti, che erano di guardia al carcere dove lo stesso Morsi era rinchiuso prima di essere liberato da un gruppo armato durante la rivoluzione all’inizio del 2011. La manifestazione pro-militari era stata indetta per la sera di venerdì, ma naturalmente gli islamisti hanno annunciato la loro contromanifestazione. Anche loro, come si è visto, sono in grado di mettere in campo milioni di militanti, esattamente come i militari. Così, nella notte tra venerdì e sabato, enormi masse di popolo, inalberando cartelli in inglese, francese, tedesco e anche italiano, si sono affrontate e sfiorate, tenute a mala pena a distanza dai blindati. E però, a un certo punto, nei pressi della moschea Rabaa el Adaweya, sono state esplose le prime pallottole ad altezza d’uomo.  

Le agitazioni hanno riguardato solo il Cairo?
No, anche se gli scontri più gravi sono avvenuti nella capitale. Ad Alessandria i  morti sarebbero cinque, le regioni in rivolta sarebbero almeno quattro. Così racconta l’agenzia Mena.  

E il presidente deposto Morsi?
È andato a trovarlo – senza rivelare dove si trovi – Nasser Aim, capo della delegazione della Ong egiziana sui diritti dell’uomo. Il ministro dell’Interno egiziano, Mohamed Ibrahim ha fatto sapere che Morsi sarà presto traferito alla prigione di Torah Mahkoum, all’estrema perfieria meridionale del Cairo, dove è detenuto anche Hosni Mubarak con i suoi figli Ala e Gamal. Quanto all’imputazione di aver complottato con Hamas – il movimento terroristico che governa nella Striscia di Gaza –, i Fratelli Musulmani hanno definito le accuse «assolutamente ridicole e pretestuose». Da Gaza i leader di Hamas negano di aver mai interferito con le questioni egiziane e denunciano l’abbaglio egiziano di voler sostituire l’odio per Israele con l’odio per i palestinesi.  

A questo punto i militari sono più forti o più deboli? E chi è più forte tra loro e i Fratelli Musulmani?
Che lo voglia o no, al Sisi sta spingendo gli islamisti verso la clandestinità, cioè sta preparando una restaurazione dei tempi di Nasser. Gli errori di Morsi avevano coalizzato forze molto diverse che erano scese in piazza insieme all’annuncio del colpo di Stato. Come ha scritto Franco Venturini sul “Corriere della Sera”: «tra i sostenitori del colpo di stato non c’erano ovviamente soltanto i nostalgici di Mubarak, pure presenti, ma anche membri delle minoranze che temono l’aumento dell’intolleranza, laici che denunciavano segnali di islamizzazione strisciante, militanti sindacali e di partiti di sinistra preoccupati della deriva di una politica economica incapace di garantire sia efficienza che giustizia sociale e soprattutto cittadini comuni, senza particolari affiliazioni politiche, esasperati per le promesse non mantenute e per il deterioramento socio-economico del Paese». Queste forze adesso si stanno spaccando, per via del giro di vite di al Sisi. Per esempio non solo il partito salafista Hizb al Nur, ma anche il movimento 6 aprile, laico, si sono tenuti lontani dalla manifestazione di piazza di venerdì sera. E infine: che paese sarà quello che avrà, nascosta nel suo ventre, una forza come l’Islam radicale, maggioritario – non dimentichiamolo – alle elezioni? Che speranze ci sono che l’Egitto a questo punto diventi, o torni ad essere, un paese normale, capace di tenere in equilibrio, con la sua forza, un quadrante esplosivo come quello? Gaza e Israele sono a un passo.  

C’è anche una questione economica assai grave, no?
Gli Stati Uniti non vogliono ancora definire un golpe quello dei militari, perché questo li obbligherebbe a tagliare i finanziamenti di un miliardo e mezzo di dollari all’esercito egiziano. Hanno tuttavia congelato, per prudenza, il trasferimento di quattro caccia F-16. Invece il Fondo monetario internazionale ha sospeso a tempo indeterminato la trattativa per un credito da 4,8 miliardi, in attesa di capire cosa sta accadendo. Tutto ciò mentre l’intervento di alcuni rischia di esasperare ancor di più le divisioni: potrebbe essere il caso dei 12 miliardi di dollari, non proprio disinteressati, arrivati all’Egitto dalle monarchie del Golfo (Arabia Saudita in testa, per dispetto verso il Qatar che finanziava Morsi).   (leggi)

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