Stefano Salis, il Sole 24 Ore 28/7/2013, 28 luglio 2013
L’ARTE DI VALORIZZARE IL GADGET
Il collezionismo difficilmente ha a che fare con la rarità degli oggetti collezionati; quasi mai concerne il loro valore; non ha a che vedere con la bellezza, o il tasso artistico, o la preziosità degli oggetti che si vanno raccogliendo. No: il collezionismo ha a che fare soprattutto con due cose. La prima è l’ossessione, la mania, della completezza: un signore che possiede, poniamo, dieci numeri di «Topolino» è un signore che non ha nessuna collezione; un signore cui mancano dieci numeri per avere tutto «Topolino» è un collezionista inquieto in cerca di pace. Ma la seconda, e ben più importante, questione è che il collezionismo riguarda ciò che si conosce dell’oggetto che si colleziona. In fondo, è tutto qui.
Posso collezionare pacchetti di sigarette, paperelle di plastica in varia foggia, stampe del Settecento a soggetto erotico, piatti di ristorante, netsuke ereditati dalla mia famiglia, tazzine da caffè, riviste che hanno per "ospite fisso" una copertina con uno scottish terrier, dipinti di Picasso o tutte le altre cose che vorrete aggiungere; l’importante è che io prenda sul serio la mia collezione. Non ne faccia un mero accumulo di oggetti, piccolo o grande non cambia, ma un accumulo di "storie" che ne raccontino una, infine, che è quella della stessa collezione, che sia la più precisa e affascinante possibile.
Perciò il libro che ha pubblicato Giulietta Rovera, intitolato Per hobby e per passione. Dai fanatici di Barbie ai ladri di manoscritti, dagli appassionati del sesso a quelli di farfalle. Viaggio nelle manie dei collezionisti di tutto il mondo (Manni editori, pagg. 216, € 18,00) è un curioso modo di guardare a quei "simpatici matti" che raccolgono e collezionano anche le cose più strampalate. Emerge, nel libro, anche un lato, diciamo così... spettacolare, quando i creatori delle collezioni sono anche Vip (o presunti tali): e se, ovviamente, si parte da Umberto Eco e i suoi amati libri, veniamo anche a conoscenza delle ossessioni di Renzo Arbore per le radio di catalina, le pesche fortunose di Giorgio Forattini ai mercatini, i pupi raccolti da Mimmo Cuticchio, i fumetti catalogati da Giulio Giorello e via elencando. Il libro non è solo questo, però: pieno di aneddoti, di gustosi retroscena, di notizie (qui accanto pubblichiamo uno stralcio sul collezionismo di piatti), è una sorta di piccolo manuale di ciò che ruota intorno al mondo del collezionismo e che, in molti casi, può essere utile per fare una prima campionatura per chi volesse iniziare a farne parte.
Ciò che dicevamo all’inizio, del resto, è evidenziato in maniera eccezionale (e, a mio parere, geniale) da Kirk Demarais che, due anni fa, ha dato alle stampe un autentico capolavoro dal titolo Mail Order Mysteries (lo trovate su Amazon). In breve, la storia della "collezione" è questa. Ricordate – in Italia arrivarono nei primi anni 70 – quelle paginette sulle rivistine che vi vendevano (bastava ritagliare il coupon e spedirlo) le cose più improbabili? I mitici occhiali a raggi x, naturalmente, per vedere le donne nude, la penna delle spie, gli occhiali che vi consentivano di sentire le conversazioni a distanza, e poi, ovviamente, le imprendibili, misteriose "scimmie di mare" (dei microrganismi che dovevate coltivare in acqua e che, una volta adulti, sarebbero stati identici a delle scimmiette?): insomma ci siamo capiti, robe di questo genere. Ebbene, questo designer e illustratore americano – il libro è fantastico anche dal punto di vista dell’impaginazione e della grafica –, non ha fatto altro che raccogliere pazientemente, in trenta anni di carriera da bambino credulone prima, da cliente deluso poi, da curioso catalogatore infine, questi assurdi oggetti. Con una rigorosa classificazione. Cosa ti prometteva il catalogo, cosa si aspettava legittimamente un bambino o ragazzino che rompeva finalmente gli indugi e ordinava (spesso a prezzi non proprio economici), cosa ti arrivava e cosa avevi davvero per le mani. È un catalogo di delusioni infantili, questo, una dopo l’altra: quasi mai gli oggetti corrispondevano, nella prosaica realtà, a ciò che il marketing e la fantasia dei bambini aveva proiettato nell’acquisto.
Ma è anche una lezione di vita, se ci si pensa. Non esistono cose troppo belle per essere vere... a quei prezzi, e l’attesa spasmodica del postino e la delusione una volta arrivato il pacchetto sono una perfetta metafora di molte delle cose che ci capitano davvero nella vita.
Demarais sta molto attento, da questo punto di vista, a non moraleggiare: prende con giocosità la cosa e la ricostruisce in un libro pieno di nostalgia collettiva e individuale, di passato in cui tutto sembra possibile (ma sappiamo bene che così non è), di divertimento e curiosità. È una rivincita, la sua collezione, sulle prese in giro pubblicitarie. È una bellissima storia – come si diceva – che ora, a raccolta conclusa, può essere raccontata. È un ingannare la morte lasciando qualcosa di noi e della nostra presenza. Sì, in fondo, e ogni collezionista lo sa (qualunque cosa collezioni), è questo lo scopo ultimo di una collezione. Se intanto ci si diverte un po’, beh, non c’è niente di male.