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 2013  luglio 28 Domenica calendario

NE’ CON GLI ULTRA’ NE’ COI GENERALI: E’ LA «TERZA PIAZZA»

Nella frattura tra sosteni­tori dell’esercito e isla­misti si inserisce un ter­zo gruppo di egiziani. C’è chi, venerdì, mentre centinaia di migliaia di persone invadeva­no le piazze di tutto l’Egitto, non è sceso in strada oppure lo ha fatto gridando slogan sia contro i generali sia contro i Fratelli musulmani. Il numero è po­co importante paragonato alle masse che hanno animato la protesta delle ultime ore. È de­stinato però a crescere se le vio­lenze dovessero andare avanti e continuassero a emergere notizie di manifestanti uccisi dal­le forze di sicurezza. Sono molti i giovani che han­no partecipato alla rivoluzione del 2011 a ricordare con chia­rezza i mesi del potere dei generali, in cui i soldati hanno com­messo stragi e civili sono finiti davanti ai tribunali militari. A rendere più acuta questa diffi­denza, come hanno notato di­versi attivisti su Twitter, c’è il murales a pochi passi da piazza Tahrir con l’immagine di Mina Daniel, copto ucciso dall’eser­cito nel massacro di Maspero di fine 2001. Oggi, proprio ac­canto al disegno del giovane, so­no parcheggiati i blindati dei militari.
Gruppi centrali nella rivolta di gennaio, come il 6 Aprile, e al­tri attori della rivolta del 2011, hanno boicottato sia le prote­ste islamiste sia quelle pro-eser­cito. «Qualsiasi crimine abbia­no commesso i Fratelli musul­mani contro il popolo... non dia­mo al comandante delle Forze armate Al Sisi la nostra autori­tà. Non andremo in piazza ve­nerdì offrendo un assegno in bianco per commettere massa­cri», ha dichiarato il partito dei Socialisti rivoluzionari. Anche i salafiti di Nahda non hanno partecipato alle manifestazio­ni.
Il New York Times ha messo sul suo sito il lavoro di un attivi­sta e videomaker egiziano, co­nosciuto per le sue opere anti-Mubarak durante la rivoluzio­ne. Ahmed Sherif è a casa, fuma una sigaretta mentre appende il bucato. Sullo schermo com­pare la scritta: «Resisti». Una vo­ce di donna canta in sottofon­do: «Oggi i rivoluzionari fanno parte del partito del divano», un riferimento a come nel 2011 era chiamato chi non era sceso in piazza contro Mubarak. Gigi Ibrahim, tra le attiviste più no­te, durante gli scontri di vener­dì ha scritto su Twitter: «Perché la polizia e l’esercito che tutti ora applaudono non stanno fer­mando il bagno di sangue ad Alessandria, dove ci sono già tre morti?». Il blogger Alaa Ab­delfattah, sempre su Twitter, parla di «crimini di Stato».
C’è chi ha deciso di mani­festare, ma lo fa contro islamisti e generali. Un gruppo di giovani rivo­luzionari ha aperto una campagna su Facebook che ha ancora poche migliaia di follower: «La Terza piazza». Decine di persone si sono ritro­vate non alla moschea di Rabaa Al Adawiya, dove ci sono gli isla­misti, e neppure a midan Tahrir, ma a piazza della Sfinge al Cairo. «Siamo un gruppo di egiziani che ha protestao il 25 gennaio contro la corruzione di Mubarak... che ha protestato contro (l’ex comandante delle Forze armate) Tantawi... che ha protestato contro Mor­si e il suo fascismo religio­so», hanno scritto su un vo­lantino.