
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
«Il whistleblowing» consentirà davvero di denunciare colleghi corrotti o infedeli?

Con 357 voti favorevoli, 46 contrari e 15 astenuti, ieri la Camera ha dato il via libera definitivo alla legge che introduce in Italia il whistleblowing.
• E cosa sarebbe questo «whistleblowing»?
Detto in modo formale è la segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza per ragioni di lavoro. La norma, che si compone di tre articoli, mira soprattutto alla tutela dei lavoratori. Detto più rozzamente, è lo spifferare i casi di corruzione o disonestà del collega o del superiore.
• Così la fa quasi sembrare una legge negativa.
Se guardiamo agli Stati Uniti abbiamo molti esempi virtuosi, grazie al whistleblower c’è chi ha svelato episodi oscuri sull’ambiente, sul nucleare, sull’Fbi. Ma c’è da dire che in America lo Stato tutela e rimborsa chi denuncia, anche perché spesso recupera parecchi milioni di dollari di evasione. In Europa invece non esistono dei premi in denaro. Anzi, la beffa è che spesso chi parla finisce per pagare, essendo licenziato o mobbizzato o, addirittura, finisce in tribunale come nel caso di Antoine Deltour, l’uomo che fece esplodere lo scandalo LuxLeaks. Eppure la Commissione europea ha calcolato che, grazie al whistleblowing, si potrebbero recuperare circa 50 miliardi di euro tra truffe ed evasione.
• Ci sono stati casi di “spifferatori” italiani?
Il più noto è Andrea Franzoso, che ha anche pubblicato un libro sulla sua vicenda, intitolato Il disobbediente. Franzoso, funzionario delle Ferrovie Nord Milano, con l’aiuto del collega Luigi Nocerino denunciò per le sue spese pazze l’allora presidente Norberto Achille. Da qui ne nacque un’inchiesta. Luigi Ferrarella scrisse sul Corriere che Achille era accusato «di aver destinato a uso pressoché esclusivo della moglie e di un figlio due telefoni cellulari, mentre sull’utenza aziendale del padre l’altro figlio avrebbe avuto facoltà di addebitare le proprie chiamate, con il risultato che in questo modo l’azienda sarebbe stata onerata di circa 124.000 euro». E poi il «corposo capitolo delle carte di credito aziendali utilizzate dai familiari — secondo il pm — per pagare spese personali di vario genere: 14.000 euro di abbigliamento, 30.000 di arredi ed elettronica (…) 3.700 di scommes- se sportive e 17.000 di alberghi e ristoranti». E via così. Ma, in contemporanea all’esplodere del caso, Franzoso fu emarginato e mobbizzato da Ferrovie Nord, finché non se ne andò. All’epoca della sua denuncia non aveva alcuna protezione, perché la legge Severino in vigore prevedeva blande tutele solo per i dipendenti pubblici, mentre Ferrovie Nord è un’azienda partecipata. Se la nuova legge fosse stata approvata prima, questa vicenda sarebbe finita diversamente.
• Nello specifico, cosa prevede questa legge?
Il dipendente pubblico che segnala ai responsabili anticorruzione, all’Anac o ai magistrati ordinari e contabili illeciti che abbia conosciuto in ragione del rapporto di lavoro non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato o sottoposto ad altre misure ritorsive. È previsto il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento. Non sono ammesse segnalazioni anonime, ma va garantita la segretezza dell’identità di chi presenta la denuncia. La legge dice anche che se il datore di lavoro licenzia chi ha presentato una denuncia, dovrà dimostrare che il motivo del licenziamento non è stata la soffiata (si chiama «inversione dell’onere della prova»). Inoltre l’Anac può infliggere all’ente ritenuto responsabile una multa fino a 30 mila euro. Sanzioni da 10 a 50 mila euro sono previste anche per funzionari o responsabili che non effettuano accertamenti per verificare le segnalazioni ricevute. Come detto, la tutela del whistleblower vale per tutte le amministrazioni pubbliche, per chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla pubblica amministrazione e, aspetto fondamentale, si estende al settore privato.
• Mi sembra difficile garantire a lungo l’anonimato di chi fa la soffiata.
In effetti è uno dei punti più criticati della legge. L’associazione Transparency ha sintetizzato bene la questione: «Manca una protezione completa nel settore privato, nel senso che il modello non è obbligatorio, non sono previste misure di protezione per le segnalazioni a regolatori esterni o all’autorità giudiziaria. Nei procedimenti giudiziari, a un certo punto l’identità del segnalante potrebbe essere rivelata. Manca poi un fondo economico di ristoro per chi segnala». Anche l’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo ha criticato duramente la legge: «Fatta così non ha senso. Quelli che copiano dall’estero non sanno che lì il sistema è diverso. Ad esempio in Gran Bretagna, dove questo istituto è nato, esistono i testi occulti la cui identità non viene rivelata agli imputati e ai difensori». Non saranno troppo felici della stroncatura di Davigo quelli del M5S, che hanno presentato il disegno di legge nel 2013 a firma della deputata Francesca Businarolo e che ieri, dopo quattro anni, hanno esultato per l’approvazione definitiva. Per la cronaca, a votare contro è stata solo Forza Italia.
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