la Repubblica, 16 novembre 2017
L’amaca
In questo curioso paese la seconda e la terza carica dello Stato saranno, con ogni probabilità, i candidati di punta della sinistra più irrequieta. Da anni si dice che il problema fondamentale della sinistra (tutta quanta, anche quella più seduta) è essere appiattita sull’establishment; che mancano la carica movimentista e la discontinuità; e che questa saldatura tra sinistra e potere le ha fatto perdere progressivamente i contatti con gli umori popolari e con il malessere dei non rappresentati.
Ora: Grasso e Boldrini sono ottime persone; né è legittimo dubitare, come si usa dire, della loro attuale “terzietà” e della loro correttezza istituzionale. Non è questo il punto. Il punto è che ci si poteva aspettare, da parte di una “nuova” sinistra, quella più scontenta dello stato delle cose, non dico un leader preso dalla strada, come nei film neorealisti, non dico un Masaniello, che quelli sono tutti già noleggiati da altri; ma qualcosa di meno solennemente istituzionale, meno “di palazzo”, meno romano-repubblicano. Invece no: presidente del Senato e presidente della Camera. Chissà come si collocheranno, nella sinistra italiana in tumulto, Bankitalia e i corazzieri.