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 2017  novembre 16 Giovedì calendario

Diciassette omicidi non contano. Permesso premio per Bilancia

Si comincia col primo permesso “premio”. Sia chiaro: previsto dal nostro codice e dall’ordinamento penitenziario. Il resto: i successivi benefici, qualche notte da trascorrere fuori di cella nei weekend o durante le festività così come le settimane oltre le inferriate, arrivano da sé. 
E ovviamente sono l’anticamera prima della semilibertà e poi della libertà. Ma ci si dimentica che ci sono delitti e delitti, che non tutti gli assassini sono uguali e che spesso qualcuno (una volta fuori) torna puntuale a fare quello per cui era stato rinchiuso. Ci sono assassini e assassini, si diceva. Prendi per esempio il killer seriale Donato Bilancia: il più prolifico in Italia in termini di numero di vittime. Diciassette omicidi in sei mesi (fra il ’97 e il ’98) nel Ponente Ligure. Tredici ergastoli, più altri vent’anni di aggravanti e mai un pentimento. Una conta e una condotta che dovrebbe garantirci di non dovere mai più accogliere nella società civile soggetti di simile indole e specie. A prescindere dal comportamento, sicuramente ineccepibile, durante la detenzione. Un carcerato modello, insomma uno di quelli che di problemi non ne danno e in prigione diventano istruiti, perfino colti e dottorati. 
Donato Bilancia è uno di questi. In venti anni, mai una punizione né un rimprovero annotato sul diario degli assistenti sociali. Così, a distanza di tanto tempo dai delitti feroci, il serial killer di Genova, 66 anni, esce dal carcere di Padova per venire scortato fin sulla tomba di mamma e papà; sepolti nel cimitero di Nizza Monferrato. Qui, in provincia di Asti, Rocco Bilancia e Anna Mazzaturo avevano comprato casa negli anni Settanta. E seduti in tinello, con incredulità e orrore, un pomeriggio tardo avevano saputo dell’arresto del figlio. «Donato il mostro che uccide sui treni?» chiesero sbigottiti, «nostro figlio ci ha dato qualche dispiacere, ma è sempre stato un ragazzo premuroso e gentile». Quel figlio gentile e premuroso aveva appena concluso la sua “carriera” criminale con l’omicidio del benzinaio Giuseppe Mileto ad Arma di Taggia, in autostrada. Era il 21 aprile 1998. Tre giorni prima aveva ammazzato Maria Angela Rubino sul treno che da Genova andava a Ventimiglia. La prima vittima risale al 16 ottobre 1997: uccide a Genova Giorgio Centenaro. E poi altri contabili, transessuali e prostitute. Per soldi, debiti e alla cieca. 
Donato Bilancia in carcere ha studiato. A luglio 2016 diventa ragioniere diplomato con il voto di 83 centesimi e una tesina sul welfare, tradotta in inglese e francese. Si è iscritto all’università. Frequenta il corso di laurea in Progettazione e gestione del turismo culturale. 
Nei giorni scorsi è uscito per andare a portare fiori al cimitero. E con in testa un chiaro obiettivo: tornare libero. L’assassino seriale sta escogitando il modo insieme col suo avvocato. Prima ha tentato la strada della revisione del processo, poi i difensori hanno presentato un ricorso in Cassazione. 
Donato Bilancia chiedeva che i suoi reati fossero giudicati con il rito abbreviato. Una opportunità (in caso di omicidio volontario), introdotta e diventata possibile anche successivamente alla condanna. Il difensore (sfruttando una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo) ha sostenuto il principio della lex mintior, ossia della legge più favorevole all’imputato anche se si è concretizzata dopo l’iter processuale. Lo sconto di pena avrebbe in questo modo spianato la strada per poter usufruire dei benefici di legge, e avere così maggiori possibilità di uscire dal carcere. Il tentativo è stato però respinto al mittente. Come ricompensa dell’ottima condotta tenuta in prigione, il pluriomicida, è stato premiato col permesso di andare a Nizza Monferrato. 
Resta la domanda: può essere cambiato Donato Bilancia, al punto di non nuocere più alla società una volta tornato libero? «Non ritengo possa essere questo un evento imminente» risponde il presidente dell’ordine degli avvocati di Genova, Alessandro Vaccaro «il detenuto ha 13 ergastoli, manca il risarcimento, manca il perdono dei parenti delle vittime, manca, da quel che si è sempre capito, un pentimento vero per quello che ha fatto. Passerà ancora tempo, anche se poi arriverà il momento in cui potrà godere dei primi permessi». E uno lo ha già ottenuto. Il primo. 
Nei paesi anglosassoni funziona diversamente e la certezza della pena è garantita. «Questo perché gli anni inflitti da una condanna in carcere non sono riabilitativi, ma casomai retributivi», aggiunge il presidente. Tradotto: hai commesso un reato? Se sì paghi per il danno che hai causato, alle vittime e alla società.