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 2017  novembre 16 Giovedì calendario

La vita in gioco. Tombole, roulettes, lotterie e tarocchi Secoli di passione per l’azzardo in mostra alla fondazione Benetton di Treviso

Nei 10 anni dell’assedio a Troia gli achei ingannavano la noia giocando ai dadi, li aveva inventati il mitico Palamede. Prima si tirava in aria l’astragalo, minuscolo osso di capre e montoni; già nel Mille a.C. l’Egitto praticava il Senet, un remoto backgammon. Gli scacchi, creazione indiana, raggiungono l’Europa nel X secolo. Nell’antica Roma il diritto escludeva scommesse in denaro, gli imperatori ne andavano pazzi, Nerone amava le puntate astrologiche e Claudio stilò un trattato sull’argomento. Sono gli antenati della moderna passione amplificata da Internet.
Lo racconta la gustosa mostra Lotterie, lotto, slot machines. L’azzardo del sorteggio: storia dei giochi di fortuna, che apre di venerdì 17 (fino al 14 gennaio) a Treviso, nel Palazzo Bomben della Fondazione Benetton Studi Ricerche, per i suoi 30 anni. Responsabile scientifico è Gherardo Ortalli, con l’aiuto di Alberto Fiorin e Patrizia Boschieri. 120 pezzi in arrivo da collezioni private e Musei, sfilano tombole, roulettes, lotti e lotterie, disegni, dipinti, libri, fiches, tarocchi, mazzi di carte e lastre di Teodomiro Dal Negro, i bei manifesti dalla Raccolta Salce.
Natura e storia
Tanti i nomi bizzarri: Biribissi, Bog, Cavagnola, Nano giallo, Faraone, in un racconto serio e suggestivo su natura e storia del gioco, ineliminabile, istruttivo, ma insidioso se associato al denaro, tanto da modellare economie e società in forme più o meno regolate. Sempre in bilico fra divieto e guadagno; gli stati lo contrastano, ma inventano la tassa al contribuente e i luoghi dove relegarlo, specie piazze cittadine.
È nel ’200 che nasce in Europa lo «Stato biscazziere» non così lontano da noi. La novità viene dal mazzo di carte, entrato nel ’300 dall’Oriente attraverso Spagna o Italia. Nel ’4-500, con le economie in crescita, esplodono «lotti» e lotterie, si punta su tutto: un registro del 1555 a Roma elenca le scommesse per l’elezione del futuro Papa Paolo IV, succede pure con nascite e decessi di sovrani: riferisce una cedola fiorentina del 1556: «scudi due d’oro... in caso che la partorisca maschio; et essendo femmina resti di nullo valore». Ma il 1400 predilige i «falò delle Vanità» contro il demonio, si bruciano in piazza parrucche, maschere, libri pericolosi e con essi dadi, carte, tavolieri, come vuole il francescano Bernardino da Siena; due incisioni del ’5-600 rievocano il fuoco di Giovanni da Capestrano nel 1452 a Norimberga.
La Fiandra nel ’500 dà l’avvio alla Borsa, il gioco finanziario. Il ’700 è un trionfo di scommesse, lotti, bari e truffe. La Serenissima è una Las Vegas del tempo, nel 1634 lo vieta per legge, nel 1638 apre il «ridotto» prima casa da gioco al mondo gestita dallo Stato; una stampa riproduce gli eleganti croupiers in toga e il giocatore con la «bauta», maschera d’obbligo per un preteso Carnevale; un’incisione spiega la complicata elezione del doge per estrazione di «ballotte». Fin dal ’500 Venezia allude al sorteggio per «guadagnar molto mettendo poco capital a fortuna», diventa una febbre popolare, il governo lo vieta, ma a breve bandisce la lotteria con i gioielli in pegno dal duca di Milano. Eugenio Bose dipinge Estrazione del lotto in piazzetta San Marco 1845-47 (Musei Civici, Treviso) a bivacco giovani, vecchi, bimbetti assonnati, la puerpera che allatta.
Eterna ludopatia
Genova non è da meno, Andrea Doria istituisce una magistratura apposita; la Superba verso fine ’500 inventa il Lotto del Seminario, 90 candidati fra cui si scelgono i 5 per il governo, un successo clamoroso copiato in Europa. A fine ’700 appartiene il Gioco Reale, un tavoliere diviso in 70 caselle numerate, è una graziosa tela arrotolabile su due bacchette, da far sparire all’arrivo degli agenti. La Roma pontificia è disturbata da brividi teologici, nel 1731 rende il gioco lecito ma, come altri Stati, solo per ragioni finanziarie e sostegno a opere meritevoli, così il lotto serve alla bonifica delle Paludi Pontine e alla Fontana di Trevi. Il severo e sociale ’800 avversa tali imposte statali, Francia e Inghilterra annullano le lotterie pubbliche, ma Parigi brinda col biliardo nei caffè; da noi Milano si diverte col Gioco della Barca: due dadi e giocatori illimitati; a Napoli, 11 settembre 1860, Garibaldi, fresco di Spedizione dei Mille per editto lo abolisce, subito il Regno d’Italia lo ripristina. Corre veloce il ’900, prima le lotterie patriottiche, poi il Totocalcio dal 1946 e la Lotteria di Capodanno (poi Italia) dal 1957; slot e videopoker raccontano l’oggi con l’eterna ludopatia. Conclude ’A speranza, poesia di Totò al Totocalcio: «Se avessi già preso i milioni, a quest’ora sarei disperato, invece io sto con la testa nella luna, ho sempre la speranza di prendere».