
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sangue sul voto. Il rispetto della Costituzione giustifica le botte ai catalani?

Siccome la polizia locale - i Mossos d’Esquadra - si è rifiutata di intervenire contro la popolazione che voleva votare, il governo ha fatto intervenire in Catalogna la polizia spagnola, che ha impedito l’accesso ad almeno 319 seggi e ha sparato proiettili di gomma contro la folla inerme. I Mossos sono indagati. Il bilancio ufficiale della giornata sarebbe di 460 feriti, 91 dei quali gravi.
• Gravi quanto?
In questo momento è impossibile rispondere. Trattandosi di una contrapposizione frontale tra due schieramenti, ognuno dei quali ha il suo ufficio comunicazione, è necessario fornire le notizie precisando da dove provengono. Il numero dei feriti che abbiamo comunicato sopra è stato indicato dal governo, il quale ha anche denunciato il ferimento di 12 agenti e l’arresto di 6 persone, tra cui un minore. Secondo il governo catalano, invece, i feriti sono 844, due dei quali gravi. Le notizie relative alla resistenza dei Mossos d’Esquadra provengono anch’esse dal governo. «La polizia nazionale e la Guardia Civil hanno dovuto agire perché i Mossos d’Esquadra hanno anteposto le motivazioni politiche a quella professionali», ha dichiarato il rappresentante del governo di Madrid. «Siamo stati obbligati a fare quello che non volevamo fare». Clara Ponsati, ministra catalana dell’Educazione, ha denunciato di essere stata aggredita da agenti della polizia spagnola che hanno fatto irruzione nel suo seggio di Barcellona.
• Abbiamo esempi del modo in cui s’è comportata la polizia spagnola?
La polizia spagnola ha fatto irruzione nel seggio di Girona dove era previsto votasse il presidente Carles Puigdemont. Gli agenti hanno sfondato le porte che erano state chiuse dai cittadini e sono stati accolti dal grido degli elettori «Voterem». Intanto i volontari catalani portavano via urne e schede. Puigdemont è poi riuscito a votare in un altro seggio, perché gli organizzatori del referendum separatista (ieri si doveva dire sì o no al progetto di staccare la Catalogna dalla Spagna e farne uno stato indipendente) avevano stabilito fin dalle otto del mattino il cosiddetto «censo universale», cioè che fosse possibile votare ovunque e persino su schede che ciascuno poteva stamparsi a casa sua. Tra i feriti, riferiscono fonti catalane, c’è anche un’anziana signora, rimasta colpita nell’irruzione della polizia nel collegio Freire del quartiere di Roquetes a Barcellona. Parecchi i tafferugli con i votanti.
• Non ci sono stati scontri tra le forze dell’ordine spagnole e quelle catalane?
Pare di no. Ma a Barcellona agenti anti-sommossa spagnoli hanno caricato con manganelli e calci un gruppo di vigili del fuoco catalani impegnato a presidiare uno dei seggi.
• Risultati del referendum?
Non ci sono ancora, e del resto non s’è trattato di un voto normale (le prime proiezioni parlavano di un 87% di sì, ma senza specificare il numero dei votanti). Una valanga di sì, cioè di voti favorevoli alla secessione, prevedibile. Ma che valore possono avere in un contesto simile? Il governo di Madrid ha sbagliato nel non consentire una regolare consultazione, magari priva di valore pratico, ma condotta con tutti i crismi. Anche tra i catalani il partito di coloro che non vogliono staccarsi dalla Spagna, benché minoritario, non è residuale. Comunque si voglia valutare la giornata di ieri, resta per il governo un problema politico enorme, quello di ristabilire un confronto serio con la regione ribelle. La democrazia che cos’altro sarebbe se non confronto e mediazione?
• Reazioni?
Il premier Mariano Rajoy s’è affacciato dagli schermi tv e ha sostenuto che «oggi non c’è stato alcun referendum. È stata una messinscena (...) Siamo una democrazia tollerante ma ferma, abbiamo rispettato la legge e la Costituzione, reagito con fermezza e serenità. Domani convocherò le forze politiche parlamentari per riflettere sul futuro». Per Rajoy c’è stato il «fallimento di un progetto che ha provocato situazioni indesiderate e che ha causato un danno molto grave alla convivenza, un bene che dobbiamo recuperare». Rajoy precisa che non chiuderà «nessuna porta». «Oggi abbiamo constatato la forza della democrazia spagnola, perché il referendum voleva liquidare la Costituzione senza tener conto dell’opinione degli spagnoli (...)». Le autorità catalane adesso «non facciano nuovi passi su una strada che non porta da nessuna parte». Il presidente del governo catalano Puigdemont ha affermato che Madrid sta rispondendo a «urne, schede e seggi nelle scuole» con «manganelli e proiettili di gomma», «un esempio di azioni ingiustificate e ingiustificabili». La «brutalità ingiustificata» della polizia contro gli elettori catalani è «una vergogna che accompagnerà per sempre l’immagine dello Stato spagnolo». La vicepremier spagnola Soraya Saenz de Santamaria ha difeso l’operato della polizia spagnola, che sarebbe intervenuta ai seggi con «professionalità» e «proporzionalità». Podemos prepara una mozione di censura al governo minoritario di Rajoy e chiede l’appoggio di socialisti e nazionalisti. Il vicesegretario del partito, Rafael Mayoral, ha proposto ai socialisti di «fare un passo avanti e mandare via subito il premier». «La Spagna dovrà spiegare al mondo che cosa ha fatto oggi in Catalogna», ha dichiarato la presidente del parlamento catalano Carme Forcadell.
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