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 2017  ottobre 02 Lunedì calendario

Quanto vale l’agenda di un Politico

Lunedì scorso, all’Intercontinental Barclay Hotel di Manhattan, Barack Obama ha tenuto il suo nono discorso a pagamento da quando, a gennaio, ha lasciato la Casa Bianca. Uno speech di 25 minuti sul tema dell’assistenza sanitaria, rivolto a 500 persone invitate dalla società finanziaria Cantor Fitzgerald, quotato 400 mila dollari: 16 mila bigliettoni al minuto. A questo incasso va aggiunto il contratto da 60 milioni di dollari che lui e Michelle hanno firmato per scrivere i loro memoir. Parte dei guadagni, due milioni di dollari, precisa un solerte portavoce, finanzieranno programmi di formazione professionale per giovani con basso reddito a Chicago: la sua città.
Percorsi
La vita da ex politico non è poi così male. Il revolving door può essere conveniente. Obama è corteggiatissimo come conferenziere, soprattutto in ambienti finanziari (che qualcuno, la stessa Hillary Clinton, gli sconsiglia di frequentare), sulle orme di Bill Clinton (1993-2001), ora ritiratosi dalle scene. Entrambi sono da tempo titolari di una fondazione i cui contributori non si limitano a pensare di sostenere qualche buona causa. Poi c’è anche chi come l’ex vice di Clinton, Al Gore (1993-2001), ha buttato il cuore oltre l’ostacolo e siede nel cda di Apple di cui è importante azionista con un incarico che ricorda lontanamente le sue battaglie ambientaliste.
In Italia l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta (2013—2014) ha riempito la sua nuova agenda, con molte attività culturali e di impegno civile: è diventato preside della Paris School of International Affairs (Psia) della prestigiosa Sciencies Po, mentre in Italia ha fondato una sua Scuola di Politica che tiene corsi cui partecipano personaggi come Romano Prodi. Ha fatto ingresso anche in alcuni cda, tenendosi volutamente lontano da quelli più rilevanti economicamente in Italia. É membro indipendente del board della società di infrastrutture e trasporti spagnola Abertis; siede nell’advisory board di Amundi, colosso del risparmio gestito francese, e in quello della società di cacciatori di teste Spencer Stuart Italy. Letta è inoltre attivo in svariati think tank a partire dal suo, la fondazione Arel, di cui è segretario generale, è presidente dell’Istituto Jacques Delors, Senior Advisor di Eurasia Group e dell’European House Ambrosetti. Figura nella lista dei conferenzieri prenotabili presso il London Speakers Bureau, insieme con Bernard Kouchner, Dominique De Villepin, Frederik de Klerk, Gerhard Schröder, François Fillon, Yanis Varoufakis e Nigel Farage. Quest’ultimo, uscito da Ukip, si è rifatto una vita da consulente di Donald Trump, col quale si è fatto riprendere a cena alla Trump Tower.
Certo, a volte c’è bisogno di tempo per costruirsi una nuova agenda: l’ex primo ministro conservatore inglese David Cameron, anch’egli dimessosi rovinosamente a giugno 2016 dopo il referendum sulla Brexit, a parte scrivere le proprie memorie, per ora ha trovato un lavoro: svilupperà il Servizio civile nazionale. Intanto presiede gratuitamente l’ente nazionale di ricerca sull’Alzheimer. Come lui, anche i suoi colleghi John Major (1990-1997) e Gordon Brown (2007-2010), figurano tra i conferenzieri a pagamento della scuderia del Washington Speakers, che annovera tra gli ultimi arrivati François Hollande e tra i vecchi George W.Bush. Major svolge ormai da tempo il ruolo di consulente al Credit Suisse mentre Brown è ora inviato speciale Onu e, insieme con Ben Bernanke (ex Federal reserve) e Jean Claude Trichet (ex Bce), fa parte (versando in beneficenza l’emolumento) del Global Advisory Board di Pimco,tra le principali società Usa di gestione di investimenti.
E Tony Blair? Il premier laburista inglese (1997-2007) ha avviato un piccolo impero personale che ha appena ristrutturato in due società, orientandolo maggiormente verso il Non Profit. Ma, si fa sapere, «ha conservato un piccolo numero di consulenze personali per il suo reddito», tra cui quella molto discussa a JP Morgan. Dopo aver mancato il secondo mandato alla presidenza francese, anche Nicolas Sarkozy (2007-2012) si è dato agli affari: a febbraio scorso è entrato nel consiglio di amministrazione del gruppo di hotellerie Accor, per sviluppare una «strategia internazionale». Mentre il suo primo ministro, François Fillon, lo scorso primo settembre è diventato partner del gruppo di asset management e investimenti Tikehau Capital, quello che ha appena comprato un’area commerciale dello Juventus Stadium.
Poltrone controverse
Niente però ha fatto scalpore quanto la controversa carriera di Gerhard Schröder (cancelliere tedesco della Spd 1998-2005). Martedì scorso il governo russo ha approvato la sua candidatura alla presidenza del consiglio di amministrazione di Rosneft, la più grande compagnia petrolifera controllata dal Cremlino e il maggiore produttore mondiale di petrolio quotato in Borsa. Le reiterate critiche di Angela Merkel (e anche quelle del suo compagno di partito Martin Schulz) non hanno mai influito sulla vecchia amicizia tra l’ex cancelliere e Vladimir Putin. Schröder presiede da tempo la commissione degli azionisti di Nord Stream, il gasdotto che dovrebbe essere raddoppiato grazie alle forniture di Gazprom. Ma non basta: dal 2006 è anche membro dell’European Advisory Council del Rothschild Group e advisor del gruppo editoriale svizzero Ringier. Al confronto, scompare l’incarico assunto dall’ex presidente tedesco Christian Wulff (2010-2012) che ha raccolto comunque molte critiche per essere diventato consulente legale di Yargici, un gruppo turco che produce alta moda, e che gli permette di arrotondare i 236 mila euro che gli spettano come ex presidente.
Tra gli italiani che hanno virato decisamente in ambito finanziario c’è l’ex ministro del Tesoro (2012-2013), Vittorio Grilli, che è ormai stabilmente chairman del Corporate and Investment banking di Jp Morgan Chase in Europa, Medio Oriente e Africa (Emea). Prima di lui, il collega Domenico Siniscalco (2004-2005) era approdato in Morgan Stanley, dove è tuttora vicepresidente e Country Head per l’Italia, oltre che responsabile per l’Emea. Ma Siniscalco, oltre ad aver mantenuto incarichi cattedratici, siede anche nel consiglio di amministrazione del Grosvenor group, uno dei più grandi gruppi di gestione immobiliare al mondo, che fa capo all’omonima famiglia di lord, assai vicina ai reali britannici. Il ruolo che si sono ritagliati gli ex premier Romano Prodi e Mario Monti è circoscritto invece alla partecipazione a prestigiosi fondazioni e think tank. Come del resto ha fatto anche Francesco Rutelli, vicepresidente del Consiglio e ministro dei Beni culturali (2006-2008) e prima ancora lungamente sindaco di Roma (1993-2001), che però si è recentemente insediato come presidente di Anica e coordinatore del nuovo forum culturale Italia-Cina. Un capitolo a parte meritano gli ex commissari europei, a partire dal Josè Manuel Barroso (2004-2014) che Goldman Sachs ha nominato nel 2016 presidente non esecutivo di Goldman Sachs International oltre che consulente, mentre ancora percepiva dall’Unione europea una buonuscita da 15 mila euro per 30 mensilità. Il rapporto pubblicato a gennaio dall’associazione Transparency International ha dimostrato che metà dei 27 commissari del team Barroso ha trovato lavoro presso gruppi iscritti al registro europeo delle lobby.
La regola debole
Il problema sostiene, Transparency International, è che si fanno troppe eccezioni alla regola, già debole, che vieta a chi ha svolto incarichi istituzionali di assumerne di nuovi nei successivi 18 mesi. Tra i commissari di Barroso, molti svolgono attività accademica, di consulenza, di speakeraggio, tra questi, Joaquin Almunia (Competitività), Viviane Reding (Giustizia), Catherine Ashton (Esteri), Michel Barnier (Affari monetari). Mentre altri hanno assunto ruoli di rilievo tornando nel proprio Paese: è il caso di Olli Rehn (Affari monetari) che è diventato in Finlandia prima ministro dell’Economia e poi direttore generale della Banca centrale. Più al limite la posizione di Neelie Kroes (Agenda digitale) che ha assunto l’incarico di consulente della multinazionale Uber e della banca Merrill Lynch. Del resto, esempi che vengono dal passato non mancano. Frits Bolkestein, commissario ai Mercati Interni (1999-2004) non si limita a tenere speech per non meno di 20 mila euro sotto l’insegna dei Celebrity speakers (che ha nel suo carnet Mikhail Gorbachev, Sonia Gandhi, Lech Walesa) è membro del Royal Institute of International Affairs (London) come del think tank tedesco Centrum Für Europäische Politik. La sua carriera è sconfinata dal 2005 negli affari quando Bolkestein è diventato consigliere di amministrazione della GML limited, la holding fondata nel 1997 da Mikhail Khodorkovsky, il magnate russo cui fui espropriata la Yukos. Herman Van Rompuy, primo presidente del Consiglio europeo fino al 2014 è oggi membro del Supervisory di Dexia Bank. Ultimamente l’ex esponente cristiano-democratico ha destato molto scalpore: come membro del Consiglio dell’organizzazione che gestisce i centri psichiatrici della Congregazione dei Fratelli di Carità del Belgio, è stato richiamato dal Papa perché in quegli istituti si praticava apertamente l’eutanasia. Ma Van Rompuy non ha fatto una piega e ha risposto al Pontefice che l’epoca delle ingerenze della Chiesa deve considerarsi finita. Altro che revolving door.