
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Renzi può ben sostenere che non è andata male o è stata una batosta?
Matteo Renzi dice che non è andata così male, perché alla fine il centrosinistra ha conquistato 67 comuni mentre il centrodestra ne ha presi soltanto 59.
• Stiamo parlando dei comuni con più di 15 mila abitanti.
Sì. Però il centrodestra ha tolto al centrosinistra le prede più grosse: Genova, l’Aquila, Monza, Piacenza, La Spezia, Alessandria, Asti, Pistoia, Como, Rieti, Lodi e Oristano. Mentre il centrosinistra ha sfilato al centrodestra solo Padova e Lecce. Palermo non fa testo, perché non ha vinto il centrosinistra, ma Leoluca Orlando. Ci sono poi certi passaggi dal centrosinistra al centrodestra molto significativi per ragioni storiche. Per esempio Sesto San Giovanni, talmente rossa da essere soprannominata «la Stalingrado d’Italia», è finita nelle mani di Roberto Di Stefano, cioè del candidato di Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia (più cinque liste civiche e un Partito Liberale rimasto senza seggi). Il vecchio Oldrini, collega giornalista e monumento della città, credo giri parlando da solo. La democratica Monica Luigia è stata distanziata di 17 punti, cioè la rossa Sesto, si direbbe, della sinistra comunque cucinata si è bella che stufata.
• Ho come l’impressione che si siano stufati tutti, che sul serio nessuno creda più a niente.
Il risultato della sinistra è particolarmente grave perché non ha funzionato nemmeno la coalizione tra tutti quanti. Lo ha messo bene in evidenza Sergio Cofferati: «Non è solo la sconfitta di Renzi, ma anche del centro-sinistra allargato modello Pisapia-Bersani. Se si vanno a vedere i dati del primo turno, il Pd è molto calato (19,8%) e Mdp e Pisapia non arrivano al 3%. È una doppia battuta d’arresto». Cofferati aggiunge che questo esito delle amministrative rinfocolerà il desiderio di Renzi di andare a votare al più presto, tanto più con una finanziaria alle porte parecchio complicata. È un’analisi che ha l’aria di cogliere nel segno.
• Dove ha sbagliato soprattutto Renzi? Perché pare che dopo un esordio in cui le indovinava tutte, adesso non ne azzecchi più neanche una.
Ho l’impressione che abbia fatto lo stesso sbaglio di Mario Monti. Battuto il 4 dicembre - e a quel modo - doveva dar seguito alle promesse e ritirarsi, cioè sparire dalla scena politica. Oggi forse sarebbe una risorsa da richiamare. Mandare in giro tweet in cui si dice che non s’è proprio perso perché è finita 67 a 59 è abbastanza inefficace. Non è chiaro che cosa succederà a questo punto dentro il partito. L’avversario interno di Renzi, cioè il ministro Andrea Orlando, non fa sconti: «Il Pd ha perso le amministrative, non si può parlare di risultato a macchia di leopardo». Gli fa eco il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato: «Abbiamo perso». Se la vedranno il 10 luglio, giorno in cui dovrebbe essere convocata la Direzione.
• È il momento del centro-destra?
Giovanni Toti è l’uomo del momento. Ha preso la Liguria e Savona l’anno scorso, Genova e La Spezia adesso. Terre, come ha detto lui stesso, dove il centrodestra, storicamente, «non aveva mai toccato palla». Adesso Toti dice questo: «Gli elettori ci vogliono uniti e ci dicono che non c’è bisogno di uomini della Provvidenza come Montezemolo, Calenda o Draghi». Montezemolo, Calenda e Draghi sono i nomi pronunciati da Berlusconi negli ultimi giorni. L’unità che invoca Toti è quella con Salvini, che civetta anche con i cinquestelle, considerati da Berlusconi, almeno finora, pericolosi quanto i comunisti. Toti e Salvini vogliono un sistema elettorale maggioritario, con un premio di maggioranza da assegnare alla coalizione. Berlusconi non vuole l’alleanza con Salvini, spera che il sistema tedesco sia riesumato, specie nella sua parte proporzionale, punta a un accordo con Renzi dopo il voto. Resta da vedere se Renzi, che nelle ultime ore pencolava a sinistra, avrà ancora la forza o la sfacciataggine politica di intendersela con il Cavaliere.
• Veniamo a Beppe Grillo.
Gli è andata bene. Correva in dieci comuni e ne ha presi otto, anche se non l’ha spuntata in un capoluogo importante come Asti. La perla del bottino è Carrara, seguita da Fabriano, due città fino a ieri storicamente rosse (Carrara ha un sindaco di sinistra dalla fine della guerra). Ma è molto importante anche la vittoria a Guidonia, che fa quasi centomila abitanti ed è in pratica un quartiere di Roma. L’ascesa alla poltrona di primo cittadino di Michel Barbet, partito in svantaggio contro il democratico Emanuele Di Silvio (è finita 51,45 contro 48,55), potrebbe dimostrare che il disgusto per la Raggi non è ancora ai livelli di guardia. Di Maio ha twittato: «Con 8 ballottaggi vinti su 10 siamo a 45 sindaci 5 Stelle: una crescita di oltre il 20%. Auguri a tutti!».
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