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 2017  giugno 27 Martedì calendario

Come scrivere un romanzo giallo

C’è un libro che consiglio a chiunque abbia ambizioni di scrittura narrativa, e anche a chi non ne abbia. Lo consiglio semplicemente a chi ama la letteratura. È un libro che mantiene molto più di ciò che promette il titolo: Come scrivere un romanzo giallo o di altro colore (Bollati Boringhieri). L’autore, Hans Tuzzi, è uno dei maggiori giallisti italiani, essendo prima che giallista uno scrittore e un lettore eccezionale: senza puzze sotto il naso e senza snobismi al contrario, cioè senza gli snobismi di coloro che tra il basso e l’alto scelgono sempre il pop, meglio se autoironico. Tuzzi spazia con nonchalance da Flaubert (il più citato dopo Proust e Dickens) a Michael Chabon, che dice una grande verità: «Gli scritti migliori non sono quelli di genere, o fuori dei generi, ma quelli che nascono tra i generi, negli interstizi e nelle “terre di confine” tra un genere e l’altro». Per illustrare l’uso dei ferri del mestiere, Tuzzi ci accompagna tra i grandi scrittori e li fa parlare come fosse un Dante pellegrino nell’altromondo della letteratura. E così, Kafka ci insegna a catturare il lettore sin dalla prima riga: «Una mattina Gregor Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato, nel suo letto, in un insetto mostruoso». Gadda ci mostra come far risuonare la musica della prosa: «Vagava, sola, nella casa. Ed erano quei muri, quel rame, tutto ciò che le era rimasto? di una vita». Poe ci avverte sull’importanza del ritmo, ma anche Manzoni, che dopo aver scritto pagine optò per una sola frase: «La sventurata rispose». Stevenson ci spiega com’è riuscito a superare il blocco di scrittura quando giunse al sedicesimo capitolo dell’ Isola del tesoro. Come? Mollando la presa e pensando ad altro. Faulkner ci mostra come far parlare un morto, ma soprattutto come costruire un insieme di voci (e di prospettive) complesso e perfetto. Simenon ci segnala l’arte sottile della reticenza, cioè come si dice senza dire. Mann ci dimostra come caratterizzare un personaggio attraverso ciò che mangia, un budino. Proust ci mette sotto gli occhi una mostruosa opera di connessione tra punti in apparenza sideralmente lontani. Fitzgerald documenta come la struttura di un romanzo dipenda da una scelta decisiva: quale voce narrante? Eccetera. Ma viene da un poeta, René Char, la lezione più acuta: lo scrittore si riconosce dalla quantità di pagine insignificanti che non scrive.