Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  giugno 27 Martedì calendario

Un miliardo ai nord-irlandesi May «compra» i nuovi alleati

LONDRA Dopo due settimane di trattative, Theresa May riesce a formare un governo di coalizione che le dia la maggioranza di cui ha bisogno per andare avanti. La premier conservatrice ne approfitta per presentare finalmente in parlamento i dettagli della proposta sul diritto dei 3 milioni di cittadini europei, incluso mezzo milione di italiani, di restare in Gran Bretagna dopo la Brexit: «Vogliamo che rimangano qui», afferma.
In teoria, due punti positivi per Downing Street. In pratica, nuova materia per dissensi e polemiche. «Ha avuto bisogno di una mazzetta per fare il governo», accusa Cerwin Jones, premier laburista del Galles, alludendo al miliardo di sterline promesso dai Tories al Dup, il partito unionista nord-irlandese che con i suoi 10 deputati offre sostegno all’esecutivo. «È un governo nell’interesse di May, non della Gran Bretagna», rincara la dose il leader del Labour Jeremy Corbyn, affermando che l’intesa con una delle due parti in causa nel decennale conflitto in Irlanda del Nord rischia di mettere a repentaglio la fragile pace nella regione.
Quanto alla proposta sugli europei residenti nel Regno Unito, Corbyn la bolla come “troppo poco, troppo tardi”, sostenendo che “usa la gente come merce di scambio” al tavolo del negoziato con Bruxelles. Sulla carta, l’iniziativa britannica offre agli europei la possibilità di rimanere in Gran Bretagna con gli stessi diritti dei cittadini britannici su lavoro, sanità, istruzione: tutti, tranne il diritto di votare, ma possono avere anche questo se poi chiedono la cittadinanza britannica.
In realtà rimangono varie questioni irrisolte, come sottolinea subito il capo negoziatore Ue Michel Barnier: «Il nostro obiettivo è dare ai cittadini Ue in Gran Bretagna lo stesso livello di protezione che hanno oggi con le leggi europee: servono più chiarezza e più garanzie». E il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani avverte: «Se gli europei non riceveranno gli stessi diritti di cui godono oggi, non approveremo alcun accordo sulla Brexit».
Per di più, la premier britannica annuncia che i 3 milioni di europei dovranno presentare richiesta di residenza con un nuovo formulario, compresi i 150mila che l’hanno già fatto. Un incubo burocratico.
Non meno complesso si profila il cammino del neonato governo di coalizione. Grazie al Dup, i conservatori hanno una maggioranza di 13 seggi, comunque più piccola di quella attuale che May giudicava insufficiente per realizzare la Brexit (perciò ha indetto elezioni anticipate). Per avere l’appoggio di un partito che molti giudicano estremista (oltre che anti-abortista e anti-diritti dei gay), la premier gli ha promesso 1 miliardo di sterline in due anni. Domani si vedrà, con il voto sul programma di governo illustrato la settimana scorsa nel “Queen’s Speech”, se la maggioranza regge. Di certo, fra Brexit e governo di coalizione, Theresa May navigherà a vista. E probabilmente a tempo, finché il suo stesso partito non riterrà che sia ora di farla cadere.