Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gran colpo di Salvini, batosta per Di Maio, ira dei non renziani del Pd
Direi che andremo a votare, forse addirittura a giugno. • Pensavo che avremmo commentato il risultato del Friuli.
Sì, certo. Salvini ha stravinto, il M5s ha preso una batosta tremenda, Forza Italia ha guadagnato due punti sulle politiche , il Pd ha preso più o meno gli stessi voti del 4 marzo. Di Maio ha commesso l’ingenuità di proporre a Salvini una specie di petizione da indirizzare a Mattarella perché si voti di nuovo a giugno. Si direbbe che a Salvini converrebbe accettare. • È come se a un tratto la situazione fosse precipitata.
Già. Dipende dall’intervista di Renzi a Fazio domenica sera. Ricorda? Renzi ha detto: «Hanno vinto Salvini e Di Maio, governare tocca a loro. Noi siamo disponibili a sederci a un tavolo per scrivere tutti assieme le regole istituzionali. In uno o due anni saltiamo direttamente alla Quinta repubblica». Sul reddito di cittadinanza: «Non sta né in cielo né in terra. Glielo dicano loro al Sud che non si può fare». Comunque «non voteremo la fiducia a Di Maio». Sull’incontro con il M5s: «Facciamolo in streaming». La prima reazione di Di Maio fu da film western: «La pagheranno». Ieri c’è stato il secondo round, con Di Maio che vuole votare e con l’ira dei democratici non-renziani, a partire da Martina.
• E già. È come se Renzi li avesse fatti giocare per cinquanta giorni e fosse ridisceso in campo nel momento in cui bisognava fare sul serio.
È la stessa musica che risuonava dietro al celebre «stai sereno» diretto a Enrico Letta. Martina era reggente? Ma diciamolo: non contava niente. Perché non contava niente? Perché non aveva i numeri. Renzi domina i gruppi parlamentari e la direzione del partito. Domina perché ha giocato sporco? Può darsi. Però domina. L’uscita da Fazio è anche un messaggio a quelli dei suoi che fossero attraversati da qualche dubbio. Il messaggio è: ragazzi, qui dentro l’unico uomo forte sono io. Vedrà che ci sarà un rapido ritorno a casa da parte dei quasi-dissidenti. Renzi tornerà segretario e farà le liste per le prossime elezioni. Ci siano capiti. Si leggono le dichiarazioni furibonde di Martina e le lezioni di galateo di Franceschini persino con un senso di pena.
• Che hanno detto?
Martina: la misura è colma, «quanto è accaduto è grave», seguono considerazioni sul valore della collegialità, «il partito rischia l’estinzione», «c’è un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società» eccetera. Discorsi che abbiamo sentito fino alla noia anche da quelli di Leu e si sa come sono finiti quelli di Leu. Franceschini: «È arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più». Il problema è che Renzi guida ancora la maggior parte dei suoi, anche senza il titolo di segretario. In direzione, giovedì prossimo ci sarà il confronto e il chiarimento? Sono sicuro che Renzi non è minimamente preoccupato. Martina ha detto che bisognerà cambiare l’ordine del giorno, dato che ci si aspettava di discutere l’eventualità dell’alleanza, ai fini della formazione di un governo, con i cinquestelle. Idea peregrina e del tutto tramontata. Quindi discuteranno di Renzi e del suo diritto a fare quello che fa. Renzi vincerà a mani basse, e andremo al voto. Il come e il quando dipendono dalla fantasia di Mattarella.
• E se Renzi avesse sbagliato i calcoli e il Pd pigliasse una batosta tremenda?
Ma Renzi vuole andare all’opposizione a tutti i costi, anche a costo di farsi un partito suo. Solo sfilandosi dai casini del governo può pensare di far raffreddare il rancore degli italiani e tornare in auge fra tre, quattro o cinque anni. E comunque il Friuli mostra che un nuovo turno elettorale è forse più pericoloso per il M5s che per gli altri.
• Veniamo al Friuli.
Alle politiche, il M5s ha ottenuto in Friuli il 24,6% dei consensi. Domenica, alle regionali, la lista ha preso il 7,1 e il loro candidato l’11,7. È vero che a livello locale i grillini soffrono sempre, ma il crollo appare esagerato in ogni caso: il Di Maio che pur di entrare a Palazzo Chigi è pronto a sposarsi indifferentemente sia con questi che con quelli deve essere piaciuto poco. Dall’altra parte c’è il grande successo di Salvini: 57,1% per il nuovo governatore Massimiliano Fedriga e il 35% per la lista. La Lega domina Lombardia, Veneto e Friuli, in Liguria ha un forzista molto amico suo, quando conquisterà il Piemonte avrà in mano tutto il Nord. Questo, avendo cominciato a prendere voti anche al sud. Chi sia il vincitore assoluto di questi 50 giorni di vicende politiche mi pare chiaro.
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