Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 01 Martedì calendario

Gli Stati Uniti importano più di quanto esportano

ROMA Gli States importano ben più di quanto esportano nel resto del mondo: 566 miliardi di dollari di beni e servizi, dicono i dati del 2017, è il picco più alto dal 2008, il 12% in più dell’anno prima. Sono questi i numeri che disturbano le notti di Donald Trump. E dunque non importa se si rischia di far tornare i fantasmi degli anni trenta. Evidentemente il rischio di una guerra commerciale a suon di dazi che può costare l’1-2% della crescita mondiale non distoglie più di tanto il tycoon Usa dall’obiettivo: attaccare quel deficit e farlo sgretolare. 
Così dopo le mosse contro cinesi e coreani su lavatrici e pannelli solari, può ora cadere l’esenzione su acciaio e alluminio riconosciuta per poco più di un mese all’Europa, possono scattare i contro-dazi già minacciati dall’Ue, tra jeans Levi’s, Whiskey Barboun, tabacco, le storiche moto Harley-Davidson, vendute per il 16% in Europa, e chissà cos’altro ancora può scattare. La posta in gioco è alta.
L’ASSE OLTREOCEANONel 2017 l’Europa pesa più della Cina nell’interscambio di beni con gli Stati Uniti: grazie a un salto del 4,7% l’asse Usa-Ue vale 718 miliardi di dollari con un deficit americano salito a 151 miliardi. Quanto all’Italia, l’anno scorso il nostro Paese è entrato nella top ten nella classifica dei Paesi partner degli Usa (con un interscambio di 68 miliardi di dollari, in crescita di oltre il 10%), e ha conquistato una quota di mercato dell’1,8%.
Dove può arrivare l’escalation protezionistica? «L’Ue difenderà i sui interessi, insiste Bruxelles lasciando immaginare una reazione alle mosse Usa «proporzionata ed equilibrata».
Secondo alcune stime, i contro-dazi europei dovrebbero pareggiare il valore delle accise su acciaio e alluminio negli States: 2,8 miliardi di euro. Ma se Trump dovesse spingersi poi oltre, il conto da pagare diventerebbe alto perché nel mirino finirebbe un boccone grosso come l’automotive europeo. A quel punto la partita diventerebbe delicata anche per l’Italia.
IL DOMINOProprio così. Perchè se l’affair acciaio-alluminio può essere marginale per il nostro Paese, visto che interessa di fatto il 3%%delle esportazioni italiane di questi prodotti (circa 700 milioni di rendite negli Usa), un’escalation su altri settori può avere ben altro impatto.
Le esportazioni italiane Oltreoceano (50 miliardi di dollari) sono cresciute del 10,4%, e gli States rappresentano il terzo mercato di destinazione del Made in Italy. Ma sono proprio gli autoveicoli in cima alla classifica dei beni esportati dall’Italia verso gli Stati Uniti. Basta dire che dopo i macchinari e le apparecchiature, gli autoveicoli rappresentano i beni più comprati dagli States (il 12,6% del totale) per un valore di oltre 5 miliardi di euro. 
Altri mezzi di trasporto (navi, locomotive, aerei e veicoli spaziali), rappresentano 3,5 miliardi di euro, dietro i prodotti farmaceutici (3,9 miliardi di euro). Seguono i prodotti delle altre industrie manufatturiere (circa 2 miliardi), al pari di tessile e abbigliamento, a quota 4,9% del totale delle vendite negli Usa. 
È su questi numeri che Trump fa leva per sciogliere la sua decisione sull’esenzione permanente dell’Ue ai dazi su acciaio e alluminio. Il presidente Usa punta a trattamento «più equo» sull’interscambio di auto con l’Ue, in particolare con la Germania. E a quel punto Bruxelles ha messo sul tavolo l’apertura alle imprese europee delle gare pubbliche d’appalto negli Stati Uniti. Purchè sparisca il ricatto dei dazi.
La Ue ha definito da tempo la lista di controdazi per colpire «in modo mirato e proporzionato» secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio varie decine di prodotti Usa. La provvisoria lista europea comprende beni di consumo (tra cui anche camicie, cosmetici, piccole imbarcazioni) per un miliardo di euro; bourbon whiskey, succo d’arancia, mais e prodotti agricoli per 951 milioni; acciaio e prodotti industriali per 854 milioni. Chissà fin dove si rischia di arrivare in caso di escalation.
Roberta Amoruso