la Repubblica, 1 maggio 2018
il pericolo dei missili iraniani
NEW YORK «Gli iraniani ci vogliono far credere che i loro missili balistici siano solo uno show tv: io certo non ci casco». Donald Trump non perde tempo per rilanciare gli allarmi sulla minaccia militare di Teheran, dopo la mezza tonnellata di rivelazioni di Benjamin Netanyahu. E si scaglia contro l’accordo nucleare del 2005. «Scade tra appena sette anni, dopo di che gli iraniani potranno ricominciare i loro progetti», dice il presidente americano (con una certa imprecisione sulle date) avvertendo che «la situazione attuale è inaccettabile». E insiste proprio sulla questione dei missili balistici di Teheran: che, con l’avvicinarsi della scadenza del 12 maggio, assume una rilevanza sempre maggiore dal punto di vista strategico, diplomatico e persino dell’opinione pubblica. Non è un caso che in una delle slides mostrata ieri premier israeliano si vedessero tre missili iraniani capaci di colpire Tel Aviv, Riad e persino Mosca. «Teheran sta cercando di estendere ancora la portata», ha detto Netanyahu in un ottimo inglese, forse con l’obiettivo di fare leva sulle paure degli americani. Ma è concreta, questa minaccia? Gli analisti militari ricordano che l’Iran ha uno dei maggiori arsenali balistici in Medio Oriente. Ha anche mandato in orbita tre satelliti usando missili a due stadi. Ha migliorato i sistemi di orientamento. Dispone di carburanti più efficienti. E soprattutto è passato dai primi esperimenti con gli Scud B e Scud C degli anni 80, a una serie di test missilistici avanzati, tra il 2015 e il 2017, che hanno sollevato le proteste all’Onu. Una risoluzione del 2010 vieta infatti a Teheran di costruire missili capaci di trasportare un ordigno nucleare: ovviamente l’Iran ha sempre negato che questo fosse il caso per l’Emad, lanciato nell’ottobre 2015 (con una portata di 1700 chilometri), o per il Ghadr 110 (2000 chilometri), o per gli altri esperimenti in corso. Trump e i suoi collaboratori, a cominciare da John Bolton, non si fidano delle assicurazioni di Tehran: anche perché missili di probabile origine iraniana sono regolarmente lanciati contro Riad dai ribelli pro-Iran nello Yemen. Intanto il Pentagono teme per il ruolo dei missili nella corsa al riarmo nel Medio Oriente. E anche Emmanuel Macron ripete che l’accordo nucleare del 2015 va completato con nuove regole sui missili balistici.