Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 01 Martedì calendario

Gran colpo di Salvini, batosta per Di Maio, ira dei non renziani del Pd

Direi che andremo a votare, forse addirittura a giugno.   • Pensavo che avremmo commentato il risultato del Friuli.
Sì, certo. Salvini ha stravinto, il M5s ha preso una batosta tremenda, Forza Italia ha guadagnato due punti sulle politiche , il Pd ha preso più o meno gli stessi voti del 4 marzo. Di Maio ha commesso l’ingenuità di proporre a Salvini una specie di petizione da indirizzare a Mattarella perché si voti di nuovo a giugno. Si direbbe che a Salvini converrebbe accettare.   • È come se a un tratto la situazione fosse precipitata.
Già. Dipende dall’intervista di Renzi a Fazio domenica sera. Ricorda? Renzi ha detto: «Hanno vinto Salvini e Di Maio, governare tocca a loro. Noi siamo disponibili a sederci a un tavolo per scrivere tutti assieme le regole istituzionali. In uno o due anni saltiamo direttamente alla Quinta repubblica». Sul reddito di cittadinanza: «Non sta né in cielo né in terra. Glielo dicano loro al Sud che non si può fare». Comunque «non voteremo la fiducia a Di Maio». Sull’incontro con il M5s: «Facciamolo in streaming». La prima reazione di Di Maio fu da film western: «La pagheranno». Ieri c’è stato il secondo round, con Di Maio che vuole votare e con l’ira dei democratici non-renziani, a partire da Martina.  

E già. È come se Renzi li avesse fatti giocare per cinquanta giorni e fosse ridisceso in campo nel momento in cui bisognava fare sul serio.
È la stessa musica che risuonava dietro al celebre «stai sereno» diretto a Enrico Letta. Martina era reggente? Ma diciamolo: non contava niente. Perché non contava niente? Perché non aveva i numeri. Renzi domina i gruppi parlamentari e la direzione del partito. Domina perché ha giocato sporco? Può darsi. Però domina. L’uscita da Fazio è anche un messaggio a quelli dei suoi che fossero attraversati da qualche dubbio. Il messaggio è: ragazzi, qui dentro l’unico uomo forte sono io. Vedrà che ci sarà un rapido ritorno a casa da parte dei quasi-dissidenti. Renzi tornerà segretario e farà le liste per le prossime elezioni. Ci siano capiti. Si leggono le dichiarazioni furibonde di Martina e le lezioni di galateo di Franceschini persino con un senso di pena.  

Che hanno detto?
Martina: la misura è colma, «quanto è accaduto è grave», seguono considerazioni sul valore della collegialità, «il partito rischia l’estinzione», «c’è un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società» eccetera. Discorsi che abbiamo sentito fino alla noia anche da quelli di Leu e si sa come sono finiti quelli di Leu. Franceschini: «È arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più». Il problema è che Renzi guida ancora la maggior parte dei suoi, anche senza il titolo di segretario. In direzione, giovedì prossimo ci sarà il confronto e il chiarimento? Sono sicuro che Renzi non è minimamente preoccupato. Martina ha detto che bisognerà cambiare l’ordine del giorno, dato che ci si aspettava di discutere l’eventualità dell’alleanza, ai fini della formazione di un governo, con i cinquestelle. Idea peregrina e del tutto tramontata. Quindi discuteranno di Renzi e del suo diritto a fare quello che fa. Renzi vincerà a mani basse, e andremo al voto. Il come e il quando dipendono dalla fantasia di Mattarella.  

E se Renzi avesse sbagliato i calcoli e il Pd pigliasse una batosta tremenda?
Ma Renzi vuole andare all’opposizione a tutti i costi, anche a costo di farsi un partito suo. Solo sfilandosi dai casini del governo può pensare di far raffreddare il rancore degli italiani e tornare in auge fra tre, quattro o cinque anni. E comunque il Friuli mostra che un nuovo turno elettorale è forse più pericoloso per il M5s che per gli altri.  

Veniamo al Friuli.
Alle politiche, il M5s ha ottenuto in Friuli il 24,6% dei consensi. Domenica, alle regionali, la lista ha preso il 7,1 e il loro candidato l’11,7. È vero che a livello locale i grillini soffrono sempre, ma il crollo appare esagerato in ogni caso: il Di Maio che pur di entrare a Palazzo Chigi è pronto a sposarsi indifferentemente sia con questi che con quelli deve essere piaciuto poco. Dall’altra parte c’è il grande successo di Salvini: 57,1% per il nuovo governatore Massimiliano Fedriga e il 35% per la lista. La Lega domina Lombardia, Veneto e Friuli, in Liguria ha un forzista molto amico suo, quando conquisterà il Piemonte avrà in mano tutto il Nord. Questo, avendo cominciato a prendere voti anche al sud. Chi sia il vincitore assoluto di questi 50 giorni di vicende politiche mi pare chiaro.