Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gran battaglia di schede bianche
Come previsto, la nuova legislatura è iniziata con un nulla di fatto. Stiamo parlando delle elezioni dei presidenti di camera e senato. Molta tattica, colloqui più o meno riservati, dichiarazioni, smentite e poi passerella dei volti vecchi e nuovi. A Palazzo Madama gran parte delle attenzioni sono state per il «senatore di Scandicci» Matteo Renzi. Sorridente e abbronzato, l’ex premier ha schivato i cronisti cavandosela con «sono un debuttante e i debuttanti che fanno? Starò zitto per due anni». Proprio contro Renzi era indirizzato in buona parte il discorso di Napolitano che, in quanto senatore più anziano, ha guidato le votazioni a Palazzo Madama. Il Presidente emerito ha approfittato dell’occasione per un’analisi spietata della sconfitta del Pd e delle colpe della dirigenza del suo partito.
• Senta, bisogna parlare soprattutto di come sono andate le votazioni.
Ma non è successo niente. Un subisso di schede bianche. A Montecitorio 592 alla prima votazione, 577 alla seconda e xxx alla terza. Al senato 312 bianche su 317 voti al primo voto e 255 al secondo, quando si sono registrate 57 preferenze per la senatrice di Forza Italia Anna Maria Bernini.
• Una nuova venuta. Come esce fuori?
Il suo nome, insieme con quello di Elisabetta Casellati, era stato fatto nei giorni scorsi, quando ancora si ipotizzava la possibilità di una rosa al cui interno scegliere, Romani-Bernini-Casellati. Poi Berlusconi s’è intestardito su Romani, creando il caso con il M5s che ha fatto arenare tutto. Ne abbiamo parlato giovedì. Ma ieri, a sorpresa, la Lega, senza consultare Forza Italia, ha cercato di scuotersi di dosso il giogo che gli ha messo Berlusconi e ha deciso di votarla compatta (l’unica scheda nulla tra le 58 dei senatori leghisti è stata quella di Bossi, causa tremore della mano). La Bernini è una forzista che non ha condanne passate in giudicato sulla fedina penale. Quindi potrebbe essere accettata dai Cinque Stelle, che considerano invotabile Paolo Romani a causa della sua condanna in via definitiva per peculato. «Il M5s sbaglia a porre veti, ma sbaglia anche chi si arrocca su un solo nome», ha spiegato Salvini, «ognuno di noi, in questo momento deve parlare con tutti e mettersi di lato di qualche centimetro, noi della Lega ci siamo messi di lato di un chilometro. Non abbiamo chiesto nulla per noi, ma se tutti rimangono fermi sulle loro posizioni qua si fa notte». Così il leader della Lega ha voluto lanciare una chiara frecciata a Berlusconi.
• E Berlusconi come ha reagito?
Si è infuriato. Aveva ordinato ai suoi di insistere su Romani anche alla terza votazione e si è sentito scavalcato. Prima ha riunito i forzisti a Palazzo Grazioli, poi ha fatto stilare una nota durissima in cui si legge: «I voti al Senato ad Anna Maria Bernini, strumentalmente utilizzata, sono da considerarsi un atto di ostilità a freddo della Lega che, da un lato rompe l’unità della coalizione di centrodestra e dall’altro smaschera il progetto per un nuovo governo Lega-M5s». La possibile rottura del centrodestra sembra vicina, come confermato da Brunetta: «Se la Lega vuole distruggere tutto e fare un governo con il Movimento 5 Stelle lo dica subito».
• È più vicina un’intesa tra M5s e Lega?
Guardando i numeri, Salvini non ha ancora la forza per spaccare il centro-destra e abbandonare Forza Italia al suo destino. Se andasse a fare maggioranza da solo con il Movimento 5 stelle, si troverebbe schiacciato dalla forza dei grillini: il loro 32% (36% in termini di parlamentari eletti) contro il suo 17%. Per i grillini potrebbe essere la soluzione ideale. Per loro il nemico inavvicinabile nel centrodestra è Berlusconi. «Il leader del centrodestra è Salvini, siamo disposti ad incontrarlo. Non legittimeremo Berlusconi e non siamo disposti a un Nazareno-bis», vanno ripetendo. Da giorni ha sempre più spazio la fronda interna di venti-venticinque parlamentari pentastellati, sospinti dal Fatto e da Travaglio, che si dichiarano pronti a spaccare il partito se Di Maio legittimerà Berlusconi incontrandolo o votando il suo candidato. Trattare con Salvini, invece, è tutta un’altra storia. A inizio giornata Grillo aveva postato su Facebook questo messaggio: «Il tango si balla in due. È basato sull’improvvisazione, caratterizzato da eleganza e signoria. Se non lo si balla bene si risulta sgraziati e fuori luogo. Poche regole semplici dettano i limiti dell’improvvisazione: uno guida, l’altro segue. Sorridere sempre». Un messaggio ai suoi che ora sembra assumere un significato preciso. Ieri sera il capogruppo al senato Toninelli non ha voluto dire se il Movimento voterà la Bernini.
• Sicuri che il Pd sia fuori dai giochi?
Dipende molto da come si svilupperanno le cose a Palazzo Madama nelle prossime ore. Con l’appoggio del M5s, da ricambiare alla camera, i dem potrebbero eleggere presidente del senato uno dei loro, per esempio Luigi Zanda (Di Maio gliel’ha offerto). Sulla carta la candidatura Zanda potrebbe contare su 183 voti: 53 del Pd e 112 del M5s, 7 voti delle altre forze di centrosinistra (+Europa, Civica popolare, Insieme, Svp), più i 4 di Liberi e uguali, i 2 di Maie e i 6 senatori a vita. Una strada quindi in discesa. Su cui però potrebbero pesare le divisioni interne al Pd. I renziani, infatti, che dovrebbero contare su 32 senatori su 52 del gruppo Pd, nel segreto dell’urna si potrebbero mettere di traverso per impedire le prove di intesa fra Pd e M5S foriere magari di un accordo di governo. Oggi capiremo di più. Al Senato, stamattina al terzo scrutinio, servirà la maggioranza assoluta dei votanti, ma al quarto scrutinio la partita si chiuderà in ogni caso col ballottaggio tra i due più votati del terzo turno. Alla camera stamattina si terrà la quarta votazione, ma lì ci vuole il 50% + 1 dei voti. È difficile che ci sia un presidente già stasera.
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