la Repubblica, 24 marzo 2018
A ruota libera dall’Olanda a Pesaro
C’ è una lentezza che ha bisogno di velocità. Per appagare la voglia di bici, l’Italia deve accelerare – e tanto – la realizzazione di nuove ciclovie, greenway e itinerari cittadini, tenendo ben presente che pure se il veicolo è (apparentemente) uguale per tutti, ci sono tanti modi di utilizzarlo: per un viaggio, per sport, per salute, per andare a scuola o al lavoro o semplicemente per una passeggiata.
Per una vacanza di più giorni da pedalatore inesperto, un classico è il modello ciclabile del Danubio: dal confine tedesco a Vienna sono 315 chilometri con zero salite, una segnaletica a prova di sbadato, un circuito fluviale comodo e rilassante, tanti paesini da visitare e alternative al sellino ( parchi giochi, piscine scoperte) per i più piccoli. Alla categoria entry level appartiene anche una delle ciclabili altoatesine più frequentate, quella della Val Venosta, tra frutteti e castelli per poco meno di 90 chilometri. Non è proprio piatta, ma le stazioni ferroviarie lungo il percorso garantiscono la possibilità di tornare indietro, senza fatica, in qualsiasi momento. Molto più breve è Cycling Riviera, pista ciclopedonale sul mar Ligure da Ospedaletti a San Lorenzo passando per Sanremo lungo il tracciato di una vecchia ferrovia dismessa. Il tracciato è diventato famoso come i tappeto rosso del Teatro Ariston. Con la differenza che la passerella del Festival della canzone dura una settimana, mentre i 24 chilometri della ciclabile vivono ( e sono pieni) tutti i giorni e hanno dato impulso allo svecchiamento di questi luoghi e alla promozione del motus symbol contemporaneo della bicicletta. Basta gli annunci immobiliari: prima di Cycling Riviera le agenzie del posto enfatizzavano vista mare e garage, ora le inserzioni suonano più o meno così: «Sanremo, a pochi metri dalla ciclabile, dimentica macchina, rumore e smog».
Non di sole ciclabili vive il turista in bici. Con la mountain bike si va in cerca dei sentieri, chi fa downhill ( una sorta di discesa libera) vuole pendenze e magari sistemi rapidi per tornare in cima (come a Molveno, in Trentino, dove ci sono otto impianti di risalita per le due ruote), chi vuole macinare distanze come una volta cerca lo sterrato. Il più famoso percorso non asfaltato è quello dell’Eroica, cicloturistica che si corre a ottobre con bici d’epoca e quasi tutta su strade bianche del Chianti e della Val d’Orcia. Arrivano da tutto il mondo per partecipare alla gara.
La ciclorivoluzione nel turismo, ovviamente, genera anche fatturati importanti. In Europa il mercato vale 50 miliardi di euro, ma l’Italia ne raccoglie meno del 5 per cento: i paesaggi che sembrano fatti apposta per essere visitati su una due ruote non mancano, ma non dappertutto infrastrutture e servizi sono paragonabili a quelli dell’Alto Adige. Un cambio di marcia dovrebbe arrivare dal piano nazionale delle ciclovie lanciato dal ministero dei Trasporti partendo dall’idea presentata dall’idea lanciata dal basso del Grab, il Grande raccordo anulare delle bici a Roma: 372 milioni di euro per dieci itinerari che attraversano l’Italia da nord a sud (isole comprese).
Poi c’è l’altro lato, quello delle bici come mezzo di trasporto. In Europa la ciclomobilità sta dando un bel contributo alla riduzione di smog, rumore, congestione, insicurezza stradale. Utrecht ha aperto sotto la stazione centrale lo Stationspleinstalling, il parcheggio bici più grande del mondo per 33mila due ruote. Londra sta realizzando un sistema di dodici superstrade ciclabili – larghe e protette – che connettono tutta l’area metropolitana. E in Italia? Bolzano e Pesaro pedalano come e quanto gli olandesi. Il capoluogo marchigiano è protagonista di una delle esperienze più efficaci e creative: la Bicipolitana, sorta di metro di superficie dove al posto delle rotaie c’è una rete di percorsi ciclabili di diversi colori con capolinea nei vari quartieri. Lunga più di 85 chilometri, trasporta ogni giorno un quarto dei 100mila abitanti di Pesaro. Funziona talmente bene che il Comune e Legambiente hanno deciso di aprire una Scuola di Bicipolitana rivolta agli altri comuni. Per velocizzare l’affermazione della lentezza.
* L’autore è responsabile mobilità Legambiente e ideatore del progetto Grab.