
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Retata di professori universitari. Coinvolti Fransoni e Fantozzi

Una retata tra professori universitari è fatto raro, quindi lasciamo perdere per un attimo le mattane di Kim in Corea e i problemi di Angela a Berlino (i paranazisti della Afd, dopo il successo, si sono spaccati).
• Retata?
Retata. Sette ai domiciliari, ventidue interdetti dall’insegnamento per un anno, sette su cui il giudice deve ancora decidere. 150 perquisizioni, 59 indagati, 500 finanzieri sguinzagliati sul campo. Il più famoso tra quelli messi ai domiciliari è Guglielmo Fransoni, 53 anni, avvocato e commercialista specializzato in diritto tributario. Assisteva Stefano Ricucci nell’estate del 2005 e lo beccarono a Ponte Chiasso mentre cercava di portare in Italia una valigetta piena di titoli e documenti relativi alle società off shore dell’immobiliarista romano. Fransoni è ancora più famoso per la telefonata eponima dei furbetti, quella che diede il nome a tutto l’affaire. C’era lui all’altro capo del filo mentre Ricucci diceva: «La cosa d’aa lista, famo ’a lista propia, famo tutte ’ste cazzate, che tanto nun serve a un cazzo, tutta ’sta roba, a niente, a che serve?... le liste propie... quelle... stamo a fa’ i furbetti der quartierino». Non perdiamo tempo a decifrare tutta la telefonata, che appartiene a un’altra epoca. Fransoni non è l’unico famoso.
• Chi altri c’è?
Il professor Augusto Fantozzi, 77 anni, ministro con Dini (1995, alle Finanze), poi col primo Prodi (1996, al Commercio estero). Soprattutto celebre per essere stato il commissario straordinario della liquidazione di Alitalia, tra il 2008 e il 2011. Parcelle da capogiro. Fantozzi sta nel gruppo dei sette su cui il gip deve ancora decidere. L’avvocato D’Avirro ha già emesso un comunicato in difesa del suo assistito: «Il professore è completamente e indubitabilmente estraneo ai fatti in contestazione in primo luogo perché era già andato in pensione all’epoca degli avvenimenti oggetto di indagine. La sua integrità è altresì testimoniata da una limpida e unanimemente apprezzata carriera accademica. Il professore sarà lieto di fornire tutti i chiarimenti necessari nell’incontro con i magistrati, che auspica possa avvenire il prima possibile». La ministra Fedeli, che a quanto risulta non ha alcun ruolo nell’indagine, s’è detta però decisa ad andare fino in fondo. I professori universitari fanno parte, eventualmente, della classe dei criminali col colletto bianco, cioè particolarmente odiosi. Nonostante questo sarà bene ricordare che fino a sentenza sono tutti innocenti. I buchi nell’acqua della magistratura, negli ultimi tempi, sono stati davvero notevoli.
• Di che li accusano?
Corruzione. In sostanza: i docenti in questione vengono chiamati di continuo a far parte di commissioni che, sulla base dei titoli e dei curricula, concedono o no l’abilitazione all’insegnamento del Diritto tributario. A Firenze una commissione avrebbe chiesto a un candidato dotato di troppi titoli di ritirarsi: non lui doveva vincere, ma qualcun altro fornito di titoli inferiori. Al candidato con troppi titoli l’abilitazione sarebbe stata sicuramente concessa la prossima volta. Il candidato con troppi titoli, invece, ha denunciato i commissari autori della proposta indecente. Di qui sono partite intercettazioni e indagini più vaste. Giudici e guardia di finanza ci suggeriscono che il sistema di aggiustare gli esami è assai diffuso, nelle nostre università, al punto da esser quasi considerato normale. Forse è effettivamente normale. La sua faccia non manifesta alcuno stupore.
• Cosa vuole che mi stupisca?
La corruzione di questo tipo andrebbe inserita, direi, nel fenomeno del nepotismo, ciclicamento riscoperto da quotidiani e settimanali, che mettono a confronto nomi e cognomi e rivelano per questa via ragnatele insospettabili di parentele e interessi. Col sistema di accostare nomi e cognomi la rivista Proceeding of the National Academy of Sciences (Pnas) dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti ha scoperto che, relativamente al nepotismo universitario, siamo al primo posto nel mondo. Tuttavia il fenomeno, particolarmente intenso al Sud, sarebbe in calo. Stefano Allesina, uno degli autori della ricerca, spiega: «La riforma universitaria del 2010 (ministro Gelmini - ndr
) ha proibito di assumere parenti dei docenti ma, soprattutto, la diminuzione è data dai pensionamenti e dalla riduzione delle assunzioni». Naturalmente è sempre possibile che io qui assuma il parente tuo e tu lì assuma il parente mio.
• È dovuto anche a questo il degrado della nostra università? Ma poi la nostra università è veramente tanto degradata?
Lo scorso giugno è uscito il Qs World University Ranking 2018, mega sondaggio annuale che coinvolge 75 mila accademici e 40 mila aziende. Al primo posto c’è sempre l’Mit. I nostri hanno recuperato qualche posizione, ma fino al 170° posto non appaiono università italiane. Poi c’è il Politecnico di Milano, l’università di Bologna (188a), la Normale e il Sant’Anna di Pisa (192i). Quando uscì la classifica, la nostra ministra Valeria Fedeli disse che si doveva essere orgogliosi del risultato. Non so, quattro atenei soltanto tra i primi duecento e relegati negli ultimi trenta posti sono un risultato di cui andare davvero orgogliosi?
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